Avvocati di Strada a Bologna

Si occupano dei senza fissa dimora, li assistono per far avere loro una residenza, li sostengono nelle loro necessità, li vanno ad aiutare lì dove loro vivono

(Realizzata nel mese di marzo 2004)

 

A cura di Ornella Favero e Francesco Morelli

 

Antonio Mumolo, avvocato, è uno dei fondatori dell’associazione "Amici di Piazza Grande", creata nel 1994 da 29 soci fondatori, la maggior parte dei quali senza fissa dimora, ed è coordinatore del progetto "Avvocati di Strada" a Bologna. Lo abbiamo intervistato perché ci interessa questa esperienza, e speriamo che nasca al più presto pure a Padova. E si occupi, se possibile, anche di chi sta in carcere, e spesso, per esempio, non può accedere alle misure alternative perché non ha un domicilio, e il Comune non ritiene che la residenza in carcere dia diritto a usufruire dei suoi servizi.

 

Quali sono gli obiettivi che si è data l’Associazione "Amici di Piazza Grande"?

L’associazione si occupa dei senza fissa dimora e quindi dell’assistenza e del recupero sociale di queste persone e pubblica un proprio giornale, che si chiama Piazza Grande ed è l’unico in Europa interamente redatto, gestito e venduto da persone senza fissa dimora; persone tra l’altro che per mezzo della vendita del giornale ottengono anche un minimo (dal punto di vista economico) per la loro sussistenza. Cosa ben diversa è vendere un giornale da quella di chiedere la carità e quindi è anche questo un buon risultato ottenuto.

Nell’associazione fin dall’inizio abbiamo fatto un ragionamento di auto-aiuto: non c’è il solidarismo, c’è la solidarietà verso quelle persone che, in quel preciso momento della loro vita, si trovano svantaggiate. Queste persone devono contribuire ad aiutarsi, per questo abbiamo creato dei laboratori di varie tipologie: una falegnameria, dove ristrutturiamo mobili che la gente butterebbe via per poi rivenderli, una sartoria, un centro dove si riparano biciclette, un laboratorio teatrale con una sua compagnia anch’essa composta da senza fissa dimora.

Tra l’altro quest’anno è stata chiamata dall’Antoniano per fare alcune rappresentazioni che ci hanno dato grande soddisfazione, è stata per noi una bella proposta.

 

Come è nata l’idea di una tutela giuridica dei senza fissa dimora?

Ad un certo punto, nella nostra attività che si sta sempre più espandendo, abbiamo avvertito la necessità di dare a queste persone anche una tutela giuridica, questo perché nel 1999 ci eravamo resi conto di un certo irrigidimento della città nei loro confronti, quasi che essere poveri fosse una colpa e non uno status, una condizione, in cui ognuno di noi si potrebbe ritrovare nel corso della propria vita; da questo irrigidimento nasceva una serie di prevaricazioni e abusi, che ci hanno convinto a portare avanti questo progetto giuridico, organizzato esclusivamente per queste persone.

Così è nato Avvocati di Strada, ed è stato il primo progetto in Italia di tutela giuridica organizzata.

 

Avete dovuto vincere delle resistenze da parte di colleghi avvocati e del vostro Ordine?

Dal momento che questo progetto non si limita alla sola consulenza o informazione, perché noi facciamo per loro le cause in maniera del tutto gratuita, abbiamo fatto un incontro iniziale con il presidente dell’Ordine degli avvocati e tutti gli altri colleghi, sostenendo da subito questa posizione di necessità di tutela giuridica gratuita indipendentemente dall’esistenza o meno del gratuito patrocinio, chiedendo anche un confronto con il Consiglio dell’Ordine, perché in precedenza alcuni colleghi erano stati redarguiti per aver operato gratuitamente in favore di soggetti svantaggiati. In questo caso il Consiglio dell’Ordine non ci ha creato nessun problema, anzi, ha ritenuto che la nostra fosse un’attività meritoria.

Quando siamo partiti con questa iniziativa eravamo solo in due avvocati, oggi siamo in ventiquattro tra avvocati e praticanti. Molti altri vorrebbero far parte di questo progetto e sono talmente tanti, che per poterli inserire abbiamo dovuto creare una lista d’attesa. Ci siamo strutturati come un vero e proprio studio legale, abbiamo un archivio, una segreteria (aperta tutte le mattine), abbiamo un numero telefonico che può essere chiamato in qualsiasi momento (ventiquattro ore su ventiquattro, perché in teoria può esserci una necessità urgente come un arresto o altri inconvenienti), abbiamo uno sportello presso la sede dell’associazione "Amici di Piazza Grande", dove riceviamo due volte la settimana (una per il penale una per il civile).

