Un adolescente senza punti di riferimento

 

Un padre in carcere, un figlio con lo stesso destino "Il 30% dei ragazzi che hanno avuto un genitore detenuto finisce a sua volta in carcere, io faccio parte di quel 30%"

 

Di Marco, luglio 2001

 

Mi chiamo Marco, sono nato e vivo a Padova, ho 23 anni e sono in carcere da tre mesi, con ancora un anno e mezzo di pena da scontare. Il mio fine pena è certamente vicino, se confrontato con le pene in circolazione qui al penale di Padova, alcuni "veterani" mi dicono che non farò neanche in tempo a scaldare la branda… ma questo non allevia di certo il disagio che una carcerazione comporta. Anche un giorno di galera lascia sicuramente un segno a livello interiore.

Tutti i miei guai giudiziari sono legati ad episodi di violenza urbana: risse in discoteca, scazzottate da bar in momenti di alterazione alcolica, e scontri allo stadio, in quanto faccio parte degli ultras del Padova.

 

Una inchiesta sui figli dei detenuti, realizzata qualche anno fa a livello europeo, ha rilevato che il 30% dei ragazzi che hanno avuto un genitore detenuto finisce a sua volta in carcere, io faccio parte di quel 30%.

 

Mio padre si chiamava Renzo, uso l’imperfetto perché non so se sia ancora vivo, io non lo vedo e non lo sento dal 1984. È stato detenuto, ma io non ne conosco e credo che non conoscerò mai il motivo. Mia madre non ha mai voluto dirmelo, e anche davanti alle mie richieste più ferme e decise di avere delle spiegazioni, mi ha sempre risposto dicendomi che nemmeno lei era a conoscenza delle vere cause di questo, che per me è stato il dramma della mia vita.

Io non so se lo ha fatto per cercare di preservarmi da qualcosa, o forse dice il vero, e non sapeva neppure lei come stavano le cose, perché è stato mio padre a non dirle mai la verità, e se fosse così, non riesco a capire il significato di questa scelta.

 

Con mio padre non posso dire di avere avuto un gran rapporto, perché l’ho visto molto poco, ha lasciato la famiglia quando io avevo 7 anni, ma a dire il vero lui non era più presente in casa già da molto tempo, perché si trovava in carcere.

Posso quindi dire di avere vissuto vicino a lui per circa 4 anni, ma nonostante ciò i miei ricordi su di lui sono ancora molto lucidi e vivi.

A dire il vero, questi ricordi non si possono certo attribuire a gesti di affettività, basta pensare che ho visto mia madre più volte maltrattata e malmenata da mio padre. Una volta in particolare mi ricordo che lui ha preso in mano un matterello di legno di quelli che si usano per fare il pane, e con quello ha cominciato a minacciarla. Ho assistito a questa scena abbracciato a mia sorella, entrambi in lacrime. Un’altra volta in macchina è nata una discussione tra mia madre e mio padre, terminata con mia madre con il naso rotto, e se non fosse stato per l’intervento di un passante, che aveva assistito casualmente alla scena, non so come sarebbe finita. Di questa personalità violenta ho fatto anch’io le spese in prima persona, infatti ricordo che una volta cambiai canale della televisione perché volevo vedere un cartone animato, mentre lui aveva deciso di seguire una partita di calcio. Finì con l’imporsi con la forza, si tolse una scarpa e con quella mi colpi in testa provocandomi una ferita che, per ricucirla, dovettero applicarmi tre punti di sutura. Mi sembra ieri, sento ancora mia madre che mi dice mentre mi porta all’ospedale: "Mi raccomando, non dire che è stato il papà, altrimenti non lo vediamo più".

Ci sono stati anche dei bei momenti passati con mio padre, quando ad esempio portava tutta la famiglia a fare qualche gita. Di certo però quei ricordi passano in secondo piano, lasciando spazio ai brutti momenti vissuti. Le gite sono sbiadite con il tempo, ma la cicatrice sulla testa resterà per sempre, a ricordarmi cosa sia stata la mia infanzia.

 

"Preparati Marco, che oggi andiamo a trovare papà"

Tornando indietro nel tempo ricordo che una mattina mia madre mi svegliò presto dicendomi: "Preparati Marco, che oggi andiamo a trovare papà".

Sono saltato giù dal letto molto emozionato, mi sono preparato in fretta e furia, riuscendo ad essere pronto a tempo di record. Mio padre era detenuto a Parma. Il viaggio fu davvero lungo ed annoiante. Ci accompagnò un amico di famiglia, che come mezzo di locomozione aveva un vecchio pulmino Fiat 850, con velocità "di crociera…" compresa tra gli 80 e i 90 Km orari.

Non ho serbato alcun ricordo delle strutture carcerarie né dell’emozione dell’entrare in un carcere, anche perché mia madre non mi ha mai detto cosa fosse quel posto nel quale si trovava mio padre. Lo capii da solo con il tempo.

