Imed: non facevo il vù cumpra, lavoravo e vivevo bene ma poi…

 

Di Imed Mejeri, luglio 1998

 

Innanzitutto mi chiamo Imed, sono tunisino e di questo vado fiero. Vengo da un paese di circa 165.000 km quadrati, dei quali un quarto è deserto, con una popolazione di circa 12 milioni di abitanti in un così vasto territorio.

Economicamente il nostro paese si basa sulla agricoltura, e soprattutto sul turismo, dato che le spiagge del mar Mediterraneo sono molto rinomate. Perché sono emigrato in Italia?

Io non sono stato un "emigrante per forza": dato che vengo da una famiglia di buone condizioni economiche, ho avuto infatti la fortuna di poter viaggiare un po’. Sono stato in Francia, Spagna, Libia ed altri paesi del Sud Africa. Venuto in Italia per curiosità, dato che tutti ne parlavano bene dal punto di vista turistico, mi sono fermato e mi sono trovato una attività lavorativa. Non facevo il vu’ cumprà, ero carpentiere e montavo stand in varie fiere in diverse città dell’Italia. Il lavoro mi dava soddisfazioni economiche e anche la possibilità di girare l’Italia per la mia professione.

 

Un giorno vidi una bellissima ragazza italiana…

 

E girando mi sono trovato, in un paese del ferrarese, con un mio connazionale e amico, che viveva in una specie di dormitorio da un prete, con circa altri 25 tunisini, tutti che lavoravano la terra: non per niente noi stessi di Tunisi quelli del Sud Tunisia li chiamiamo terroni, i luoghi comuni a volte sono gli stessi dappertutto. Insieme frequentavamo un circolo ricreativo ed io un giorno vidi una bellissima ragazza italiana che lavorava lì.

Dopo un periodo di frequentazione di questo circolo ed avendo preso un po’ di confidenza con la ragazza, cominciai a stuzzicarla facendole delle battute e proposi anche una scommessa al mio amico connazionale: dissi che in breve tempo lei se ne veniva via con me. Però a forza di frequentarla me ne innamorai veramente e non come con le altre che conoscevo per l’Italia mentre montavo stand, e con le quali avevo una relazione di 3-4 mesi e poi finiva lì .

Facevo di tutto per farmi notare, vestendo sempre in modo impeccabile, dato che il mio lavoro me lo permetteva. Poi una mattina, che al circolo non c’era nessuno, intuii che anche lei era innamorata di me e così le dissi che se al mio ritorno quando si affacciava alla finestra si mostrava arrabbiata, io me ne andavo via per sempre da quel paese, se invece mi sorrideva, ci si incontrava per mettersi d’accordo e per fare in modo che lei ed io fossimo felici, anche se suo padre era contrario.

Me ne andai a lavorare tutta la settimana in un altro paese per montare stand e al ritorno mi avvicinai piano alla porticina del retro del Circolo e lì lei mi stava aspettando e mi stampò un bacio sulla bocca. Sentii in quel momento, come dite voi, tutte le campane suonare nella mia testa per la felicità.

 

Con i soldi che avevo guadagnato mi acquistai dei vestiti appariscenti

 

Il nostro rapporto fu però molto burrascoso, perché ci si incontrava o alla mattina alle cinque prima dell’apertura del Circolo, o ci si dava appuntamento per la campagna dopo le dieci di sera, per evitare le ire del padre. Dato che la sua abitazione era sopra il Circolo, tante volte senza fare rumore mi arrampicavo su per i muri pur di stare assieme a lei, rischiando ogni volta l’osso del collo, o altre sorprese come quando al posto suo trovai suo fratello minore, che sapeva che frequentavo sua sorella e non capiva come facevo ad essere così agile a salire.

Poi conobbi sua madre che non era contraria al nostro rapporto e anzi mi invitò a casa sua "ufficialmente", e con lei facemmo un bel discorso e cioè che potevo stare con sua figlia, ma che le dovevo dare una base sicura, tipo una casa e tutto ciò che comporta: e io cominciai allora a mettere via i soldi che guadagnavo.

Così la madre organizzò le ferie estive facendo in modo che io e la mia ragazza ci incontrassimo con più serenità, e io con tutti i soldi che avevo guadagnato risparmiando mi acquistai del vestiario in modo da essere più appariscente e andai a Rimini, dove c’erano già loro, e mi cercai un posto per dormire.

Mi consigliarono di provare a vedere se c’era posto al Grand Hotel, che essendo anche costoso forse non era pieno del tutto. Così feci ed andai in questo albergo, dove il proprietario mi fece capire che il posto c’era, ma che costava molto, e mi chiese se avevo la possibilità di pagare. Per poter dormire lì sborsai 250.000 lire, e poi per fare bella figura sia con lei che con sua madre feci spese pazze, tipo un anello per la ragazza e un regalino per sua madre.

Alla sera m’incamminai verso il loro albergo, che non era affatto un albergo di lusso, e invitai la mia ragazza e sua madre ad una cena in un ristorante tipico, anche per far capire a sua madre che economicamente stavo bene. Dopo cena la madre mi chiese se volevo che mi accompagnassero alla stazione, e io invece dissi che dormivo al Grand Hotel. Lei esterrefatta non ci credeva e per accertarsi che era vero mi accompagnò alla reception nella hall: io presi allora le chiavi della suite e chiesi al proprietario se era possibile invitare le mie ospiti a salire per consegnar loro dei regali. Poi finalmente rimasi con la mia ragazza e fu la prima volta che con lei mi trovavo in un luogo comodo, con un letto vero e non più in aperta campagna o a casa sua con la paura del padre.

 

Ma poi l’eroina entrò infidamente sia nel mio cervello che nel mio corpo

Purtroppo però avevo finito tutti i soldi, e poi si aggiunsero altre disavventure perché il padre di lei, per ragioni razziali, non voleva saperne di me: così me ne andai via per sempre dalla ragazza e dal paese per fare soldi facili. In giro trovai ragazzi che spacciavano droga e mi misi a spacciare, e all’inizio per me era un divertimento, perché i soldi che prendevo li spendevo subito per andare a spassarmela, poi ogni tanto facevo qualche tiro (sniffo) di eroina e mi sentivo ancora meglio. Così mi ritrovai a Bolzano con l’idea di fare tanti soldi, senza rendermi conto che l’eroina entrava infidamente sia nel mio cervello che nel mio corpo ed è così che mi sono ritrovato tossicodipendente senza accorgermene.

Cercai aiuto anche dai miei nuovi compagni di strada, ma erano più malconciati di me. A questo punto fregandomene delle conseguenze feci di tutto, vendevo se c’era la possibilità, tiravo come un dannato eroina e dopo un po’ di tempo mi ritrovai rinchiuso fra quattro mura in carcere. Ora sono ristretto qui nel Penale di Padova, come conseguenza di una scelta di vita sbagliata, però con una esperienza, che certo era meglio non farla, ma che comunque sto vivendo sulla mia pelle, cercando valori nuovi.