Lo spacciatore e la prostituta...

 

Storie di "ordinario" disagio: quando due persone stanno male, e cercano di darsi una mano per sentirsi meno sole

 

Di Omar Ben Alì, novembre 2001

 

Che l’innamoramento potesse nascere in un "luogo di delinquenza", io non me lo sarei mai aspettato, ma senza che quasi me ne accorgessi è successo proprio a me, con una prostituta.

Beauty è una ragazza di colore, senegalese, e io l’ho conosciuta in una situazione molto particolare. Allora vivevo momenti insopportabilmente duri, conseguenza di una brutta vicenda, mi drogavo per non fare i conti con la coscienza e facevo anche dei piccoli spacci, per potermi comprare la droga.

Un giorno, a Roma, camminando per strada, avevo incontrato una coppia che mi aveva chiesto dell’eroina, ero salito sulla loro macchina e loro mi avevano spiegato che bisognava andare da un loro amico, per prendere dei soldi. A un certo punto ci siamo fermati in aperta campagna: il ragazzo, Andrea, è sceso della macchina, mentre la ragazza è rimasta con me ad aspettarlo. In lontananza, intravedevo un casolare tra gli alberi; Andrea è entrato lì, ma non usciva più. Dopo un quarto d’ora d’attesa non potevo aspettare più, così sono sceso dalla macchina, e la ragazza mi ha seguito, era preoccupata e cercava di trattenermi: non afferravo nemmeno quello che mi diceva, ma intuivo che non voleva che andassi verso il casolare, e questo mi rese ancora più curioso.

Come sono entrato nella casetta, ho visto Beauty che piangeva disperatamente, mentre Andrea la schiaffeggiava. Ho cercato subito di separarli, ma lui insisteva, e a quel punto ho tirato fuori un coltello e glielo ho puntato contro, dicendogli: "Non mi devi dare niente, prendi l’eroina e vattene".

Andrea allora se ne è andato, e dovevo andare via anch’io, ma invece sono rimasto a consolare Beauty. Lei era senegalese e parlava francese, così l’ho coinvolta in una chiacchierata afro-francese, ma lei istintivamente mi aveva già conquistato con la sua diversità: era bella come un filo di follia e io non avevo il coraggio di chiederle il motivo per il quale si prostituiva, ma l’ho baciata come fossimo innamorati da un’eternità, senza fare nessun ragionamento.

Siamo usciti dal casolare e siamo finiti in un bar, dove Beauty mi ha spiegato che voleva che rimanessimo assieme. Siamo andati allora a casa di Pino, una sistemazione molto provvisoria, che avevo trovato solo da un paio di giorni. Di notte andavo a spacciare e di giorno rimanevo a casa, assieme a lei.

Allora non capivo i meccanismi del "mestiere" di Beauty. Nel frattempo lei aveva cominciato a sciogliersi e a raccontarmi la sua storia: era studentessa, ma nel suo paese aveva poche chance di realizzare ciò che sognava. Dei suoi parenti, residenti da anni in Italia, le facevano sognare ad occhi aperti il lusso occidentale, ed alla fine uno di questi parenti le aveva proposto di venire in Italia.

Il viaggio era stato concordato dalla sua famiglia, per cui Beauty non aveva dovuto affrontare particolari problemi, ma, appena arrivata in Italia, si era trovata a fare i conti con una realtà inattesa: quel suo parente l’aveva affidata ad uno che di lavori di un certo tipo "se ne intendeva". E che le aveva spiegato che il suo compito era di pagare un debito di settanta milioni, come compenso per le spese di viaggio, il che significava prostituirsi. Senza alcuna discussione. Da studentessa, era diventata una prostituta.

Ogni mattina usciva, assieme ad un tipo, che la accompagnava su una strada di campagna. Non c’era molto altro da spiegare: lì doveva adescare i clienti e stabilire il prezzo, variabile tra le cinquanta e le centocinquanta mila lire. L’unica cautela, d’obbligo, era il profilattico.

Gli uomini anziani erano più affidabili e pagavano meglio mentre i più giovani erano spesso antipatici e pretendevano più di quel che avevano pagato. Beauty mi aveva raccontato anche che in quel campo c’erano diversi personaggi: il protettore, che la sorvegliava e interveniva nel caso si trovasse in difficoltà con un cliente, e l’accompagnatore, che la portava sulla strada, la mattina, e la sera la riportava al condominio dove dormiva. Le giornate potevano essere lunghe o corte, in rapporto ai soldi che riusciva a guadagnare: fino a quando non arrivava ad una cifra stabilita, rimaneva sulla strada. Ad un certo punto Beauty si era resa conto che quella storia non sarebbe mai finita: dopo oltre un anno, non era riuscita a pagare neanche un quarto del debito!

 

Lei non poteva nemmeno immaginare che io vivevo con la droga

Nei due giorni in cui siamo rimasti assieme, Beauty si era ripresa ed era molto contenta di avermi conosciuto. Pensava che io fossi veramente un ragazzo tranquillo, e non poteva immaginare, né capire, che vivevo con la droga e non potevo pensare ad una vita seria, neanche per ipotesi.

A quel punto vedevamo il mondo da due prospettive opposte: lei sperava che partissimo per la Francia, mentre io guardavo al mondo come se ci fosse solo la droga. Il sogno di una vita normale l’avevo perso per strada, mi sentivo tradito perché avevo fallito, e la mia vita era diventata talmente inutile, che, anche se ero vivo, mi sentivo come assente, quindi correvo il rischio di spacciare e mi drogavo per alimentare l’illusione di continuare a vivere senza fare i conti con la coscienza.

Ma quello che riguardava Beauty era qualcosa di molto particolare che non riuscivo nemmeno a spiegare, potrei dire che avevamo trovato reciprocamente qualcosa che sostituiva tra di noi la mancanza di un rapporto degno, vista l’indegnità dei nostri mestieri, e del nostro modo di rapportarci con gli altri, prevalentemente basato sulla menzogna. Quegli altri, che per noi erano rappresentati dai clienti, i clienti di uno spacciatore e quelli di una prostituta.

Questi erano i pensieri che mi giravano per la mente, mentre cercavo una soluzione che potesse andar bene per entrambi e alla fine ho usato tutta la mia astuzia per inventarmi una via d’uscita. A casa non eravamo soli, c’era anche Annalisa, che viveva con Pino, Annalisa era disposta ad accompagnarmi alla frontiera per aiutarmi ad entrare in Francia, mentre Pino avrebbe accompagnato Beauty: in compagnia con due italiani, se fosse capitato un controllo, avremmo destato meno sospetti.

Durante tutta la settimana ho spacciato come un kamikaze, e sono riuscito così a guadagnare il necessario per le spese di viaggio e il sabato siamo partiti, in treno, da Roma. Dovevamo arrivare alla frontiera verso l’alba di domenica e, naturalmente, ci siamo sistemati in vagoni diversi. All’ultima stazione italiana Annalisa ed io siamo scesi dal treno, solo Pino e Beauty hanno attraversato la frontiera, poi lui ha cambiato treno ed è tornato indietro. Dopo qualche ora eravamo sul treno in direzione di Roma, mentre Beauty era ormai in Francia. Anche se l’ho abbandonata al suo destino, anche se le ho mentito, Beauty troverà, probabilmente, una sistemazione migliore di quella che aveva in Italia.