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Suicidi
in carcere, è emergenza:
Se si passano in rassegna regolarmente le notizie che riguardano le carceri, non si può non notare che quelle che ritornano più di frequente hanno a che fare con suicidi o tentati suicidi: comunicati scarni con le iniziali del detenuto e il solito modo di ammazzarsi, col fornelletto a gas o impiccandosi con mezzi "di fortuna": già, perché il carcere si tutela dal rischio di suicidio dei suoi "utenti" levando loro le cinture, le stringhe e altre possibili armi improprie, ma evidentemente questo non basta...
Ornella Favero
Un
suicidio ogni cinque giorni nel 2001, oltre 250 negli ultimi quattro anni.
Questi dati non si riferiscono a una regione e nemmeno a una grande città, ma
ai detenuti nelle carceri italiane, dove ci si uccide con una frequenza molto
maggiore rispetto alla media nazionale. Potrebbe sembrate scontato, visto che la
detenzione comporta un tale impoverimento esistenziale (in termini di rapporti
sociali, di autonomia personale e autostima) da rendere preferibile la morte, a
volte, piuttosto che il trascinarsi di una vita così opaca. Niente di più
sbagliato. A uccidersi non sono quasi mai i detenuti con le pene più lunghe, le
ragioni che portano un detenuto a togliersi la vita sono molto più complesse. Nel carcere la precauzione solitamente adottata è rinchiudere questa persona in una cella liscia, un parallelepipedo senza nessun oggetto all'interno e nessun appiglio alle pareti. Ma anche in queste condizioni qualcuno riesce a uccidersi, annodandosi attorno al collo una striscia di stoffa strappata dalla camicia. Gli interventi di tipo costrittivo andrebbero piuttosto sostituiti dal sostegno psicologico alla persona. Chiedere aiuto in modo esplicito agli operatori non è semplice, anche perché la paura di essere ricoverati all'Ospedale psichiatrico giudiziario "per accertamenti" fa ormai parte dell'immaginario di ogni detenuto. Se ci fosse maggiore attenzione ai messaggi che una persona in difficoltà lancia, forse si potrebbero evitate buona parte dei suicidi tra i detenuti. Ma chi dovrebbe raccogliere queste richieste di aiuto? l medici... che spesso ti "visitano" in 30 secondi e poi ti prescrivono le solite "gocce per dormire"? Gli operatori dell'area... che ti vedono una o due volte all'anno? Gli agenti... per i quali stai sempre facendo la commedia?
Francesco Morelli |