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"Quand’ero piccolo pensavo come fossi stato fortunato a nascere in Albania
Pensavo a quei poveri bambini europei, americani, senza cibo, senza casa, nel caos. Così almeno ci veniva detto"
Di Gentjan Bequiri, novembre 2001
Cosa speravo di trovare in Italia La libertà, naturalmente. Inoltre in televisione vedevo che tutti mangiavano cioccolato, e biscotti… quindi mi aspettavo che al mio arrivo in Italia mi accogliessero minimo con una stecca di cioccolato. L’idea che mi ero fatto dell’Italia era quella che forse non era necessario lavorare. Pensavo che eravate talmente ricchi che lavorare fosse un privilegio di pochi. Purtroppo mi sono poi accorto che non era così, e per poter vivere bisognava lavorare duramente. E poi al mio arrivo non c’era nessuno che mi aspettava con la stecca di cioccolato in mano. In compenso c’erano i Carabinieri che qualche manganellata "per mantenere l’ordine…" l’hanno pure distribuita. Ci misero tutti in fila, al molo di Brindisi, per distribuirci panini ed acqua. Eravamo nervosi affamati stanchi. Ci sistemarono nelle scuole della città, portarono come letti dei materassini da campo gonfiabili. Si mangiavano solo pasti freddi. Non ero venuto da solo, con me c’erano mia sorella e mio cognato, ci misero da subito insieme, rispettando il criterio di mantenere uniti i nuclei famigliari. Restammo lì per due settimane, dopo di che ci portarono in un campo che si trova a Metaponto, immerso tra i pini, ma circondato dai carabinieri. Dormivamo in tende dell’esercito. Era stata allestita una cucina da campo. Niente stecca di cioccolato neppure lì… ma finalmente si mangiava un pasto caldo. Non avrei mai immaginato che il pomodoro potesse essere messo sulla pasta, per me era una novità, e mi piacque molto.
Restammo per tre mesi. Vorrei precisare che era un posto attrezzato, si trattava di un campeggio turistico, c’erano le roulotte ma a noi ci fecero restare sempre in tenda. A piccoli gruppi siamo stati poi trasferiti su pulmini al Nord, due tre per comune. Io capitai al comune di Opera (Milano). Vi rimasi un altro mese "mantenuto" dallo stato. Eravamo a carico del comune di Opera, avevamo una casa, ed eravamo in attesa che ci trovassero un posto di lavoro: era accaduto che il governo aveva chiesto ai comuni se potevano ospitarci, e quanti, e ogni comune aveva risposto secondo le proprie disponibilità, questo lo seppi in seguito. Per mangiare avevamo un conto aperto presso una pizzeria, e così ho conosciuto la gustosissima cucina italiana.
Un mese dopo iniziai a lavorare. Ne ero felice perché finalmente potevo guadagnarmi da vivere con il mio lavoro. Fui assunto in una ditta che realizzava prodotti in plastica. Ero apprendista, guadagnavo un milione al mese, il mio compito era quello di inscatolare i pezzi prodotti, un lavoro semplice. Anche mia sorella e mio cognato iniziarono a lavorare, del resto anche da noi sono molte le donne che lavorano in fabbrica.
Com’era la vita sotto il regime comunista di Hoxha Innanzi tutto bisogna dire che noi albanesi ci sentivamo come un popolo vissuto per 45 anni in un recinto dal quale non si poteva uscire. Non conoscevamo il mondo, non sapevamo cosa si trovava oltre le frontiere. Conoscevamo del mondo solo la demagogia che il regime ti imponeva. Cioè il mondo era corrotto, erano tutti nostri nemici, questo era quanto ci insegnavano a scuola sin da bambini, e da adulti vedevi per televisione o leggevi sui giornali del governo, e non importa quale leggevi perché tutti dicevano sempre le stesse cose, leggevi che il nostro paese era il migliore del mondo! Da noi c’era la legalità, la giustizia, la serenità, il benessere, così dicevano i mezzi di informazione di regime. Quand’ero piccolo pensavo come ero stato fortunato a nascere in Albania, pensavo a quei poveri bambini europei, americani, senza cibo, senza casa, nel caos. Quando sono diventato più grande, mi ricordo che di nascosto guardavamo la televisione italiana, greca, iugoslava, anche se era vietato severamente guardarla, e si poteva finire in galera se sorpresi o denunciati da qualche vicino di casa. Da quello che vedevamo, ci rendevamo conto che non era vero quello che ci avevano detto e martellato per anni. Vedevamo una realtà tutt’altro che nel caos, tutt’altro che persone disperate e infelici. Vedevamo gente felice che si godeva la vita, che stava bene. Il comunismo a mio avviso ha fatto tre grandi errori: il primo è quello di tenere le frontiere chiuse, il secondo è che non sono stati capaci di creare una economia di mercato, perché non c’era concorrenza, terzo era la mancanza del diritto d’opinione, quindi se un popolo non può esprimere il suo pensiero non è un popolo libero. Con il passare del tempo iniziammo a capire che quello che ci avevano detto non era vero! Invece, altro che il paese migliore al mondo, altro che la patria dei diritti e degli ideali, eravamo sotto una dittatura! E quelli che erano nel caos e che soffrivano eravamo noi.
