Vita - 4 giugno 2004

 

A Padova carceri aperte, ma solo per un giorno

 

Sono più di 120mila le persone che oggi stanno scontando una pena o sono in attesa delle decisioni di un tribunale di sorveglianza riguardo al modo nel quale dovranno scontarla: negli ultimi dieci anni le dimensioni della cosiddetta "area penale" si sono triplicate. Si tratta di grandi numeri, che richiederebbero una sensibilità diversa da parte della società: e proprio per coinvolgere la società il 14 maggio a Padova centinaia di persone "libere" sono entrate in carcere e si sono confrontate con le persone detenute durante il convengo Carcere: l’alternativa che non c’è, promosso dal Centro di documentazione Due Palazzi, che opera da anni nel campo dell’informazione dal carcere e ritiene che sia possibile, proprio in carcere, discutere "liberamente" e lavorare per cambiare le condizioni di vita di chi è recluso. Gia il titolo voleva richiamare l’attenzione, e ci è riuscito, sul fatto che le carceri sono affollate di persone con pene brevi, segno evidente che i meccanismi di accesso alle misure alternative spesso non funzionano. Anche perché oggi nella società domina la paura, ed è difficile far capire, a chi sa parlare solo di certezza della pena, che misure come la semilibertà sono "pene"a tutti gli effetti, soltanto eseguite con regimi differenti rispetto alla carcerazione.

A Padova sono state presentate esperienze innovative, e significative, come quelle degli Avvocati di strada di Sbologna, che hanno parlato di come riuscire a dare resistenza e assistenza a chi non ha nessuna garanzia; come il Piano cittadino per le carceri di Roma, che finalmente considera il carcere una parte della città è programma gli interventi per dare lavoro, istruzione e formazione a chi sta dentro in modo un po’ più organizzato; come il Centro per persone in misura alternativa di Firenze, che dà, un sostegno a chi è semilibero e dopo il lavora si troverebbe altrimenti solo e abbandonato a se stesso; come Comitato Carcere e territorio di Brescia, una delle realtà più avanzate dal punto di vista del coinvolgimento della società esterna sui temi del carcere.

Su tutti ha dominato però la lucidità e la forza di Alessandro Margara, uno dei padri della riforma penitenziaria. Da lui è venuta infatti una riflessione articolata sull’ordinamento penitenziario che diventerà prossimamente, una volta messa a punto, una proposta di legge. Per sognatori, forse, per chi sogna cioè di poter davvero migliorare le condizioni di vita dei detenuti, ma anche per chi ha il coraggio di tradurre faticosamente i sogni in piccoli pezzetti di realtà. Questa giornata di studi è stata un primo passo di un percorso che si propone di lanciare una ricerca sull’applicazione delle misure alternative alla detenzione che possa chiarire alcuni aspetti trascurati dalle statistiche ufficiali.

Ornella Favero

 

 

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