Per la maggior parte delle persone l’uomo

che amo è solo un tossico che è stato in galera

 

Quando i pregiudizi della gente rappresentano un ostacolo al reinserimento nella società e feriscono i sentimenti

 

Questa è la lettera di un’insegnante, una persona "normale", che sta vivendo un difficile rapporto d’amore con una persona "anormale". "Anormale" perché ha alle spalle una storia di tossicodipendenza e carcere che non riesce a scrollarsi di dosso, o meglio, che gli altri continuano a rinfacciargli. La pubblichiamo volentieri, perché è una bella lettera e perché mette il dito su una delle "piaghe" della detenzione: il fatto che non si riesce mai a liberarsene, nemmeno quando si è fuori, a fine pena, e si pensa di poter ricominciare davvero una vita diversa.

 

Dalla compagna di un detenuto, giugno 2002

 

Cari amici, vi scrivo oggi, primo Maggio, ma non so nemmeno io il perché; forse perché penso che in qualche modo voi possiate comprendere come mi sento e tutto il dolore che ho nel cuore, forse perché mi sentirete vicina, forse perché ho semplicemente voglia di denunciare ciò che vivo e penso che qualcuno di voi avrà voglia di ascoltarmi.

Circa un anno fa mi sono innamorata di un uomo. Potrei raccontarvi i miei sentimenti di stupore, scoperta, gioia pura e quasi incredibile… finalmente la luce dopo anni di buio vissuti in silenzio con un marito violento e tirannico (non per colpa sua, a volte la vita fa brutti scherzi). Potrei spiegarvi la voglia di vivere che piano piano tornava a scorrermi dentro dopo essere arrivata ad un soffio dal suicidio. Potrei descrivervi il nostro rapporto, improntato da subito sul rispetto e la comprensione reciproca, sia pur tra le mille difficoltà di ogni giorno. Potrei parlarvi dei miei figli e dei loro "non mollare mamma", mentre mio marito mi gettava addosso tutto il suo odio e disprezzo… invece voglio parlarvi di quella che in questo momento pare essere l’unica cosa importante in una normalissima storia d’amore: lui è un ex- tossicodipendente, pregiudicato che sta concludendo il suo percorso in comunità.

Prima ho detto "mi sono innamorata di un uomo", ma quando l’uomo in questione è un ex – tossicodipendente pregiudicato, il discorso si chiude lì: non è più un uomo, del quale puoi raccontare il carattere, gli interessi, le gioie, le paure, è un tossico che è stato in galera, punto e basta. "Sì certo"… dici timidamente… "però gli piace lavorare con il computer, detesta il disordine, ama giocare, a volte si chiude in se stesso, vorrebbe non perdere mai Novantesimo minuto"… e poi ti interrompi perché otto volte su dieci chi hai di fronte ti guarda con aria a metà tra la commiserazione e l’ammirazione mistica (ad innamorarti di "uno cosi" o sei pazza o sei una santa fatina salvatrice) e di lui capisce solo che è un tossico che è stato in galera.

Allora subentra la rabbia, la solitudine, la sensazione di essere in un vicolo cieco, l’impotenza…

 

Il modo migliore per far perseverare qualcuno nei suoi errori è fargli intendere che non può far nulla di meglio che sbagliare

L’amore è imprevedibile, non ci si innamora "scientificamente" di un uomo, quindi non si è pazzi o furbi ad essersi innamorati di una tale persona piuttosto che della tal altra, se mai si potrà avere una vita più o meno semplice, ammesso che la vita a due possa essere semplice, ma l’amore, comunque sia, non è follia o saggezza, è un sentimento che sgorga dal cuore. L’amore non è nemmeno una succursale della Croce Rossa: non ci si innamora per salvare la vita a qualcuno o farsela salvare a propria volta, non si è "buoni" ad amare una determinata persona, si ama perché ce lo si sente dentro, non per fare la buona azione quotidiana stile Giovani marmotte.

Quando si ama ci si trova di fronte all’altro come persona e dentro ti coglie lo stupore della continua scoperta della miriade infinita di sfaccettature che costituiscono il suo essere uomo o donna. È come se l’altro fosse un raggio di luce, quando si ama si riesce a far passare quel raggio attraverso un prisma e si scopre con meraviglia, sorpresa e un pizzico di timore i tanti colori di cui è composto.

Intendiamoci, con questo non voglio dire che l’uomo che amo ha solo pregi; il guaio della scoperta è che trovi anche tante piccole spine che possono fare anche tanto male, ma che se sei onesto con te stesso sai bene quali e quante spine troverà l’altro e ti poni in atteggiamento di accoglienza.

Ciò che fa male è accorgersi che per la maggior parte delle persone l’uomo che amo ha una sola sfaccettatura: è un tossico che è stato in galera, quasi come se i suoi errori gli si fossero cementificati intorno rinchiudendolo in una sfera perfettamente liscia che finisce col rappresentare l’unica sua caratteristica…

Inutile obiettare che in carcere non si nasce e che non è un assioma matematico che chi ha sbagliato non potrà far altro che perseverare nei suoi errori, lui è un tossico che è stato in galera.

A questo punto, visto che oltre ad essere la compagna di un uomo sono un’insegnante, mi chiedo dove stia il ruolo di luogo di recupero che si vorrebbe assegnare al carcere, quando anche le pietre sanno che il modo migliore per far perseverare qualcuno nei suoi errori è fargli intendere che non può far nulla di meglio che sbagliare. Come può un uomo reinserirsi nel mondo fuori se viene visto sempre e solo come uno che è stato dentro ed emarginato per questo? Non ho risposte, ho solo il mio dolore, lo sguardo triste e quasi rassegnato dell’uomo che amo quando gli parlo di questo mio dolore e la speranza (senza speranza si muore anche fuori) che un giorno le mie amiche smetteranno di dirmi: "Caspita, non si vede proprio che è un tossico che è stato in galera".

Complimenti per il vostro giornale: è molto bello e ricco di spunti per la riflessione.