Frammenti

 

di Antonio Invito, settembre 2004

(Testimonianza tratta da Anagramma)

 

Il mio saluto particolare va a quanti hanno la pazienza, la curiosità di fermarsi un attimo a sbirciare una voce che viene da dentro, dove l’orizzonte è alto, dove anche il sole infilando lo sguardo… trattiene il respiro, dove la profondità dei pensieri coincide coi sentimenti, dove è la memoria la protagonista principale. Sono un cantante neomelodico. Vi racconto qualche frammento della mia storia, di come mi sono trovato in carcere. Nel 1989 inizio ad andare a scuola di musica e frequento un corso di canto. La voce c’è e velocemente imparo a modularla, a leggere la musica connettendola con le parole modulate che salgono su senza molta fatica. La passione piano piano mi pervade ed è il sogno: quello di cantare, di costruirmi una vita nella quale fare cose che mi piacessero; insomma l’idea di andare oltre la sopravvivenza, come facevano tanti miei amici, mi spingeva oltre, verso nuovi orizzonti. Non ci volle molto, iniziai a fare piano bar in vari locali. Si trattava di cantare nelle varie cerimonie (matrimoni, feste di comunione, di battesimi e cresime). Per tre o quattro anni ho fatto questo, perfezionando quella che sempre più diventava una professione vera e propria, che oltre a darmi di che vivere, mi appassionava e divertiva sempre di più. Le mie performance musicali erano sempre più apprezzate e poi che si trattava sempre di feste, il clima mi coinvolgeva. Lavorare per fare festa, annegato nei sorrisi e nei piaceri delle persone che mi stavano accanto mi regalava una dimensione della vita davvero piacevole. Non che non ci fossero problemi, quelli non mancano mai in ogni caso, ma mi risultava anche facile affrontarli e risolverli via via che si presentavano, ma erano di gran lunga maggiori i momenti piacevoli, di autostima ed autogratificazione in un clima di alta socialità che significava la costruzione di sempre nuovi rapporti e relazioni. Nel 1993 ho avuto il piacere di conoscere un grande arrangiatore di musica napoletana, all’epoca non molto conosciuto ma che avrebbe fatto fortuna in seguito. Si trattava del grande Gigi D’Alessio, oggi un grande della canzone nazionale. In quello stesso anno esco con un mio c d di cui molte canzoni del grande autore Vincenzo d’Agostino, quello che attualmente le scrive per D’Alessio. La mia carriera andava bene, anzi diventava sempre più vorticosa. Ma la carriera è come i soldi, come la libertà: non basta mai; in tale situazione spesso sorgono anche problemi di resistenza fisica e psicologica. E’ la velocità a guadagnare il sopravvento, dove velocità significa stress ma pure rapporti di un certo tipo. Come dire? Una socialità tutta in superficie, anzi: spesso sopraelevata, mai profonda, mai abbastanza lenta da assaporarla. Ed è stato in questo clima che ha fatto capolino la cocaina! L’impressione immediata che provai subito dopo le prime volte che ne ho fatto uso è stata positiva. Le mie prestazioni aumentarono senza nessuna fatica. Iniziai a sniffarla e ogni giorno avevo voglia di farlo di nuovo, mi sentivo forte ma non quando cantavo. Principalmente quando viaggiavo in auto, dopo che avevo lavorato; non lo so, era, per me, come se riuscissi a disfarmi di tanti impegni che avevo. Dopo dieci anni di questa vita convulsa mi sono fermato perche ero un po’ stanco. Ma pure perché mi ero sposato con il mio dolce amore da cui sono nati due figli molto voluti e molto amati. Ancora ora, naturalmente, i miei figli e mia moglie sono la sola vera speranza, la sola cosa che davvero mi aiuta a superare anche l’attuale difficoltà del carcere. Ma veniamo al resto. Nel periodo di sosta dall’impegno lavorativo, anche il giro dei rapporti e relazioni si sono andati modificando: frequentavo persone che, come me, avevano il problema di procurarsi le sostanze, un bisogno in crescendo… dove anche ogni bussola di “normalità” salta ed altri sono i riferimenti ed il senso stesso della vita. Mi portavo sempre dietro il ricordo e l’amore vissuto con mia moglie, insieme al… complesso di colpa che avevo nei confronti di chi mi aveva davvero amato occupandosi peraltro di accudire i miei figli. Sto parlando di mia moglie, ovviamente. Ma la vita sbattuta nelle “sostanze” induce a mettere in secondo piano i rapporti veri per lasciare libero corso a rapporti strumentali e di usura. In questo contesto ho conosciuto una donna, anch’essa alle prese con le sostanze. Con lei e con la cocaina sono volati via tutti i miei risparmi (e non erano pochi) fino a ridurmi a fare le rapine per poter comprare la cocaina. Una china che mi faceva sempre più sprofondare nella trappola del bisogno, sempre più pressante, della cocaina ad ogni costo! Una spirale irrefrenabile dove tutto e tutti vengono usati per il raggiungimento dell’unico scopo onnipresente, pressante, compulsivo. Era sempre la fame di cocaina a spingere ogni mio passo. E purtroppo si trattava di passi illegali per il procacciamento veloce di più soldi possibili. Se la penso adesso, era proprio una vita impossibile, oltre che aberrante. Anzi, si trattava di un’illusione di vita giacché ora posso dire tranquillamente che si trattava di una non vita! Per questo sono recluso dal 200l. Dopo due anni di detenzione nel carcere di Benevento, sono finalmente approdato all’ICATT di Lauro dove di più e meglio posso riflettere criticamente sulla mia storia, aiutato dagli operatori e dalle opportunità di risocializzazione che questo carcere offre. Il giornale è uno degli strumenti espressivi della Custodia attenuata, ma ci sono anche altri strumenti che consentono una rielaborazione della mia storia per superarla. Qui ho ripreso il mio vecchio mestiere di cantante nel laboratorio interno al carcere. Un’attività che di nuovo mi entusiasma e mi aiuta a credere che potrò ripartire da capo isolando l’aspetto che mi ha tagliato le gambe per non ripeterlo mai più. In questa rinata fiducia nelle mie possibilità molto mi aiuta la vicinanza di mia moglie e dei miei figli il cui bene ha saputo resistere anche alle sciocchezze che pure ho commesso e che hanno reso la vita difficile soprattutto a loro. Il mio saluto particolare, pertanto, è rivolto soprattutto alla mia famiglia che nonostante tutto non mi ha abbandonato e nel cui seno intendo rientrare, appena il carcere me lo consentirà, consapevole di dover recuperare il mio duplice ruolo di marito e padre che già una volta ho tradito, mio malgrado.