La forte emozione che provai nel rivederlo aveva magicamente azzerato la noia e la stanchezza, che il viaggio aveva provocato. Lo ricordo benissimo: entrò da una porta che era già aperta, la stanza era molto illuminata, i muri molto chiari, c’erano anche altre persone nella stessa stanza, ma sinceramente le ignorai. La mia attenzione era tutta rivolta verso mio padre. In quell’occasione sfoggiò un sorriso più che mai raggiante. Teneva in mano un sacchetto contenente due grosse uova di Pasqua, uno per me ed uno per mia sorella che allora aveva 10 anni e che era venuta con noi.

Avevo una voglia matta di abbracciarlo per fargli sentire tutto il bene che gli volevo, così mia madre mi sollevò mettendomi sopra il bancone che ci divideva. In quel momento ci abbracciammo forte per qualche istante tutti e quattro.

 

Le tappe della mia vita senza un padre

Andando via quando io avevo sette anni, ha lasciato davvero un gran vuoto.

Non posso portare degli esempi precisi, perché in ogni attimo di vita avrei avuto bisogno di lui, di una figura di riferimento maschile forte, anche se con questo non voglio togliere nulla al ruolo di mia madre, anzi lei dal mio punto di vista era quanto di meglio si potesse avere.

Mia madre si è trovata da sola a crescere ed educare due figli. Sono fermamente convinto che lei non abbia alcuna colpa se ora io mi trovo in una situazione momentaneamente difficile, questo glielo dico sempre perché non voglio che lei pensi nemmeno per un momento di essere stata una cattiva madre, al contrario credo che non tutte le donne al suo posto si sarebbero comportate allo stesso modo, sacrificandosi come ha fatto lei.

 

Aveva gli assistenti sociali addosso, osservavano tutto quello che lei faceva, e a lei sembrava che fossero pronti a prenderle quei due figli per i quali avrebbe fatto qualsiasi cosa. Mia madre era ancora giovane e attraente, eppure mai nessun uomo è entrato in casa nostra, lei non ha mai pensato a rifarsi una vita, una famiglia, eravamo io e mia sorella la sua vita e la sua famiglia, e di questo le sono molto grato.

Solo quando ho compiuto la maggiore età, lei è venuta a chiedermi se ero d’accordo sul fatto che lei si potesse rifare una vita sua. Io certo non avrei voluto vedere nessun altro uomo al suo fianco, se non mio padre. Ma questo era un pensiero egoista, nella realtà mi è sembrato giusto non negarle la possibilità di essere felice. Però ho apprezzato molto il fatto che sia venuta a chiedermi una sorta di permesso, era l’ennesima manifestazione dell’amore che provava nei confronti dei suoi figli.

Nonostante tutto l’impegno di mia madre nel cercare di tenermi lontano da qualsiasi guaio, io stavo crescendo con un carattere esuberante, ed anche piuttosto rude.

A mia madre volevo e voglio un gran bene, ma per quanti rimproveri o sani ceffoni, che a volte forse sono necessari per indirizzare l’esuberanza di un adolescente verso la strada giusta, mi abbia dato, non ho mai provato nei suoi confronti alcun timore, la paura della sua ira mon era un deterrente sufficiente. Se avessi pensato al fatto che ogni mio gesto sbagliato le avrebbe procurato dolore, probabilmente mi sarei comportato diversamente, il rimpianto è di averlo capito solo ora.

Per crescere in maniera corretta avrei avuto bisogno di quel padre da amare e nello stesso tempo un po’ da temere, quel padre a cui rivolgermi nei momenti di bisogno, a cui chiedere consigli, quel padre che avrebbe dovuto incoraggiarmi, ogni volta che facevo qualcosa di buono, in modo da far crescere in me un normale senso di autostima. Sono cresciuto senza tutto questo.

 

Tutti i reati che ho a carico sono per episodi di violenza. Dove nasce tutto questo risentimento, questa violenza sconsiderata? Credo che ogni volta che ho alzato le mani verso qualcuno, io vedevo mio padre e volevo scaricare su queste persone tutta la rabbia e lo sconforto che vivere senza di lui mi ha provocato. Questa non è una giustificazione, e io so bene che qualcuno purtroppo ha fatto le spese di questo mio disagio.

Molti, leggendo questi miei ricordi, a proposito dei momenti che hanno influito nella formazione del mio carattere, potrebbero pensare che questa mia tardiva riflessione sia troppo comodo farla ora che mi ritrovo in carcere. Posso solo rispondere che è vero: dovevo pensarci prima.

Però io sono ancora giovane, ho 23 anni e non dovrò passare poi così tanto tempo qui dentro, la mia vita non è perciò così compromessa. Certo una volta uscito da qui mi dovrò impegnare nel tenere a freno quegli impulsi violenti, ma credo di potercela fare, anche perché, per fortuna, posso contare su una famiglia che mi ama e su una ragazza che mi aspetta. Con lei abbiamo in progetto, in futuro, di mettere al mondo dei figli, e so che loro potranno di certo contare su di un padre che cercherà di fare di tutto per non ripetere gli errori del suo, di padre.

Un padre che spero sia ancora vivo, e ogni tanto pensi a quel figlio che lui ha abbandonato, e chissà che riesca a sentire che quel figlio non lo ha dimenticato.