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Castelli, palazzi e letteratura...
Ovvero un permesso "letterario al festival della letteratura di Mantova
Di Josep Burgaya, dicembre 1998
Come sempre non so come cominciare: fare il giornalista è più difficile di quello che sembra, se ti capita di assistere ad un festival della letteratura dove si radunano in cinque giorni cento dei migliori scrittori da tutto il mondo. Non è roba da poco! Questo evento ha avuto luogo tra il 9 ed il 13 Settembre a Mantova, è alla seconda edizione e mi è parso abbia avuto un incredibile successo di pubblico. Non conosco chi ha avuto l’idea di questa manifestazione, ma devo dire che è stata un’idea luminosa. Mantova già è una città turistica e quando si tiene una manifestazione di questo tipo sembra troppo piccola per contenere tutto il pubblico: europei, africani, americani, poeti, romanzieri, giallisti, biografi, umoristi, attori, musicisti! Tutti hanno avuto modo di dire la loro, in questi cinque giorni dedicati alla letteratura, anche quelli che di solito hanno poco diritto alla parola, come i lettori che uno si immagina sempre soli e silenziosi. Gli incontri avvenivano nelle ore più impensate in luoghi prestabiliti: casa del Mantegna, Palazzo Ducale, Piazza Concordia, Teatro Ariston. Così ti poteva capitare che, andando a fare colazione in un bar sulla piazza, ti trovavi in mezzo ad una chiacchierata fra scrittori che mai te la saresti immaginata. Per farvi un piccolo esempio: eravamo seduti ad un tavolo, all’aperto di una pizzeria quando Ornella mi ha fatto notare la presenza di almeno una decina di scrittori ed editori: c’erano De Crescenzo, Maurizio Maggiani, Inge Feltrinelli, Giulio Einaudi, Carlo Lucarelli, Pennac, Montalban. Io, per motivi nazional-linguistici, sono stato all’incontro che lo scrittore-giallista-gastronomo-giornalista spagnolo Manuel Vazquez Montalban ha tenuto con il pubblico che affollava il Teatro Ariston. Montalban mi piace per l’accuratezza con la quale descrive i quartieri di Barcellona o dei luoghi dove fa muovere il protagonista dei suoi gialli, l’investigatore privato Pepe Carvalho. E poi non posso negare che quello che mi attira di più in tutta l’opera letteraria di Montalban è che, leggendo tra le avventure e le sventure del suo protagonista, lo scopri un buongustaio, un raffinato gastronomo al quale piace moltissimo la buona tavola. Tra assassini, travestiti, imprenditori, lustrascarpe, camerieri e portieri d’hotel si incontrano gustosissime ricette culinarie di tutto il mondo, dove Carvalho insegue i suoi antagonisti. Durante l’incontro, a intervistarlo è stato un altro giallista, il siciliano Andrea Camilleri, scrittore arrivato al successo a settant’anni suonati (mai perdere le speranze dunque, per gli aspiranti scrittori) e creatore delle avventure del commissario Montalbano. Manuel Vazquez Montalban ha risposto rigorosamente in italiano, concedendosi a volte qualche fantasiosa creazione linguistica (tanto per dirne una, "benissimamente"), e raccontando per esempio come è nato il suo personaggio principale, Pepe Carvalho: "Erano gli anni 70, epoca di cambiamento del gusto dopo un lungo periodo di letteratura sociale, con protagonisti che impiegavano trenta pagine ad aprire una finestra. Io avevo scritto romanzi di carattere sperimentale, ma una sera, dopo una cattiva cena con vino cattivo, ho detto che ero stanco di questa letteratura pesante e volevo scrivere un romanzo di guardie e ladri, pieno di azione, e come sfida ho dedicato quindici giorni a scrivere un romanzo, Il tatuaggio, che per me è stato la scoperta di un modello, il poliziesco. Carvalho, il protagonista di questi miei romanzi, è soprattutto un anarchico, ma nell’ora della verità si impegna con i perdenti, con le vittime, in fondo è un eroe romantico". Quanto alla passione per la cucina, Montalban l’ha spiegata così: "C’è stata un’epoca in cui in Spagna era difficile aiutare in cucina, perché si era subito sospettati di condotta sessuale non normale; poi però la situazione è cambiata, e io inoltre mi sono sposato con una donna di sinistra, che in casa ha imposto la divisione dei compiti: a me è toccata appunto la cucina. Ora mi piace molto cucinare, è come una compensazione dello scrivere, ogni tanto abbandono la scrittura e cucino per 1, 2, 3 giorni di seguito".
A Mantova, da inviato-cuoco-amante della buona letteratura
Vale poi la pena di spendere qualche riga per "declamare la bellezza di Mantova", come dice il depliant del festival: "Questa è una bellissima città e degna c’un si mova di mille miglia per vederla...!" (Torquato Tasso, 1586). La verità, gente, è che tutti i castelli, i palazzi, le chiese ed i parchi che ci sono in questa città, è incredibile, ma io non ho mai visto in così poco spazio tante meraviglie dell’arte antica e moderna riunite. Non per caso tanti personaggi sono legati alla sua storia, da Virgilio (grande poeta latino), a Tazio Nuvolari (campione automobilistico), ai personaggi a cui Giuseppe Verdi si è ispirato nelle sue opere "Rigoletto" e "Sparafucile". Tornando al tema di prima, per me questa esperienza è stata molto importante: tra la frenesia della gente che si spostava per assistere agli incontri, con un occhio all’orologio per non arrivare in ritardo, pure io mi sono fatto contagiare dall’atmosfera elettrica. Avere letto dei libri che ti sono piaciuti, e poi incontrare, non dico a tu per tu, ma quasi, gli scrittori che li hanno scritti, e che sono lì per rispondere alle domande, anche le tue se vuoi, è una bella emozione. In autostrada, sulla via del ritorno, ci siamo fermati per una cena come Dio comanda per calmare il più irrequieto degli organi: lo stomaco. Dopo aver chiacchierato, in particolare di questa uscita tutta speciale, siamo arrivati all’ora dei saluti, e infine del rientro, in carcere naturalmente. Perché al Festival - letteratura ci sono andato con un permesso, da "inviato" cuoco e spagnolo, a incontrare un altro spagnolo, scrittore e pure lui amante della buona cucina. Però questa volta sono rientrato un po’ più soddisfatto, un po’ più arricchito, e questo ti fa dormire tranquillo.
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