I reati non aumentano, la paura sì

“Pacchi” di misure emergenziali

Si preferisce parlare di “emergenze” invece che di “problemi”, perché questo permette di fare leggi frettolose e sempre più punitive

 

di Franco Garaffoni, settembre 2008

 

Ho l’impressione, stando in galera, che in Italia sia cresciuto e prosperi un virus sottile, perfido, strisciante, che alimenta paura e insicurezza. Non esiste al momento alternativa o cura, siamo tutti contaminati, in libertà o in carcere. La nostra nazione è gravemente ammalata di un senso di insicurezza. Sono tutti pericolosi: extracomunitari, nomadi, autori di reati in libertà, criminalità organizzata, ubriachi al volante, tossicodipendenti, non si salvano neppure industriali, imprenditori o proprietari che affittano in nero. Tv, giornali, dibattiti, convegni ci diffondono giornalmente il bollettino medico: stato comatoso. Per debellare il diffondersi del morbo si ricorre all’unica medicina conosciuta: Più carcere. Aumento delle pene. Meno misure alternative. Abolizione della Legge Gozzini.

Io credo però che non si curi un tumore con l’aspirina. Il ricorso spregiudicato e insensato alla carcerazione allontana momentaneamente il virus dalla società, ma nello stesso tempo non lo debella. Anzi lo isola senza curarlo e così lo alimenta, invece di utilizzare le cure necessarie per vincere l’epidemia. Qualsiasi ammalato, anche delle malattie più contagiose, lo si deve curare e guarire per reinserirlo in quella società da cui proviene, e da cui forse è stato contagiato contagiandola a sua volta. La società non ha paura di un malato guarito, teme invece, a ragione, un ricoverato dimesso senza essere stato curato adeguatamente. Per la stessa ragione, se un detenuto è allontanato dalla società, per scontare la sua pena, quella pena deve avere un senso, e il ritorno alla libertà deve essere quello di una persona nuova, diversa.

Cosa succede invece? Che lo Stato individua il malato, lo incarcera, lo isola, lo punisce, il tutto nel nome della sicurezza dei propri cittadini. Poi lo abbandona a se stesso. Il recente decreto legge “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” usa questa interessante parola, “pubblica”, cioè di tutti i cittadini. A me pare che con il sistema attuale non esisterà mai una sicurezza degna di questo nome, non esisterà un senso da dare alla pena, se non quello di creare ex detenuti che dopo anni e anni di carcere usciranno uguali a quando sono entrati, e non pronti a convivere nel rispetto dei diritti altrui. Ci sarebbe la legge Gozzini, che prevede la semilibertà e l’affidamento, misure pensate proprio per la sicurezza, per riportare gradualmente nella società chi deve scontare una pena, proprio perché non pensare al detenuto inserito in qualche modo nella società significa creare una esistenza contro natura, inutile e pericolosa. Io cittadino, perché comunque prima di essere detenuto sono stato un cittadino, sarei incazzato se il carcere mi restituisse non persone in via di guarigione, ma malati terminali. Io cittadino vorrei giuste condanne, espiazione della pena, ma soprattutto il recupero di chi ha sbagliato. Perché io cittadino so benissimo che un domani queste persone, scontata la propria pena, faranno ritorno fra di noi.

 

Quando le misure emergenziali rischiano di travolgere anche i cittadini comuni

 

Il fatto è che la Giustizia in Italia è una macchina che andrebbe smontata, studiata, ripensata e ricostruita, ma questo richiederebbe tempo, capacità e anche decisioni impopolari. Più semplice ricorrere a misure come i pacchetti sicurezza e le leggi emergenziali. Non si sceglie la medicina ma lo stregone di turno, cioè il governo del momento. Il tutto in nome della sicurezza, o meglio del senso di sicurezza, o della percezione che della sicurezza hanno i cittadini, come si dice ora.

I dati in possesso del Ministero della Giustizia indicano una certa stabilità nei reati e non fanno dell’Italia un Paese meno sicuro di altri con lo stesso livello di sviluppo. Però i media, tv e giornali ci raccontano spesso il contrario, con i loro articoli e servizi televisivi indirizzati a creare paura, e di conseguenza a chiedere pene più dure e più carcere. E questo nuovo governo, dopo aver impostato la campagna elettorale sulla emergenza sicurezza, “un po’ più facile” per chi possiede una parte consistente del sistema mediatico italiano, ora si appresta a risolverla come? Semplice. Ennesimo pacchetto anticrimine, ancora con la logica che ci vogliano, appunto, “pacchi” di misure emergenziali. Mai che si parli di “problemi”, no è sempre meglio parlare di “emergenze”, perché questo permette di fare leggi frettolose e sempre più punitive, che poi non durano mai solo la stagione di una emergenza, ma restano a tempo indeterminato.

Questa volta il nuovo disegno di legge lascerà molte cicatrici, perché coinvolge pesantemente anche i liberi cittadini, proprio le persone alle quali si vuole promettere più sicurezza. Mi riferisco all’articolo 589 del Codice penale, omicidio colposo, che recita testualmente “chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la pena da 2 a 7 anni”. A parte l’aumento della pena, che precedentemente era da 2 a 6 anni, è mai possibile che un governo, per sua stessa ammissione così attento alle esigenze dei suoi elettori, legiferando in questo modo non si renda conto di aprire le porte del carcere non tanto ai “delinquenti”, quanto ai cittadini comuni? La mia domanda è: vorreste vedere in carcere vostra moglie, vostro figlio, vostra madre, perché non volendo ha commesso una leggerezza, un eccesso di velocità alla guida, che sono sfociati in una tragedia?

Attenzione, non fatevi ingannare dal vostro stato di cittadino modello, pagare le tasse, pagare le multe, fare beneficenza, rispettare i diritti degli altri, ma soprattutto essere incensurati non vi assicura alcuna “clemenza”. Lo Stato ha pensato anche a questo, introducendo una modifica all’articolo 62 bis del Codice penale, che di fatto dice che essere incensurati non garantisce nessuna attenuante. La casualità di un incidente, sia esso domestico o no, dovuto magari a una imprudenza, oggi può portarvi a scontare anni di carcere.

Io da detenuto vi dico che è meglio evitarla, la galera. E sono convinto che queste leggi non rappresentano davvero la volontà o l’intendere dei cittadini. Cesare Beccaria nel libro “Dei delitti e delle pene”, scritto due secoli fa, sosteneva che il carcere è la tomba della Giustizia, mi auguro di cuore che non ci si stia avviando a farlo diventare una fossa comune.