Per non perdere l’amore e la speranza

 

Conquistare l’affetto di una ragazza italiana non è facile per un albanese, ma se poi lui finisce in carcere salvare il rapporto è quasi impossibile

 

Di Gentian Allaj, febbraio 2003

 

In questo momento mi viene in mente un ricordo molto triste: la separazione da Lisa, la mia ragazza. Il motivo per cui ci separammo fu il mio arresto.

Il giorno che ci siamo conosciuti, ero andato in un paesino vicino a Vicenza a incontrare un amico. Girando con lui, ci trovammo davanti a due ragazze che erano ferme con la loro macchina in un parcheggio. Ci fermammo davanti a loro, cominciammo a scherzare insieme.

Alla fine decidemmo di scambiarci i numeri di telefono, riproponendoci di incontrarci di nuovo ed uscire insieme a divertirci. La sera stessa telefonai a una delle due per invitarla fuori, e lei accettò.

Già dal primo momento non mi sembrava come le altre volte che incontravo una ragazza. Di solito finiva tutto quasi subito, questa volta sentivo che per me sarebbe stata una storia molto importante.

Da quel giorno cominciammo a incontrarci frequentemente, io due volte alla settimana partivo da Brescia e andavo a trovarla a Noventa Vicentina, lei era accompagnata sempre da suo fratello, perché i suoi genitori, anche se non era una ragazzina, non la facevano uscire con me da sola.

La nostra infatti è stata anche una storia molto difficile, da quando la sua famiglia ha saputo che lei si era innamorata di un albanese. A Lisa per fortuna questa cosa non interessava, era disposta a fare tutto per me. Ogni settimana telefonavamo insieme a casa mia per parlare con mia mamma, anche lei era molto felice per me, perché avevo trovato la ragazza della mia vita.

Abbiamo passato giorni belli insieme, però mi rendevo conto che avrei rovinato tutto prima o dopo con il "lavoro" che facevo, vivevo infatti di espedienti e lei non ne sapeva niente, le avevo detto che ero impiegato in un calzaturificio. Due anni dopo l’inizio della nostra storia, fui arrestato.

Da quel momento tutto è cambiato, io sono finito in carcere a Gorizia, e Lisa è andata a stare a casa di una sua amica a Padova, perché i suoi non le permettevano di venirmi a trovare. Lei invece a Gorizia veniva tutte le settimane, perché eravamo ancora molto innamorati.

Tutto andava ancora abbastanza bene, ogni volta che lei veniva si parlava sempre del nostro futuro, anche se eravamo cosi separati dal carcere, e questo futuro lo vedevamo sempre più difficile.

Per sei mesi venne a trovarmi in carcere. Poi un giorno mi disse che voleva tornare a casa, nella sua città, dai genitori, e che non sarebbe più venuta a colloquio… A quel punto mi venne un tuffo al cuore. Non capivo niente di ciò che mi diceva, ho chiuso gli occhi, volevo piangere, urlare. Ma non ci riuscivo.

Il pensiero correva, andava lontano, mi venivano in mente i ricordi della nostra storia che durava da tanto tempo, ripensavo a quando scorgerla da lontano mi faceva già sentire felice. Felice come lo può essere un uomo, straniero, lontano dal suo paese, che fatica un sacco per conquistare la donna che ama. Non mi rendevo conto che stavo per perdere tutto. Non sarebbe più venuta a trovarmi. Non riuscivo più a parlare, avevo un nodo in gola e mi sentivo soffocare.

 

Avevo sempre saputo che prima o poi sarei finito in carcere e avrei perso Lisa

L’ascoltavo mentre lei, con tanti giri di parole, cercava di dare una ragione logica alla nostra futura separazione. Percepivo il suo stato d’animo, quel malcontento che non voleva rivelare con le parole, ma anche il tremolio delle sue labbra e il desiderio di un bacio, sempre represso per il luogo in cui ci trovavamo: la sala colloquio di un carcere.

Capivo perfettamente il suo stato d’animo, perché negli ultimi tempi prima dell’arresto già sapevo che alla fine si sarebbe rovinato tutto, mi rendevo conto che, con quello che facevo, prima o dopo sarei finito in carcere e avrei perso Lisa e il suo tenero amore. Se già era stato difficile per lei affrontare l’ostilità dei suoi nei miei confronti, immaginarsi come avrebbe potuto far accettare il fatto che ero finito in galera.

Il giorno che al colloquio mi annunciò che tornava a casa sua, non ho potuto che darle ragione. Non poteva aspettare cosi tanto tempo, perché Lisa ha la sua vita da vivere. È giusto che non debba patire lei per le mie colpe.

Continuavo a guardarla in silenzio, desideravo fermare il tempo.

Quello che accadeva era crudele per il mio cuore. Non riuscivo a trovare le parole giuste per dire addio alla donna alla quale volevo bene da tanto, ma che non avevo saputo tenere con me.

Ancora oggi, Dio solo sa quanto desideri per un solo attimo sfiorare le sue mani e entrare nei suoi pensieri.

Come ho potuto non capire allora che era lei che m’interessava, come ho potuto non capire che tutto il resto non aveva senso senza di lei? Ora devo accettare il supplizio del silenzio per rispettare la sua libertà, le scelte che lei ha fatto. Si è allontanata da me. Con quale diritto potevo del resto invadere e stravolgere la vita di Lisa, dopo che avevo tradito la sua fiducia?

Quando smise di venire a trovarmi, sentii molto la sua assenza. Non volevo sapere se avesse trovato un altro uomo, tutto ciò non riguardava più me. Lei forse avrebbe potuto anche non abbandonarmi, ma purtroppo era andata così.

Ora vorrei aprire le finestre della mia vita per respirare un’aria nuova, è da molto tempo che non lo faccio, non posso farlo perché le quattro mura intorno a me non me lo permettono. Vorrei anche riuscire a dimenticarla ma non ci riesco, il mio amore per lei resiste ancora oggi nonostante tutto, nonostante il carcere, ma certo non posso consolarmi con i ricordi o tenendo "imprigionata" nella mia mente la sua voce.

Adesso sono qui in carcere, penso che tra un paio d’anni potrò uscire e chissà se la vita mi riserva come sorpresa il dono che per me sarebbe il più grande: riabbracciare Lisa. Con Lisa ci siamo detti addio, ma mi piacerebbe tanto che quell’addio diventasse un arrivederci.