Vita da sardine

Testimonianze dal carcere circondariale di Padova: quando si vive in sei-otto persone in una cella, stress stanchezza e nervosismo sono all’ordine del giorno

 

a cura di Giulio Ciccia, dicembre 2005

 

La questione del sovraffollamento nelle carceri non è certo nuova, già nel 2002 una protesta pacifica, analoga a quella avvenuta di recente nel carcere circondariale di Padova, aveva interessato più carceri italiane. Allora dal Ministero della Giustizia piovevano promesse circa la possibilità di far scontare la pena in patria agli stranieri, e soprattutto si parlava molto della costruzione di nuove carceri. Curioso osservare come in tre anni la situazione non sia affatto cambiata, o meglio sia invece peggiorata. Quella che segue è una testimonianza nata, subito dopo la protesta, dalla discussione di un gruppo di detenuti della Casa circondariale di Padova sul problema del sovraffollamento. Ci si interroga sulle soluzioni possibili, per il momento l’amministrazione ha pensato di ripiegare sui trasferimenti di un’ottantina di detenuti, ma la domanda che aleggia è sempre quella: il sovraffollamento delle carceri è un problema che riguarda solo il sistema penitenziario o interessa anche altre componenti della società? Altro elemento interessante che emerge dal testo è che nessuno dei detenuti presenti ha parlato di amnistia tra le misure da adottare per risolvere il problema.

Il sovraffollamento in carcere produce molti problemi psicologici che si ripercuotono sui rapporti tra detenuti e anche tra detenuti e agenti. Quando si vive in sei-otto persone in una cella, stress stanchezza e nervosismo sono all’ordine del giorno, in questa atmosfera sono frequenti comportamenti di sfogo eccessivo o di autolesionismo. Aumenta la paura di contrarre malattie e anche se si è in tanti paradossalmente non si sa con chi parlare, perché è praticamente impossibile avere momenti di intimità.

Tale situazione diventa particolarmente grave per le persone più fragili, che non conoscono il carcere o che hanno problemi di dipendenza. Per quanto riguarda il rapporto con gli agenti il sovraffollamento peggiora la comunicazione, anche quelli che sono più sensibili e umani nel rapporto con i detenuti diventano più freddi quando il carcere è sovraffollato. Inoltre pur trovandoci d’accordo sugli scopi della protesta in molti di noi permane la convinzione che questa sia stata in parte anche pilotata, per richiamare l’attenzione e chiedere che fossero fatti degli “sfollamenti”. Ora una domanda la facciamo noi all’amministrazione: è vero o no che sono stati trasferiti i detenuti che avevano avuto un ruolo più attivo nella protesta?

Alcune soluzioni possibili a questo problema potrebbero iniziare da quando si entra in carcere, operare cioè una selezione maggiore per fare in modo che persone con seri problemi sanitari o di tossicodipendenza scontino la loro pena in strutture più adatte, creando meno pericoli per se stesse o per gli altri. Per tutti andrebbero rafforzate le misure alternative, che costituiscono tra l’altro una buona occasione di rieducazione. Una maggiore attenzione dovrebbe essere anche applicata a come nel nostro carcere vengono assegnati i detenuti nelle varie celle. Capita infatti spesso che si entri in carcere per piccoli reati e che si esca in grado di compierne ben peggiori, aumentando quindi la probabilità di ritornarci.

Per quanto riguarda gli stranieri certo potenziare il meccanismo delle espulsioni potrebbe aiutare a ridurre il sovraffollamento, ma in molti c’è ancora la convinzione di una giustizia che lavora a due sensi, favorendo maggiormente gli italiani, ad esempio per l’assegnazione dei benefici, e non dando agli stranieri nessuna possibilità di inserimento. Questo accade anche perché molti stranieri, essendo privi di documenti, non sono neppure in grado di fornire un domicilio o una residenza dove poter scontare la pena alternativa al carcere. Forse il problema del sovraffollamento in carcere, sempre che le persone possano definirsi un problema, è uno dei tanti segnali di un malessere generalizzato. La criminalità è aumentata e si sta male in un carcere affollato, ma anche fuori la realtà è dura soprattutto per gli stranieri, gli onesti possono diventare delinquenti se costretti alla fame e alla miseria.