La sfida mortale in cella, ovvero il gigante e la zanzara

 

Di Mario Tadinac, ottobre 1999

 

Sono sul mio letto, come ogni giorno a quest’ora da due anni circa, la giornata è caldissima, l’aria pesante, senza un filo di vento, il sudore mi fa impazzire.

Il mio compagno di cella è andato in permesso; a quest’ora dovrebbe essere in spiaggia… da solo?

Almeno per qualche notte potrò dormire tranquillo, non avrò bisogno di fischiare e di chiamare: "Camerata! Girati, russi troppo!" Pensavo che la giornata fosse cominciata bene…

"Sveglia!", grida qualcuno.

"Perquisa!", dice qualcun altro.

"Vorrei farmi il caffè?"

"Non adesso, te lo farai dopo!" mi consiglia l’agente, con tono "amichevole".

Mi metto addosso l’accappatoio e prendo la strada della saletta, dove sono riuniti tutti i vicini della sezione: dopo una mezz’oretta torno nel mio miniappartamento dell’albergo del riposo forzato e vedo che c’è passato un vero uragano, immagini da apocalisse magliette, pantaloni, calze, asciugamani, lettere, libri, riviste, mie e del mio compagno, tutto sottosopra; lenzuola, coperte e materasso, ammucchiate in un angolo della branda.

Nel bagno, scarpe e ciabatte, tutte insieme; tonno, sale, zucchero, spaghetti, pomodori, cipolle, maionese e posate, per miracolo al loro posto abituale… bene, bene, bene… non è la prima e non sarà l’ultima volta!

Decido, con grande coraggio, di assaltare la moka e farmi il caffè: il primo caffè della giornata, dopodiché posso cominciare a rimettere ogni cosa al suo posto.

Non ho avuto tempo di riscaldarmi, prima di effettuare l’operazione, che già l’agente chiama per la scuola ed i passeggi: vado giù, non posso sistemare tutto adesso.

La giornata è lunga e il tempo non mi mancherà…

Nell’aula siamo una decina del TG 2 Palazzi ed altrettanti della redazione di Ristretti Orizzonti… una volta di più ci meritiamo il nome di "ristretti"!

Perché siamo tutti in un’aula?

Nel periodo festivo devono fare il pavimento alle nostre aule, inoltre, con un numero maggiore di persone nella stessa stanza, corriamo meno rischi di prendere l’influenza.

Noi dobbiamo fare il montaggio del TG e loro fanno una riunione della redazione. Francesco, Nicola e Ornella da una parte, ed io con la televisione ad alto volume dall’altra... non so se qualcuno riusciva a capire una sola parola… io no, così ho deciso di uscire da quella confusione di voci e rumori e tornare in cella per rimettere a posto le mie cose.

Appena finisco di sistemare, sento la voce del portavitto.

"Si mangia! Pasta! Carne morta! Patate!".

Dopo questo pasto nutriente devo bere un buon caffè, altrimenti non riesco a digerire un simile capolavoro gastronomico.

Verso le tredici e un quarto ritorno nell’aula, il pomeriggio è più calmo… c’è meno gente perché molti sono andati a prendere il sole, qualcuno al campo sportivo, altri nel cortile dei passeggi.

Comunque, l’orario d’apertura delle aule dura fino alle quindici e trenta, abbastanza per terminare il lavoro programmato per la giornata.

Dopo la scuola, la doccia, con la temperatura dell’acqua che non conosce vie di mezzo, o gelata, o bollente! Con la doccia, finisce la giornata attiva. Rientro in cella, dove c’è il mio amico più fedele e silenzioso che mi aspetta: poverino! Lui ha subito una tortura particolare da parte degli operai della M.O.F.*: siccome io sono più lungo di lui, due metri e due, e avevo difficoltà a dormirci, il medico ha ordinato agli operai un’operazione delicatissima, dovevano segare una sbarra di quel letto che dava fastidio. Da quel giorno, posso dormire con i piedi fuori bordo e siamo diventati amici inseparabili; quando ho cambiato sezione anche lui mi ha seguito.

Mi metto nella posizione che preferisco, quella orizzontale, e piano piano comincio a viaggiare nei miei ricordi…

"Eravamo sulla punta di Brac, in direzione di Bol, il mare era splendido, pulito, la bonaccia era incredibile: di solito c’è sempre un po’ di vento, ma quel giorno niente, neanche un alito.

