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Storia di una cooperativa che oggi, a Venezia, dà lavoro a 50 tra detenuti ed ex detenuti
(Realizzata nel mese di giugno 2002)
A cura di Francesco Morelli
Ne abbiamo parlato con Gianni Trevisan, il suo presidente
Gianni Trevisan l’ho incontrato alla Giudecca nel suo "regno", la sede della Cooperativa "Il Cerchio", durante un permesso premio "lavorativo", nel quale dovevo preparare il sito della cooperativa stessa. Un’impresa non da poco, visti i tanti "fronti" nei quali la cooperativa è impegnata, le attività in continua espansione, le richieste di lavoro che piovono da tutte le parti, perché una cooperativa che dà lavoro a tanti detenuti è una fonte di speranza, e le notizie, in questi casi, viaggiano in fretta da carcere a carcere, in una specie di passaparola che fa rapidamente lievitare il numero delle lettere di chi chiede una offerta di assunzione.
Il nostro scopo principale è quello di favorire l’integrazione sociale dei detenuti ed ex detenuti
Quando nasce la cooperativa "Il Cerchio" e quali obiettivi si propone? La cooperativa è stata costituita nel settembre 1997, però l’attività operativa ha avuto inizio nel 1998, con l’assunzione di un socio lavoratore ex detenuto. Nel 1999, grazie ad una convenzione con il Consorzio Venezia Nuova e l’AMAV, la cooperativa raggiunge già un fatturato di 680 milioni, che sale a 1 miliardo e 30 milioni nel 2000 e a 2 miliardi e 75 milioni nel 2001. Il nostro scopo principale è quello di favorire l’integrazione sociale dei detenuti ed ex detenuti; in maniera più marginale ci occupiamo anche di persone con problemi di tossicodipendenza.
A quante persone date lavoro e che tipo di attività svolgete? Finora in cooperativa sono transitate 140 persone, tra le quali 90 in misura alternativa alla detenzione (semiliberi, affidati, articolo 21, arresti domiciliari, sospensione pena). Oggi vi lavorano 35 persone in misura alternativa e 15 ex detenuti. Inoltre abbiamo 10 lavoratori "normali" (nel senso che non hanno avuto alcun disagio sociale), e 10 soci volontari, per un totale di 70 persone impegnate. Le attività che svolgiamo sono piuttosto diversificate e vanno dalla pulizia e manutenzione dell’arenile dell’isola di Pellestrina, a vari servizi di igiene ambientale a Mestre, Lido, centro storico, a lavori di manutenzione ordinaria di edifici scolastici del centro, alla custodia e manutenzione dell’isola della Certosa, alla custodia e pulizia dei bagni pubblici di Venezia e Lido, e altro ancora. Poi abbiamo due laboratori di sartoria, che impegnano 3 sarte. Uno è a Piazzale Roma, un posto centralissimo dove ogni giorno passano 25 – 30.000 persone, il secondo è a Sacca Fisola, dà lavoro a una sarta e pone in vendita i propri prodotti nel mercatino che si tiene ogni venerdì.
Quindi voi svolgete soprattutto delle commesse di lavoro per gli Enti pubblici. Come riuscite a farvi assegnare gli appalti, quando le ditte concorrenti potrebbero fornire dei lavoratori "normali" per svolgerli? La nostra cooperativa è molto competitiva sia perché pratica prezzi bassi, sia perché offre un personale preparato, che garantisce efficienza sul lavoro. Questo, però, non vuole dire che trovi sempre committenti che ti dicono: "Ma come siete bravi a dare lavoro ai detenuti…". In quanto alla competizione con i lavoratori "normali" posso dire che i semiliberi e gli affidati creano pochi problemi dal punto di vista lavorativo, qualche problema in più nasce quando finiscono la pena, ma comunque spesso meno rispetto ai lavoratori "normali".
Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate, nella gestione del personale? Un problema che avvertiamo molto è il fatto che i nostri soci lavoratori non si assumono volentieri delle responsabilità e, quindi, facciamo fatica a costituire dei livelli gerarchici all’interno della cooperativa. Un’ulteriore difficoltà è che le persone provenienti da un’esperienza di carcere non accettano di essere comandate da chi si trova nelle loro stesse condizioni, lo accettano soltanto "dagli altri".
