Non lasciateci soli…

 

Cerchi un lavoro e ti chiedono: "Hai precedenti penali?". Questo significa essere già penalizzati, quindi non siamo uguali agli altri neanche dopo un percorso rieducativo

 

Di Patrizia Tellini, febbraio 2003

 

Sono una ex ospite della struttura a custodia attenuata femminile di Empoli, da due anni nella fase di reinserimento. Mi occupo della redazione esterna del giornale del carcere Ragazze Fuori e consulto molto da vicino il sito Internet www.vita.it, dal quale traggo i necessari approfondimenti per le rubriche di cui mi occupo nel giornale. Ho letto con attenzione l’articolo di Silvano Lanzutti detenuto nel carcere di San Gimignano, il quale affronta la paura del reinserimento senza i giusti strumenti, a partire dalla sensibilità della società stessa nell’accoglienza. In realtà, il "dopo carcere" è il momento più importante della persona, perché se non si ha un progetto individuale per affrontare l’esterno, diventa tutto molto discutibile. Personalmente non ho ottenuto molte risposte dalla mia precedente carcerazione prima di arrivare alla custodia attenuata di Empoli.

Anch’io ho conosciuto i circuiti ordinari di grande capienza, come Rebibbia femminile e molti altri, e confesso che non sono riuscita a riflettere sulla mia tossicodipendenza e sui reati correlati a essa. Infatti, dopo i primi lunghi 6 anni di carcere, ho provato a cercare un lavoro, ma fui licenziata dopo neanche un mese, perché "qualcuno" portò in quella ditta il mio fascicolo e mi mandarono via. Quindi capisco le parole di Silvano, perché se un qualsiasi datore di lavoro non è sensibile e non vuole dare almeno una possibilità a chi ha avuto un disagio e lo ha, comunque, pagato, trovare una semplice occupazione diventa difficile.

Purtroppo, le domande che andiamo a presentare, per concorsi, o per entrare in cooperative, non necessariamente sociali, e aziende private, hanno alla terza voce la fatidica frase: Hai precedenti penali? Se sì, descrivere quale tipo di reati al punto B. Questo significa essere già penalizzati, quindi, non siamo uguali agli altri neanche dopo un percorso rieducativo. Inoltre, dopo un fine pena, arrivano le multe per le spese processuali, pari a cifre dei nostri sogni, tipo 16.000,00 euro, da pagare entro 60 giorni. Sono fastidi in più, perché anche se sei in affidamento lavorativo e quindi limitato da varie regole che il beneficio comporta, devi pagare la multa, in qualche modo. Adesso esiste il lavoro sostitutivo, che ho sperimentato, che ti permette di estinguere la multa con un impegno di volontariato presso Enti o Associazioni per un’ora al giorno, senza la sorveglianza speciale, le firme, il ritiro della patente o del documento di identità, il non poter uscire dal Comune di residenza. Tutte misure che limitano la persona alle prime armi con la ritrovata libertà. Anche all’estero non è lecito andare, se prima non sono trascorsi i 5 anni di riabilitazione che permetterà di poter tornare anche a votare, se non si ha un’interdizione perpetua, per esempio, applicata per reati legati alla criminalità organizzata.

Silvano, posso dirti che a Empoli ho avuto la possibilità di costruire con gli operatori un vero progetto di vita. Il mio percorso di recupero non si è svolto solo a Empoli, ma anche in Comunità, realtà che disconoscevo. Al momento dovuto, dal giornale Ragazze Fuori sono nati due posti di lavoro per scrivere il giornale dell’Amministrazione Comunale, Empoli. Oggi è il mio lavoro e ringrazio sempre tutti coloro che hanno creduto in questo progetto e nella mia scelta di cambiamento, fondamentale per vivere una vita diversa. Tutto dipende anche da noi; però è giusto dire che, se la persona dimostra la volontà di cambiare, ci vogliono gli strumenti per non restare soli, in mezzo a una strada. La vita di tutti i giorni è dura; sono molte le responsabilità, ma basta avere fiducia in noi stessi che tutto diventa più concreto e affrontabile. Per questo vorrei che le autorità della Giustizia pensassero a seguire da vicino i detenuti, senza ritenerli incapaci di recuperarsi, dando loro la dovuta dignità a partire dall’interno degli istituti; i giusti spazi per permettere il cambiamento, aiutando così gli ospiti, a costruire una nuova vita. Tutti noi, gli ex e quelli che ancora oggi devono pagare il debito con la giustizia, sperano in un futuro, hanno dei sogni, vogliono sentirsi liberi dentro il loro cuore. Non lasciateci soli e non dimenticateci…