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Dieci anni di Agesol L’Agenzia di Solidarietà per il lavoro, con la sua grande esperienza di progetti di orientamento/inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti, punta ora all’attivazione di una rete nazionale di soggetti operanti sul terreno lavoro/penalità
(Realizzata nel mese di settembre 2007)
Intervista a cura di Marino Occhipinti
AgeSol compie dieci anni, dieci anni in cui ha fatto da ponte tra i detenuti che vogliono iniziare un percorso professionale, e le imprese e cooperative sociali disponibili ad assumerli. “Scopo di AgeSol è favorire e promuovere l’inserimento sociale, attraverso il lavoro, di detenuti ed ex detenuti, superando le difficoltà strutturali del mercato del lavoro, i vincoli della condizione detentiva e i luoghi comuni associati alla figura del detenuto”: già nella definizione degli scopi di questa Agenzia un po’ particolare sono elencate, in fondo, le grandi fatiche di chi tenta di dare alle persone che escono dalla galera un’altra opportunità. Ne abbiamo parlato con Licia Roselli, che di AgeSol è il direttore.
In questi anni, come si è modificata la realtà di AgeSoL? Mi rifaccio a quanto ha detto il nostro presidente Sergio Cusani all’assemblea annuale dei soci di giugno: “Sull’attività di AgeSoL nel 2006 e gli scenari del 2007, nonostante sia stato un anno di transizione sia per quanto riguarda il contesto carcerario sia per AgeSoL stessa, segnaliamo il segno positivo, e questo è dovuto soprattutto all’impegno dello staff operativo dell’agenzia. Dobbiamo registrare un anno di grandi cambiamenti al nostro interno, in cui si è avuto anche un cambio di presidenza. Dobbiamo registrare una vittoria “politica” in quanto, dopo circa 10 anni di sperimentazione di progetti di orientamento/inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti, nel 2007 la Provincia (ente preposto) ha deciso di assumere finalmente direttamente le politiche attive per il lavoro per soggetti svantaggiati (tra cui i ristretti). Quindi riteniamo di aver aperto una strada nel 1998 e di aver chiuso un ciclo, adesso siamo ad una svolta”. In ogni caso, AgeSoL è consapevole di trovarsi in una fase in cui è necessario ridefinire il proprio ruolo, da rilanciare sulla base di un progetto di largo respiro, che tenga conto delle trasformazioni del carcere e dei nuovi profili della popolazione detenuta (detenzione sociale, stranieri, dipendenti da sostanze, sofferenti psichici…). Questo recupero di progettualità deve poter riportare l’agenzia al centro delle attività complessivamente indirizzate sui problemi penali, in tutte le loro articolazioni.
Ti riferisci a un cambiamento di obiettivi dell’agenzia? Ad esempio, ci siamo posti il problema se sia ipotizzabile un allargamento dell’area di interesse dell’agenzia, puntando alla definizione di un proprio ruolo rispetto ai Lavori di Pubblica Utilità (LPU): un ruolo da progettare a partire dalla legge sulle competenze del Giudice di pace e dalle prospettive riparative e riconciliative che con questa legge sono entrate nel nostro ordinamento. E poi dobbiamo prendere in considerazione l’attivazione di una rete nazionale di soggetti operanti sul terreno lavoro/penalità: questa esigenza emerge da qualche tempo in modo assai forte e alcuni soggetti stanno ipotizzando di avviare questa esperienza, che nascerebbe in tal modo senza quei requisiti che, almeno attualmente, soltanto AgeSoL possiede in misura adeguata all’impegno.
In quali carceri svolgete la vostra attività? Quante persone avete avviato al lavoro in questi anni, quali sono i numeri della vostra attività? E poi, cosa fate, concretamente, per trovare lavoro alle persone detenute? Dal 1999 al 2007, con i progetti di orientamento ed inserimento lavorativo nelle quattro carceri della provincia milanese (San Vittore, Opera, Bollate, Monza) e con lo sportello esterno per utenza non detenuta, siamo riusciti a contattare 5.228 persone, 2.338 delle quali hanno intrapreso un percorso di orientamento. Di queste, 629 sono state inserite effettivamente al lavoro. Delle persone contattate nel corso degli anni, poco meno della metà – il 45 per cento circa – aveva i requisiti per intraprendere un percorso d’approfondimento e di orientamento al lavoro. Di questi, per il 27 per cento si è reperita una postazione lavorativa, quindi praticamente un utente su tre ha concluso il percorso d’orientamento con l’inserimento lavorativo.