Nell’organizzazione generale della cooperativa, invece, dovete misurarvi con problemi particolari? Un punto dolente è senz’altro la mancanza di liquidità, che frena di molto l’espansione della cooperativa: pur lavorando prevalentemente con Enti pubblici e, quindi, con sicurezza di pagamento, accade molto spesso che le fatture vengano liquidate con un certo ritardo, causando problemi per l’erogazione puntuale degli stipendi e per l’acquisto di materiale utile per l’espletamento di certi lavori e per la ricerca di altri… senza contare i costi di interesse delle banche per i fidi e gli anticipi fatture. In tutti questi anni i finanziamenti ricevuti da enti (in quanto cooperativa sociale) sono stati esigui: la Regione ha stanziato 17 milioni per l’acquisto di un autocarro; la Provincia 8 milioni, per l’acquisto di macchine da cucire professionali per un laboratorio di sartoria all’interno del carcere; 7 milioni, sempre per l’acquisto di materiali, sono arrivati dalla Fondazione Carive. Praticamente, l’attività, e quindi l’espansione della cooperativa è stata possibile grazie all’impegno del volontariato. Oggi però, pur rimanendo cooperativa sociale, i numeri evidenziano che siamo una piccola azienda in crescita, e serve un salto qualitativo che ci permetta di dimostrare la nostra professionalità e competenza in determinati settori. Per fare questo ci servono dei coordinatori, ma dobbiamo anche fare dei progetti per la formazione e poi realizzarli direttamente, perché con i detenuti di Venezia raramente si fa la formazione che realmente serve. Servirebbero corsi nel settore dell’edilizia: muratori, idraulici, elettricisti, piastrellisti...
Quale tipo di formazione viene fatta, nelle carceri di Venezia, e quale servirebbe? Al femminile (la Giudecca), ad esempio, si sono fatti cinque corsi di ceramica in 5 anni, corsi belli, piacevoli, ma che non danno uno sbocco occupazionale alle persone che li frequentano. Conosco una detenuta che ha preso cinque diplomi… Ma anche i corsi di orticoltura ogni anno vengono ripetuti quasi sempre uguali, ma poi il lavoro tarda ad arriva. Invece ci accorgiamo che c’è una richiesta frequente per interventi di edilizia, richiesta che non può essere soddisfatta totalmente perché mancano figure professionali di riferimento. Quindi servirebbero corsi nel settore dell’edilizia (muratori, idraulici, elettricisti, piastrellisti), anche perché a Venezia ci sono 4.000 appartamenti di proprietà pubblica da ristrutturare e mettere a norma. C’è una forte richiesta di personale che sappia fare questi lavori e il compenso orario offerto è di 20 – 25 euro.
Per quanto riguarda il lavoro all’interno delle carceri, gli incentivi della legge Smuraglia aprono veramente nuove prospettive di sviluppo? Con la legge Smuraglia il costo di un lavoratore detenuto è pari a un terzo di quello che costa un lavoratore fuori dal carcere e voglio spiegarlo con i numeri, per essere più chiaro: Adesso il direttore di un carcere che ha le strutture adatte per avviarvi delle lavorazioni (ad esempio quello di Padova) non ha più alcun alibi, deve soltanto assumere (con un contratto di tipo privatistico) un procacciatore di lavoro, che riesca a trovare le commesse. Il Due Palazzi di Padova ha delle aree che potrebbero essere utilizzate per delle lavorazioni, con dei controlli minimi alle merci in entrata e in uscita e utilizzando dei lavoratori detenuti ammessi all’articolo 21 interno.
La vostra cooperativa dà lavoro anche all’interno delle carceri? Al carcere maschile di Venezia, che è una Casa Circondariale, è difficile fare dei progetti a lungo termine, perché c’è troppa turnazione dei detenuti. Al femminile, anche grazie ai finanziamenti degli Enti locali, abbiamo un laboratorio dove sono impegnate tre sarte e dovrebbe partire un laboratorio di pelle antica veneziana.
Qual è la situazione complessiva del mercato del lavoro a Venezia e quali prospettive ci sono anche per la cooperativa "Il Cerchio"? In 20 anni, a Venezia, sono stati espulsi dalle attività produttive 20.000 operai e questo è successo principalmente a causa dei maggiori costi per il trasporto delle materie prime in arrivo e dei prodotti lavorati in partenza. Oggi io credo che si possa puntare soltanto sull’artigianato, che realizzi prodotti per il mercato veneziano. Per quello che riguarda la cooperativa un possibile settore di espansione è l’apertura di punti vendita al porto, all’aeroporto e alla stazione ferroviaria, con bollettini informativi e vendita di prodotti artigianali come le borse.
Concludo con una domanda personale: tu, Gianni Trevisan, sei soddisfatto di aver messo in piedi questa cooperativa sociale? Io ho fatto il sindacalista per 30 anni ed ho vissuto esperienze stupende, specialmente negli anni 70, quando grazie alle lotte dei lavoratori si è costruita la coscienza civile di questo paese, ma l’esperienza più gratificante è senza dubbio quella che sto vivendo adesso, con la cooperativa. Devo solo aggiungere però che sono un po’ stanco e cerco qualcuno a cui poter passare in parte il testimone.
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