Mia moglie era sul sedile posteriore del motoscafo, a prendere il sole a pancia sotto, mia figlia guardava il paesaggio e cercava l’occasione per gettarsi in acqua, una splendida bambola di tre anni appena compiuti, lei adora l’acqua, fuori si sente come un pesce; per lei il momento più triste della giornata è quando si deve rientrare a casa.

"Papà, ti prego, fammi fare un altro tuffo, solo uno!"

Dopo, è la volta di chiederlo alla mamma.

"Mamma, ti prego, solo una volta, questa volta è l’ultima!" Infine torna ancora da me.

"Papino, ti amo tantissimo… posso farne ancora uno, solo uno, è l’ultimo!"

Quale padre potrebbe resistere; chi sarebbe capace di rispondere di no!?

Ero bagnato di sudore, il sole e l’aria erano caldissimi, d’un tratto sento uno strano rumore di un motore, guardo a destra e a sinistra e non c’è nessuno, davanti non c’è nessuno, dietro di noi abbiamo lasciato una nave che andava al porto di Spalato e adesso era troppo lontana per sentirla così forte.

Il rumore era sempre più forte, guardo il motore del motoscafo, ma è a posto. Il rumore aumenta ancora, guardo nel cielo e non c’è niente, il rumore si avvicina ancora…". Faccio un balzo nel mio letto, il rumore è sempre presente… mi avvicino alla finestra e vedo un compagno che taglia l’erba con il decespugliatore.

Nel corridoio si sente la voce dell’agente che chiede chi voglia andare in socialità: c’è anche il carrello della cena, in giro.

"Si mangia! Insalata di pasta! Mozzarella!".

Prendo un po’ di pasta, per non ingrassare… la mia linea è ancora abbastanza buona… ho perso venti chili in due anni!

Il mio compagno li ha persi in soli quattro mesi, ma io ho ancora una buona riserva, peso 122 chili. Quando penso a tutti i soldi che ho speso per mangiare… mamma mia!

Dopo cena, mi rimetto nella posizione preferita e guardo la TV: a un certo punto, nella cella, entra lei, nuda come la natura l’ha fatta, mi guarda, le mie mani, le gambe, il corpo intero… stava prendendo le misure… si preparava per l’attacco… era affamata… altrimenti il suo attacco non sarebbe stato così feroce!

Per prima, ha preso di mira la gamba destra, poi la sinistra, dopo voleva il mio naso, a questo punto ho reagito, prima con le mani, poi con l’asciugamano, ma lei si è nascosta, non la vedo da nessuna parte.

Mi rimetto in orizzontale e riprendo a guardare la TV, lei non ha intenzione di abbandonarmi, anzi ha chiamato le sue amiche: "Qui c’è da mangiare!" Adesso sono in due, sul braccio sinistro, ma io sono pronto: un colpo secco con l’asciugamano e tutte e due sono morte.

Nel soffitto, sopra la finestra, ci sono almeno quaranta feroci zanzarone, che mi guardano con odio e si preparano all’assalto: le due avanguardie sono morte a causa mia e la vendetta non può attendere.

Ma, prima che loro decidano come fare, la mia arma distruttiva è già in azione: splash! Il primo colpo le coglie in pieno e, sul soffitto, rimangono schiacciate una decina di vittime.

Altre sono disperse per la cella: chiudo la finestra e la porta, accendo le luci e mi metto a caccia. splash, altre due colpite sul cancello; splash, un’altra morta sul televisore: splash, due sul muro, splash, un’altra lascia sull’armadietto il corpo e l’anima.

Da preda, mi sono trasformato in predatore senza pietà la mezz’ora di sfida mortale in cella si è conclusa con la morte degli intrusi; io sono costretto a stare in questo posto, ma loro no!

Potevano andare dove volevano, erano libere… invece no, sono venute nella mia cella, ce ne sono 299 altre, dove potevano andare… invece no! Potevano fare un giro turistico per Padova… invece no!

Io ho fatto la domandina per comperarmi una zanzariera, ma la risposta è stata "No!" Potevo dire semplicemente che avevo ammazzato un mucchio di zanzare? "No!"

Io, straniero, non capisco le zanzare italiane… e voi?

 

*Manutenzione Ordinaria Fabbricati