Quali sono le difficoltà più frequenti che incontrate? Naturalmente i problemi non sono mancati: ci siamo scontrati sia con la limitata varietà d’offerte lavorative, per l’aggravarsi della crisi economica che colpisce tutti i soggetti ed a maggior ragione quelli più deboli sul mercato del lavoro, sia con la professionalità della maggioranza degli utenti che risulta piuttosto generica e con la loro età piuttosto elevata per le esigenze del mercato. La condizione socioeconomica prevalente degli utenti evidenzia la stretta necessità di un lavoro e di un reddito pieno e continuato, inoltre non tutti hanno la possibilità di muoversi con un mezzo proprio e questo limita ulteriormente il ventaglio delle possibilità d’inserimento lavorativo. Altro problema sono i detenuti od ex detenuti stranieri la cui problematicità primaria risiede nel possesso o meno del permesso di soggiorno, con situazioni abitative/familiari instabili o inesistenti. I profili dei detenuti in stato di restrizione comportano il confronto con avvocati, operatori sociali, volontari, educatori e direzioni penitenziarie, per comprendere l’effettiva fattibilità di accedere ad una misura alternativa al carcere. Questo dilata notevolmente i tempi d’attuazione di un progetto, in contrasto con i tempi delle aziende che, qualora fossero disponibili ad un inserimento, rispondono al ritmo e alle necessità del mercato e che talvolta esprimono il desiderio di avere un contatto diretto con i candidati.
E riguardo all’indulto, cosa siete riusciti a fare per le persone che sono uscite? Il 2007 è stato un anno di svolta per tutto quanto attiene ai servizi/progetti che riguardano l’incontro domanda offerta di lavoro per i ristretti. Diverse sono state le iniziative avviate, predisposte da enti diversi come risposta al provvedimento di indulto del 31 luglio 2006, dopo la positiva esperienza realizzata nell’imminenza del provvedimento che ha visto la costituzione di un Tavolo formato da Comune di Milano e Monza, Provincia di Milano, Regione Lombardia, Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, direzioni delle carceri e Ufficio esecuzione penale esterna, associazioni/cooperative e consorzi del privato sociale e del volontariato carcerario milanese e di Monza (progetto Orfeo, progetto Lisola, progetti Quadro per l’integrazione sociale e lavorativa di detenuti/e ed ex detenuti e adulti e minori che hanno beneficiato dell’indulto, interventi finanziati dagli enti locali). Inoltre la Provincia di Milano ha istituito il Tavolo di programmazione “Lavoro dopo l’indulto” con l’intendimento condiviso di operare sinergicamente, ciascuno nel proprio ruolo, per concretizzare i percorsi d’integrazione lavorativa e sociale nel territorio della Provincia di Milano relativi alle persone che fruiscono della misura dell’indulto, in una più ampia cornice di progettualità inerente l’inserimento lavorativo e l’inclusione sociale delle persone limitate nella libertà.
Abbiamo letto del progetto Áncora Lavoro: ce ne vuoi parlare? Si tratta di un “percorso di integrazione lavorativa per persone in esecuzione penale ed ex detenute” al quale partecipano a vario titolo, oltre a noi, il Comune di Milano, la cooperativa sociale A&I, l’associazione Amico Charly e la fondazione Enaip. Il progetto interessa le persone già scarcerate o in procinto di uscire grazie al provvedimento di indulto che siano residenti nel Comune di Milano. L’obiettivo è quello di integrare e consolidare le metodologie di intervento già esistenti nel territorio della città di Milano, così da contribuire all’attivazione di percorsi d’integrazione sociale e lavorativa per gli indultati, che saranno “presi in carico” ed accompagnati al lavoro. Il progetto, finanziato dalle risorse economiche del Fondo sociale europeo, è cominciato ad inizio 2007 e si concluderà a fine gennaio 2008. Il totale delle borse lavoro erogabili è di 25 – 13 a donne e 12 a uomini –, ciascuna della durata di cinque mesi per un sostegno economico mensile di 500 euro. È ancora prematuro fare bilanci, che comunque sembrano molto positivi, anche perché ci siamo occupati di persone che avevano poche risorse economiche e sociali, e che quindi avrebbero potuto finire nuovamente in carcere.