Quando è caduto il regime comunista nel 1993, io ero già scappato in Italia da tre anni, sui miei documenti c’era scritto: Rifugiato Politico. Apprendemmo la notizia dalla televisione, ero con altri due miei paesani, eravamo felici, finalmente la libertà arrivava anche nel nostro paese, avremmo potuto tornare alle nostre case senza correre il rischio di essere arrestati. Decisi immediatamente di tornare in Albania, non rivedevo i miei famigliari da due anni e mezzo. Ricordo quel pomeriggio che il traghetto stava arrivando al porto di Durazzo, ero davvero emozionato, sul molo c’erano mia madre e mio fratello, quando finalmente potei riabbracciarli, tenevo comunque sempre d’occhio i poliziotti, perché ero abituato a vederli fare abusi e prepotenze. Loro però non vennero verso me, io un po’ rimasi in allerta tutto il giorno, ma non successe niente. Era veramente finita un’epoca.
Il popolo albanese, prima dell’occupazione Turca Ottomana, come tutti i popoli balcanici era di religione cristiana ortodossa. Con l’occupazione degli Ottomani, durata circa cinquecento anni, si è diffuso l’Islam. Per capire come, bisogna conoscere la conformazione fisica del territorio albanese. La parte pianeggiante è solo la fascia costiera, ed è larga circa una quindicina di chilometri. Tutto il resto del territorio, il 90%, sono montagne. Quindi i turchi in quei paesini sparsi sulle montagne avevano poca influenza, perché isolati, e lì infatti si è preservata la religione cristiana ortodossa a sud, mentre sulle montagne del nord sono più cristiani cattolici. Nonostante la presenza di più religioni, in Albania non si è mai verificato un conflitto religioso. Per me è normale avere un amico ortodosso e uno musulmano, o cattolico, e non riesco a capire perché ci siano delle guerre per questo, ognuno nel suo cuore è libero di immaginare Dio come lo desidera, e certamente non danneggio nessuno se prego Dio o Allah. Penso di poter dire in tutta tranquillità che nel mio paese la religione non ha nessuna influenza. Non influenza la vita pubblica.
La condizione delle donne in Albania… Le donne in Albania secondo me sono abbastanza libere. Prima della nascita del comunismo in Albania, la donna era molto assoggettata a certe tradizioni, come, per esempio, il fatto che il marito veniva scelto dai genitori e lei poteva svolgere esclusivamente lavori di casa. Ma da quello che ho visto nei vecchi film qui in Italia e da quello che amici italiani mi hanno raccontato, penso che la situazione nel sud Italia non era molto differente. Con la fine della guerra e l’avvento del regime comunista ci fu una forma di emancipazione delle donne. Le donne potevano ora fare tutto quello che facevano gli uomini, senza grandi differenze, potevano andare a lavorare i campi, in fabbrica, entrare in politica, abbiamo avuto anche ministri del governo donne, e tutto questo era diventato normale. Una delle cose positive che ha portato il comunismo, e questo a mio parere è innegabile, è stata l’emancipazione femminile. In Albania abbiamo un grande rispetto delle donne e quando leggo sui giornali del racket della prostituzione, di ragazze albanesi che si prostituiscono, sto male, e vorrei che questo non esistesse.
In Italia gli albanesi godono purtroppo di pessima fama Penso che la colpa è anche nostra, perché molti di noi in Italia ne abbiamo combinate di tutti i colori, bisogna anche dire però che spesso i giornali quando c’è un Albanese coinvolto calcano la mano. Nei fatti più eclatanti, quando si cerca il colpevole ideale…, pensano subito all’Albanese, anche a Novi Ligure nei tragici fatti che tutti ricordano, il primo colpevole era un Albanese, e se non fosse emersa la verità si sarebbe scatenata, come è già successo in altri casi, la caccia all’Albanese. Sicuramente non siamo degli angeli, ma spesso esagerano. Ora mi trovo in galera, qualche possibilità fuori l’avevo avuta ma non l’ho saputa cogliere. Tra un anno termino la pena, e questa volta non mi lascerò scappare la vita, perché la vita è troppo breve per concederle anni di galera, intendo rimettermi a lavorare e godermi la vita tranquilla, è indifferente se qui in Italia o in Albania, mi basta la libertà. Che nessuno sa apprezzare veramente se non gli viene tolta. Vi assicuro che è così.
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