Ci siamo anche resi conto che alcune persone che frequentano i dormitori non si rivolgevano a noi (forse per impossibilità o forse per incapacità), e quindi abbiamo deciso di andare noi da loro a riceverli due sere alla settimana. A questo punto siamo disponibili quattro volte alla settimana, dopo aver preso accordi in questo senso con chi gestisce i vari dormitori per poter operare in questo modo. Inoltre abbiamo ricevuto la disponibilità di altri trenta e più colleghi che, non avendo molto tempo disponibile, si sono però offerti per almeno una - due cause all’anno gratuitamente.

Ci sono poi una serie di processi che si devono svolgere in altre parti d’Italia, e per poter seguire ugualmente quelle persone (che in quel momento si trovano a Bologna in dormitori, stazione, strada…) ci stiamo attivando con una rete di colleghi che ci possono dare una mano per presenziare gratuitamente e personalmente alle udienze per i nostri clienti.

 

Avete a Bologna una rete di strutture che possano rispondere a tutte le necessità dei senza fissa dimora?

Abbiamo creato un rapporto con tutte le associazioni che si occupano di diritti e i centri nel territorio di Bologna, per cui se c’è una questione relativa a uno straniero (permesso di soggiorno, ricongiungimento famigliare) che vive magari in strada, noi abbiamo contatti con i centri diritti dei sindacati e non li mandiamo lì ma li accompagniamo personalmente, perché spesso a queste persone, se gli si dice di andare in un posto, poi non ci vanno. Se c’è un problema previdenziale li accompagniamo in un patronato. Abbiamo contatti con associazioni e sindacati per problemi legati al lavoro. Quindi abbiamo creato una rete di soggetti che ci hanno sostenuto fin dall’inizio e continuano a sostenerci senza chiedere nulla, nemmeno la tessera che è obbligatoria per rivolgersi a queste associazioni.

 

Sono tanti i casi di cui vi siete occupati finora?

Noi siamo aperti da tre anni, ed io ho fatto una stima che, dal primo gennaio 2001 al settembre 2003, abbiamo affrontato 352 pratiche suddivise tra uomini e donne e tipi di casi (ora siamo a più di 400). Funzionando come un normale studio legale, garantiamo il mandato, la pratica, la privacy, per cui tutte le notizie in possesso non possono uscire dal nostro ufficio. Erano 352 casi divisi tra diritto del lavoro, separazioni, recuperi crediti, incidenti stradali, multe ed altri. Nell’area civilistica 230 casi, di cui 67 donne. Nell’area penalistica 122 casi, e di questi casi 18 donne, per un totale di 352 casi, e questo vi può far capire qual è la necessità che c’era in una città come Bologna di una organizzazione come la nostra.

Tenete comunque conto che non esiste più la figura classica del clochard, esiste invece una popolazione di persone senza fissa dimora legate a casi particolari, alcolismo, tossicodipendenza, abbandono, problemi psichici, e ci arrivano sempre più persone che sono povere. Persone cadute in povertà. Ci sono i nuovi poveri. Questo è un fenomeno talmente diffuso, che da noi viene il pensionato con la minima pensione che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese e come loro tante altre categorie di persone in difficoltà.

 

Ma chi sono allora esattamente i vostri "clienti"?

Ultimamente si vedono molte più persone che finiscono in strada non per propria scelta o volontà, adesso si rischia di finire in strada per niente, non ci sono più tutele, regole, garanzie, e grazie ai tagli del welfare non ci sono più aiuti. Ci sono una serie di problematiche, come una semplice separazione, che possono rischiare di far finire in strada una persona. Pensate appunto alle conseguenze di una separazione: divisione dei beni, la casa che va alla madre che deve dare ai figli un tetto, la possibile nascita di problemi sul lavoro e quindi il conseguente licenziamento a 45/50 anni. Questa persona nel mondo del lavoro diventa incollocabile e sfido chiunque a dimostrarmi il contrario, quindi questa persona finisce in strada, cioè un luogo dove non si sarebbe mai immaginata di finire. Ripeto, riceviamo sempre più spesso persone di questo genere. Ho detto questo per far capire in qualche maniera quanto è importante che non solo a Bologna ci siano sportelli di questo genere. Uno degli obiettivi che abbiamo appunto è di aprire e coadiuvare nuovi sportelli di questo genere in altre città, per poter aiutare soggetti svantaggiati che sono in continuo aumento dappertutto. In ogni città ci sono associazioni che si occupano dei senza fissa dimora, ma spesso non ci sono sportelli legali che si occupano della tutela legale e dei diritti di queste persone.

 

Esiste in altre città l’esperienza degli avvocati di strada?

