Le
inquiline della cella 5 e l'attesa dei colloqui
La
testimonianza di tre donne tratta dalle pagine di "Prospettiva Esse",
il giornale della Casa Circondariale di Rovigo. Tre
donne in una cella, storie diverse, età diverse, ma la stessa ansia, l'attesa
spasmodica dei colloqui coi familiari, poi il distacco e la solitudine che
piomba addosso quando è l'ora della separazione. Tre donne che si raccontano
insieme, nelle pagine di Prospettiva Esse, il giornale della Casa circondariale
di Rovigo, e che trovano la forza di mettere a confronto le loro esperienze,
buttando fuori senza paura tutte le emozioni accumulate in una sola, brevissima
ora.
Ornella
Favero
Sono una donna di circa 45 anni, per la prima volta in carcere. Il mio primo
colloquio è stato troppo emozionante per la vergogna che ho provato
nell'affrontare i miei familiari. Malgrado il passare dei giorni, dell'ora del
colloquio mi è rimasta la sofferenza nel vedere il sorriso e le lacrime dei
miei familiari, ma c'è anche molta gioia nel mio cuore che mi porto poi nella
cella per tutta la settimana. Purtroppo il tempo passa veloce, in quell'ora si
cerca di dare e ricevere il massimo, ma il tempo è molto tiranno e vorrei che
ci fossero più ore di colloquio.
Sono la compagna di cella della signora che ha appena descritto il suo
colloquio, mi trovo in carcere da circa sei mesi. All'inizio i colloqui li
attendevo con molta ansia per vedere i miei genitori, anche per provare la gioia
nel sentire parlare della vita esterna dal carcere. In un secondo tempo ho avuto
la possibilità di fare un colloquio con il mio ragazzo, questa breve ora
l'avevo attesa per quattro mesi. Quando ho sentito il mio nome sono balzata dal
letto e ho sceso velocemente le scale per arrivare nella saletta e vedere
emozionata e incredula il mio ragazzo. Il breve abbraccio che mi è stato
concesso è stato molto intenso, ma le cose che avrei voluto dirgli erano troppe
per il poco tempo a disposizione. Trovo che le ore di colloquio che vengono
concesse in un mese siano ancora poche, capisco che devo scontare l'errore che
ho commesso, ma il desiderio di libertà dentro di me è grandissimo.
Sono la terza “inquilina” della cella 5. Mi trovo qui da venti giorni, ma a
differenza di loro due ho già provato la brutta esperienza del carcere, per la
stessa vicenda che ancora oggi mi ha riportato qui. Sono mamma di una bambina di
cinque anni e per me la sofferenza è tutta per lei. Il mio problema non è
uguale alle altre, in quanto la mia piccola gioia è custodita da mia madre che,
per motivi di lavoro e di lontananza, non è in grado di venire a colloquio
sempre. Le ore dedicate agli incontri le vivo con immensa felicità, e quando
posso finalmente riabbracciare il mio piccolo amore mi dimentico tutti i
problemi e le tristezze. Ma il momento più difficile è il distacco e la
solitudine che mi riporto nella cella, che però, nello stesso tempo, mi dà la
forza di continuare.