Una libertà che qualche volta fa Paura

 

di Mario Salvati, settembre 2006

 

Oggi ci sono parecchie persone alle quali la galera non fa più paura, ma noi che da anni siamo rinchiusi questo cambiamento l’abbiamo percepito con tristezza. Da un po’ di tempo mi capita infatti di vedere ragazzi che entrano in carcere affrontare in modo rassegnato l’idea di essere rinchiusi: come se fosse un sollievo la certezza che avranno un pasto, un letto, qualcuno li vestirà e soprattutto una parola per loro ci sarà sempre! In alcuni istituti, anche se  ammassati in celle con la turca a bordo tavolo, cosa che dovrebbe intimorire ed essere motivo di ansia, beh neppure questo li spaventa davvero di fronte al nulla che hanno nella vita fuori.

Agli inizi degli anni 80 ero detenuto a Saluzzo, ricordo che c’era con me un senza dimora, uno di quelli che allora chiamavamo “barboni”, che aveva ammazzato un uomo per difendere la sua compagna. Lui ogni tanto mi parlava della sua vita fuori, non aveva nulla, non aveva una casa, la sua casa era davvero il mondo. Eppure, a tutt’oggi mi pare ancora di percepire la sua gioia nel raccontarmi di quella gran voglia di uscire che aveva, e sento ancora le sue emozioni nel desiderare con forza la libertà.

La sua era voglia di Libertà allo stato puro, era oro colato! In altri posti come la Sardegna e in altri anni (perché di galere, purtroppo, ne ho girate tante), dove le possibilità lavorative fuori erano pressoché nulle, paradossalmente in carcere si poteva ancora lavorare e molti commettevano piccoli reati per potersi guadagnare qualcosa, pochi mesi, sufficienti però per inviare a casa qualche soldo, ma quello era il gesto disperato di sacrificare la libertà per un “nobile motivo”. Oggi ci sono ragazzi che  parlano in modo “svogliato” della libertà. sono ragazzi che non hanno interessi, non reagiscono alle difficoltà e non riescono ad affrontare le fatiche di una vita sempre più precaria. Fuori  non sanno dove andare, dove vivere, qui diventa tutto più “normale”.

Io manco da 24 anni dal mondo libero, ma sono convinto che ci sia, per chi ne ha voglia, la possibilità di lavorare per sopravvivere, mi chiedo però se il problema non sia che la società esterna fa paura. E fa paura in particolare ai ragazzi cresciuti in istituti “di correzione” per  minori: il loro reinserimento nella società è duro davvero, perché in galera si sentono protetti. È diventato quasi il loro mondo di riferimento, una parola, un saluto, una compagnia al gioco, un affetto, un surrogato di famiglia. Uscire diventa quasi un problema. Sono storie, appunto, estreme. Ma se in questi giorni si sta ad osservare quelli che escono con l’indulto, in alcuni  di loro dopo la gioia per la libertà riacquistata si vede proprio la paura: fuori ci sono troppe insicurezze.