Se uno chiede al primo che passa…

La strana idea del carcere che ha il mondo dei “regolari”

 

di Flavio Zaghi, marzo 2006

 

Se uno chiede al primo che passa che idea ha del carcere, quello che rischia di sentirsi rispondere è: Il carcere? Un posto dal quale è più facile uscire che entrare. Questo infatti è ciò che si sente sempre più spesso dire in giro, sembra che il carcere sia un posto che se uno vuole starci, ci sta, altrimenti prende e se ne va, senza problemi. La televisione, molti giornali spesso gonfiano, giocando su questi luoghi comuni, ogni notizia che ha a che fare col carcere, sfruttando informazioni che chiunque, con un minimo di buon senso, tratterebbe con un po’ di cautela, tenendo d’occhio che la bilancia non penda né dall’una, né dall’altra parte.

La gente ascolta e guarda la televisione e legge i giornali, le notizie che risaltano, quelle più scandalose. Quando per esempio esce dal carcere un mafioso, grazie alla bravura di avvocati, gli stessi poi che sono in parlamento e al servizio dei politici, per decorrenza dei termini o per un vizio di forma, in tanti iniziano a chiedersi: ma come è possibile? Oppure si limitano a dire che è una vergogna e tutto finisce lì.

Succede che una qualunque persona, imputata di rapina o di furto, entra in carcere, viene interrogata dal Giudice, e poi, se è convalidato l’arresto, viene lasciata dentro in attesa di giudizio, senza aver riportato nessuna condanna  e nella condizione ancora di presunto innocente. A volte capita, non si capisce bene come ma capita, che passano i mesi e gli anni e del processo neanche a parlarne; è ovvio che dopo i tempi di carcerazione preventiva l’imputato vada a decorrenza dei termini e si veda improvvisamente aprire le porte del carcere. Cosa dovrebbe fare, rifiutare di tornare in libertà? Torna libero, riacquista la libertà che non si aspettava e aspetterà il processo che il più delle volte viene poi celebrato dopo parecchi anni.

Nessuno però si domanda: ma questa persona, dopo sei-sette-dieci anni, sarà ancora la stessa persona o sarà cambiata? Può anche essere che si sia creata una condizione di vita diversa da quando aveva commesso il fattaccio, e magari ha messo su famiglia e si è trovata un lavoro. La lenta ma inesorabile macchina della giustizia va avanti lo stesso per la sua strada, e alla fine si arresta e si incarcera questa persona, e poco importa se si rischia di distruggere quanto di buono può aver fatto per dare un taglio netto col passato. La perdita della famiglia, del lavoro, della casa, passa tutto in secondo piano quando la giustizia presenta il suo conto. È la legge stessa in casi come questi ad aver creato un delinquente, lo ha fatto entrare in un circolo vizioso dal quale difficilmente potrà uscire. Tutt’altra cosa sarebbe stata se questa persona avesse scontato subito la condanna per il male commesso, successivamente avrebbe avuto la possibilità di ricrearsi un’esistenza, la vita normale che ha diritto ad avere chi ha sì sbagliato, ma ha pagato e forse ha anche capito la lezione.

È diverso dal dire: hai sbagliato oggi che hai quarant’anni, paghi poi quando ne hai cinquanta o cinquantacinque. Cosa siamo, delle tartarughe che vivono due o trecento anni? La vita quella è, quando sei a cinquanta, sessanta calendari, che cosa vuoi o riesci ancora a costruire?!

 

Anche “la legge è uguale per tutti” è un modo di dire

 

Quando poi sento che in carcere ci stanno i fessi, perché quelli furbi non si fanno prendere, mi girano le scatole, perché è anche vero, però è altrettanto vero che il carcere è sempre più pieno di gente di un ceto sociale che è l’ultimo in basso: tossicodipendenti, persone con problemi anche psichici, poveracci che non possono permettersi una difesa all’altezza della situazione.

Altra cosa che si sente spesso, e che suona alle mie orecchie in modo proprio stonato, è quando si paragona il carcere ad un hotel di lusso. Bisogna veramente essere fulminati per sostenere un’idiozia del genere, oppure bisogna essere come certi politici, dotati di scarsa preparazione in materia di giustizia ed esecuzione della pena, ma prima di tutto privi di umanità. Quando sento fare questo paragone del cazzo, carcere-albergo di lusso, mi viene sempre in mente l’ex-ministro De Lorenzo, lui allora era rimasto in carcere sì e no sei mesi, e quando poi lo hanno fatto vedere nell’aula di tribunale al processo, pareva uno zombie. È strana la vita, quando arrestano me poi di solito nel giro di qualche mese metto su qualche chilo a causa dell’inattività e della sedentarietà, lui invece sembrava più un ostaggio in mano a qualche gang di sequestratori senza scrupoli; chiedete a lui se il carcere è paragonabile ad un albergo di lusso.

Io in questa catena di hotel ho dovuto vedere di tutto: mi è toccato dormire per terra a San Vittore, su di una coperta perché non c’erano brande, alle Vallette mi è andata un po’ meglio, ho trovato mezzo materasso, a Padova poi al circondariale eravamo in tre in un buco neanche adatto per una sola persona, col cesso lì in bella vista, neanche un separé per evitare di essere almeno testimoni anche oculari delle necessità fisiologiche dei propri compagni. Questi sono gli alberghi di lusso? Vi assicuro invece che non è il caso di stupirsi se più di qualcuno cerca di filarsela alla chetichella oppure non lascia la mancia quando finalmente potrà andarsene libero.