“Io? Sono nato per sbaglio”

 

di Dario M.

L’Eco di Gorizia, giugno 2008

 

Sono Dario M. e, come dicono i pellerossa, sono nato nel “mese delle foglie cadenti” ed ho visto 41 inverni; più precisamente sono nato il 19 novembre del 1966 a Padova. I miei genitori erano delle brave persone, mi hanno sempre voluto un gran bene; certo anche loro avevano i loro limiti, difetti e regole di vita alle quali io spesso mi ribellavo. Ne11972-73 ci siamo trasferiti a Trieste, dove siamo rimasti per otto anni; abitavamo a Rozzol, in via Revoltella e mio padre lavorava in centro a Trieste. Questi sono stati gli anni più belli della mia vita, da bambino e da adolescente. Quando nel 1981 siamo ritornati a Padova, dentro me stesso non ho mai accettato completamente il cambiamento e da lì in parte sono iniziati i miei periodi più problematici, anche se nella mia città ho subito trovato amici e compagni di scuola con i quali mi sono divertito; ma ho cominciato anche a sballarmi, visto che suonavo la batteria, fumava canne ed ogni tanto con il gruppo ci facevamo anche qualche trip (lsd), così, giusto per essere più creativi con la musica che componevamo tutti insieme. Nel 1991, quando avevo 24 anni, mio padre, che ne aveva 53, morì di tumore e noi, io, mia madre e mia sorella, ci trovammo d’improvviso come se il mondo ci fosse crollato addosso!

Nel 1992, l’8 di agosto, divento padre per la prima volta e mio figlio Tommy mi cambia la vita; quasi come svegliarsi da un lungo periodo di morte apparente. Purtroppo questi anni di gioia, soddisfazioni e spensieratezza durano poco: a soli 5 anni Tommaso si ammala di leucemia e, nell’aprile del 1997, muore ed io con lui. A quel punto, dopo 7 anni di matrimonio, il dolore insopportabile per la tragedia che improvvisamente ci travolse come una valanga, portò come conseguenza la separazione fra mia moglie e me.

Questo perché ognuno si chiuse nella propria solitudine e sofferenza; certo è che, con la mancanza di Tommy, il nucleo familiare si era spezzato in tanti frammenti che si sparsero nel

vento; ed io mi allontanai da mia moglie perché era diventata un’altra persona, ma principalmente perché non riuscivo più a vivere in quella casa dove avevo cresciuto e coccolato mio figlio, giocando e ridendo: senza di lui non potevo rimanere in quella che per

7 anni era stata la mia dimora. Ora non c’era niente da ridere.

Dal 1997 al 2001 ho vissuto una vita randagia, tirando avanti giorno per giorno, sperando che arrivasse anche per me la fine. Per un periodo, durato quasi due anni (1997-1999) ho fatto la vita dell’artista da strada, mi alternavo in coppia con un amico alla chitarra e allo jambè. Dormivo al Torresino, che è l’Asilo notturno comunale di Padova. Ero seguito dal Ser.T. della mia città, perché prendevo antidepressivi, tranquillanti e sonniferi, in più bevevo e mi drogavo spesso, ma non tutti i giorni. In quegli anni la vita per me non aveva più senso, eppure sono stato aiutato moralmente ed affettivamente da molti amici, tante amiche ed anche persone che ho incontrato per caso, a non lasciarmi andare fino al punto da spegnermi come una candela consumata. Durante questo periodo, durato quasi 5 anni, ho avuto i primi problemi con la legge e le forze dell’ordine: denunce, condanne e le prime carcerazioni.

Ad un certo, punto nel 2001, spinto da mia madre che nel frattempo si era ammalata, sono entrato per scontare una pena di 15 mesi nella Comunità a Cenacolo di suor Elvira, a Saluzzo (CN). Lì sono rimasto in tutto 26 mesi, perché suor Elvira mi ha riportato sulla strada della fede e della speranza.

Uscii da quella struttura di impostazione molto religiosa nel dicembre del 2003 e, dopo poco nel luglio de1 2004, mia madre se ne andò a raggiungere mio padre, in quel mondo che chiamiamo aldilà. Ed in quel periodo ho incontrato la mia attuale compagna e convivente con la quale ho due figli maschi: Ruben di un anno e otto mesi e Giordano di un anno. Adesso sono loro la mia vita, ma a quanto pare, un po’ per sfiga e un po’ perché anch’io sono un’anima in pena, mi ritrovo dietro le sbarre, perché sono rimasto istintivo come uomo, impulsivo nel carattere e ribelle nell’animo.

Per questo certe volte mi dico che “sono nato per sbaglio”, nel senso che i casi sono due: o sono io che ne combino troppe di cotte e di crude; oppure questo mondo, questi anni, in particolare dal 1997 al 2001 ed anche quest’ultimo periodo, non mi hanno dato più tanta serenità e sicurezza. Infatti oggi portare avanti una famiglia è diventata un’impresa quasi disperata.

Volevo concludere con questa riflessione: “A volte non tutto il male vien per nuocere”, infatti da quando sono qui in carcere a Gorizia, come nei due mesi di detenzione a Udine, ho avuto

modo di incontrare persone detenute che mi hanno aiutato, con piccoli/grandi gesti di generosità, comprensione e solidarietà e per questo li ringrazio e li rispetto; inoltre spesso fra una risata e l’altra, saltano fuori discorsi seri, come racconti divertenti.

Scusatemi se sono spesso ombroso e strano!

Dario (nato per sbaglio)