Che cosa vuol dire per una detenuta incontrare

le persone che ama in una squallida sala colloqui?

 

Di Franca, maggio 2002

 

Quella che segue è la testimonianza di Franca, una ex detenuta, che forse fa capire, meglio di qualsiasi spiegazione razionale, che cosa vuol dire cercare di salvare i propri affetti nella desolazione del carcere e di una squallida sala-colloqui.

 

"Oggi, che sono fuori, ho la libertà di vivere le mie emozioni, ma se torno a ieri… rivedo il bancone di una sala colloqui, lo sguardo dell’agente fisso su noi detenute, pronto al rimprovero se l’abbraccio si prolungava, se il bacio era troppo intimo, se i bambini giocavano troppo vivacemente, certo con i bambini erano tutti un po’ più tolleranti, ma in ogni caso i bambini dovevano restare al di là del bancone. Le detenute madri di bambini sotto i 12 anni hanno diritto a fare i colloqui nelle aree predisposte all’aperto, con una panchina e una giostrina, per cui nel periodo freddo non puoi andarci, in genere sono spazi racchiusi da una cinta alta in ferro, intorno la struttura del carcere e tanti volti appesi e mani che stringono le inferriate per rubare una piccola parte di normalità familiare.

Decisamente non è il posto ideale per far finta di mantenere il tuo ruolo di madre o di padre, perché è una finzione il pensare che una detenuta in carcere possa continuare ad essere anche una madre: un bambino ha bisogno di una stabilità e di una continuità di rapporto che non si può raggruppare in tre minuti di telefonata o in un’ora di colloquio, il ruolo di madre e padre è demandato quasi sempre ai parenti che ti tengono i bambini, e quando ritorni tra loro a fine pena il distacco non è più sanabile se non in parte, e comunque ha già fatto il suo danno.

Hai sbagliato e devi pagare, in questo modo però sono in tanti a pagare. Ma l’affettività in carcere non è solo quella che riguarda i bambini, tutti abbiamo bisogno di verificare, di sentire attraverso i gesti l’autenticità di un sentimento, usare parole d’amore che vorremmo solo nostre.

È facile, per chi non è ristretto per molto tempo, dire… "Beh, troveremo un altro momento", ma quando, nelle ore veloci dei colloqui, hai solo quei momenti per far capire alla persona che ti sta di fronte che la desideri, che la ami, e che vuoi sentirti a tua volta amata, e nel mentre di fianco a te un bambino si mette a urlare perché vuole sedersi in braccio alla madre, una madre piange per l’errore della figlia detenuta, un gruppo di parenti calorosi scherza ad alta voce e l’agente urla rimproveri, le parole ti si fermano in gola, parli del vicino di casa, degli amici, dei parenti, dell’avvocato, di tutto meno che di amore, e torni in cella pensando se anche lui o lei ha capito che nel sussurrargli "ti amo tanto" in realtà avresti voluto dire e fare ben altro. Cerchi un po’ di intimità per ricordare il volto della persona che ami, ma quando entri in un carcere l’intimità è vietata".