Quando la violenza si nasconde in famiglia

  

Di Christine, gennaio 2004

 

Tante cose agli psicologi non le racconto perché sono troppo personali, non le racconto perché cerco di proteggere la mia famiglia, e soprattutto mia madre, che è morta, per cui è bene farla riposare in pace.

Questa mia esperienza però ho deciso di raccontarla, perché qui in carcere ho saputo parecchie storie di ragazze che hanno subito violenze, ma ho visto anche che non riuscirei mai a convincere le persone a parlarne in pubblico, e allora ho deciso di cominciare a farlo io.

Io vengo da un’esperienza di tossicodipendenza e quando ti va tutto a pezzi e poi cerchi di rimettere assieme il "puzzle", ti accorgi che non puoi cominciare a ricostruirti, se non tiri fuori anche quelle cose che hai tentato a lungo di rimuovere perché ti fanno star male. E alla fine riconosci che devi affrontarle. Così in questa carcerazione ho trovato la forza di raccontarmi, in parte anche con gli psicologi, nonostante il rischio che la mia storia finisca nella relazione.

Avevo 11 anni, eravamo in Germania. Io ho una famiglia numerosa con quattro sorelle e due fratelli. Una mattina che mia madre era uscita per fare la spesa sono scesa dalla camera da letto, ancora in camicia da notte, e mio fratello più grande, che aveva 17 anni, mi ha presa e trascinata per terra in cucina mentre io piangevo dicendogli di lasciarmi stare, senza capire cosa stava facendo. Ed è successo tutto lì, dopo lui se ne è andato. Quando è tornata a casa mia madre io ero in un angolo che piangevo disperatamente e lei mi ha chiesto cos’era successo, le ho raccontato il fatto e lei mi ha risposto di stare zitta e di non raccontarlo a nessuno, di andare a lavarmi e vestirmi. Sono passati cinque o sei mesi, abbiamo cambiato casa, dal paese siamo andati ad abitare in città, e non si è più affrontato questo discorso.

Con mio fratello non ci parlavo più e non ci parlo neanche oggi. Una domenica eravamo tutti quanti a tavola, io ho avuto un diverbio con mia madre, c’era anche mio padre, e lei davanti a tutti ha sostenuto che io avevo detto di essere stata violentata da mio fratello e che invece di sicuro ero stata io ad andare a cercarmela. Lì per lì ci sono rimasta da cani, avevo 11 anni e mezzo e dopo quel giorno mia madre non mi ha più vista piangere, ma questa cosa non gliel’ho mai perdonata. E’ un crollo psicologico totale, quando vieni violentata.

E’ strano, perché lui era un bel ragazzo e aveva tutte le ragazze che gli correvano dietro, non ho mai capito perché fosse andato a cercare proprio sua sorella.

Qui di storie così ce n’è tante. E sempre in famiglia, dal padre, dallo zio, dagli amici del fratello.

Prima non ne parlavo mai, ma avevo capito che, finché non riesci ad affrontare questo argomento, vuol dire che ti rimane dentro e non lo superi, e così ho cominciato a parlarne facendomi coraggio anche dopo aver sentito dalle compagne altre storie simili. Il fatto è che fuori non avevo tante possibilità di dialogare, mentre in carcere, senza il problema della droga, continuo a parlare e, quando intuisco che altre donne stanno vivendo lo stesso problema, allora mi butto, racconto io la mia storia e poi anche loro mi dicono di aver subito violenze.

A 17 anni poi ho avuto il mio primo rapporto sessuale vero e ho avuto diversi problemi, inizialmente non volevo neanche farmi toccare, col tempo poi è passato. Con i miei compagni in seguito ho sempre avuto rapporti sessuali "sani", anche se prima di intraprendere una relazione sono diffidente, non sopporto l’idea di venire usata. Ma non credo che questo mio timore abbai a che vedere con la violenza subita da mio fratello. Vedo però nelle altre donne con una storia simile alla mia che tutte hanno un pessimo rapporto con gli uomini, e una pessima opinione di loro. E c’è chi forse è diventata omosessuale per questo motivo. Mentre per me credo che anche da lì siano nati i miei problemi con la tossicodipendenza.