A quali altri progetti di inserimento lavorativo e sociale partecipate? In generale, eroghiamo consulenza e diffondiamo a livello nazionale il nostro modello di servizio di incontro domanda/offerta di lavoro per soggetti ristretti nella libertà. Concretamente, partecipiamo al progetto Sp.In. con l’Uepe, ovvero la gestione di un servizio informativo verso la rete del territorio dedicato a ex detenuti, persone in misure alternative e loro familiari. Questo progetto vede la gestione congiunta dei dieci partner di progetto di uno sportello centrale presso l’Uepe, aperto tre pomeriggi la settimana, e la gestione di dieci sportelli decentrati presso le sedi dei partner, una volta a settimana. Quello di AgeSoL è aperto il lunedì mattina. Abbiamo sperimentato progetti di accompagnamento sociale, tipo il progetto Tesi, e di rientro in patria assistito per detenuti stranieri con decreto di espulsione, il progetto Odisseo. Inoltre partecipiamo ad altri progetti di orientamento ed inserimento lavorativo di soggetti provenienti dal circuito penale nel milanese (progetto Stra.Li per donne detenute, progetto Ancora Lavoro) con la funzione di valutazione/monitoraggio. Gestiamo un progetto sperimentale denominato Infopoint Imprese, il cui intento è di sensibilizzare il mondo delle imprese all’inserimento lavorativo di detenuti o ex detenuti. Il progetto consiste nella consulenza alle imprese, nella sensibilizzazione del contesto produttivo, nella creazione di una newsletter dedicata ai contatti avuti con le imprese, e infine nella formazione per funzionari delle associazioni imprenditoriali, per funzionari e delegati sindacali, per operatori dell’orientamento, per operatori penitenziari e dei servizi sul territorio
Ecco, a proposito delle imprese, come reagiscono alle vostre richieste? In linea di massima le aziende non sono contrarie all’idea di provare con i detenuti, ma è difficile reperire poi una reale disponibilità. Stiamo ancora provando ad esplorare le sensibilità delle aziende a partire dalle loro associazioni e con il sindacato, ma il cammino è lungo e lento, anche perché le nostre esigenze non sono certo tra le loro priorità.
Anche per questo è molto importante il tutoraggio per l’inserimento lavorativo di chi esce dal carcere? Per i nostri progetti il tutor è sempre stato molto importante, tanto che, proprio per la completezza delle azioni di orientamento ed accompagnamento lavorativo, sarebbe opportuno affiancare anche il tutor sociale, figura che facendosi carico di un tutoring generale possa attivare una rete di sostegno per chi è sprovvisto di capitale sociale o/e reti relazionali. La funzione del tutor è quella di accompagnamento a tutto tondo. Il tutor agisce su due fronti, quello aziendale e quello verso il detenuto, su tutte le problematiche che insorgono nei due versanti per facilitare al meglio l’inserimento. Perché, a parte le cooperative che possono conoscere bene la situazione dei detenuti, le aziende invece non sanno prendersi in carico uno che ha orari rigidissimi, regole imposte, controlli della polizia, e hanno bisogno di essere aiutate ad occuparsi di tutte queste pratiche. E il detenuto ha tempi e modalità diverse di adattamento al posto di lavoro. Inoltre il tutor si presenta al lavoro, contatta l’imprenditore e il lavoratore, verifica l’andamento del percorso e agisce per rimuovere qualsiasi ostacolo o impedimento; sia l’uno che l’altro possono contattare il tutor per qualsiasi cosa, per informazioni o per problemi. È un sostegno molto importante!
Pensi che nell’ambito del vostro lavoro possano servire dei provvedimenti, anche legislativi? Sicuramente. Nella legislazione che riguarda propriamente il lavoro, ma anche in quella che riguarda “il prestito d’onore”, bisognerebbe inserire come “soggetti svantaggiati” anche tutte le persone che transitano nel penale. E poi è certamente necessaria la modifica di alcuni articoli della legge Smuraglia, ovvero estendere anche alle aziende profit – private ed anche pubbliche, e non solamente alle cooperative sociali – la possibilità di avere agevolazioni fiscali e contributive per tutte le persone del circuito penale, e non soltanto per gli articoli 21 come invece avviene adesso, ma anche per semiliberi, affidati ed ex detenuti almeno per un certo periodo. Infine, bisognerebbe ampliare i benefici anche alle persone che ottengono il provvedimento d’indulto.
AgeSoL - Agenzia di solidarietà per il lavoro, Via Pancrazi, 10 – 20145 Milano agenzia@agesol.it - www.agesol.it
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