Una esperienza analoga è nata a Verona, al momento poi abbiamo contatti su Roma con una serie di associazioni tra cui quella dell’ex senatore Manconi, che da poco è stato nominato garante dei diritti dei detenuti ed è interessato a un’iniziativa analoga, abbiamo contatti a Torino con Don Ciotti, dopo che i colleghi di Torino (che collaborano con lui) sono venuti a trovarci a Bologna per vedere come ci siamo organizzati, per poi provare anche loro a fare qualcosa di simile, inoltre abbiamo contatti di questo tipo anche su Milano e Napoli.

Ecco, noi pensiamo che esperienze del genere debbano essere estese il più possibile anche in altre città. Tra l’altro, rispetto alle risposte che abbiamo avuto noi, posso dire che sono davvero tanti i colleghi disposti a offrire almeno un pomeriggio al mese del loro tempo per far parte di un progetto di volontariato e solidarietà del genere.

 

C’è qualche causa particolare che avete fatto?

La nostra pratica numero 1 era un signore che da due anni e mezzo dormiva in un dormitorio pubblico, aveva perso la residenza del suo Comune di provenienza e l’aveva chiesta presso il Comune di Bologna. Il Comune non concedeva la residenza a nessuna delle persone che dormivano nei dormitori pubblici, pur essendo i dormitori gestiti dal Comune stesso, così gli abbiamo fatto causa, per ordinargli di dare la residenza a quella persona, perché la residenza è un diritto di tutti i cittadini, senza non si ha diritto nemmeno all’assistenza sanitaria, non si hanno diritti come votare, non si può avere un libretto di lavoro, una partita IVA. In sostanza non si è cittadini, e in queste condizioni si può solo andare ancora più a fondo. Questa persona aveva trovato un lavoro, ma senza la residenza non poteva essere assunta.

Il Comune di Bologna si è costituito in giudizio insistendo sulla sua tesi, ha perso, quella persona ha ottenuto la residenza, insieme a lui hanno ottenuto la residenza altre 300 persone che dormivano presso i dormitori, da quel momento siamo passati anche a quelle persone che non dormivano presso i dormitori ma per strada, in stazione, perché i dormitori ospitano se va bene il 60% dei senza fissa dimora, l’altro 40% rimane in strada, però anche queste persone meritano la residenza, la possibilità di trovare un lavoro, di essere assistiti dal servizio sanitario nazionale.

Ora tutte queste persone hanno o possono avere la residenza a Bologna, purché dimostrino di essere reperibili in un tal luogo della città ad un controllo dei Vigili Urbani. In ogni città esistono vie fittizie, a Bologna è via senza tetto, in altre via senza nome, esistono vie fittizie in cui il comune deve dare la residenza a tutte queste persone, solo che questo non tutti lo sanno.

Questa è stata la nostra prima causa, poi ne abbiamo fette altre, ma un paio soprattutto di una certa rilevanza, su questioni relative ai minori. Spesso ci sono persone che vivono in strada che hanno problemi legati all’alcolismo, alla tossicodipendenza, persone che hanno anche dei figli. Magari vivevano in un appartamento, poi perché non hanno pagato il canone di locazione o per altri motivi si trovano in strada con gli stessi figli, e bisogna aiutarli. Preciso che è giusto e corretto che gli assistenti sociali si occupino dei figli insieme al Tribunale dei Minori, perché l’interesse prevalente è il loro. Ci sembra però un po’ scorretto che gli assistenti sociali e lo stesso Tribunale non si rendano conto che, se una persona si trova in quel momento in quello stato (tossicodipendenza, alcolismo o altro), quella persona può tornare a uno stato di normalità. Prendere questi bambini e affidarli direttamente a soggetti terzi, quindi impedendo completamente per il futuro ai genitori di vederli, non è questo un aiuto, anzi, forse rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso in senso negativo per quella persona, convincendola in maniera definitiva di non avere più nessuna speranza.

I soggetti che normalmente si trovano in questa situazione hanno una famiglia, genitori, fratelli, sorelle, in questi due casi abbiamo impugnato la decisione del Tribunale dei Minori di dare in affidamento i figli chiedendo che venissero affidati in un caso alla sorella e nell’altro al padre. In un caso ci è andata bene subito, nel senso che abbiamo vinto e il bambino è stato affidato alla sorella, nell’altro caso la nostra richiesta è stata respinta con una considerazione, che se i genitori non sono stati bravi ad educare la figlia, che oggi si trova in questa situazione, figuriamoci se possiamo dargli in affidamento i nipoti (non è una barzelletta, è verità). Ovviamente questa decisione l’abbiamo impugnata, in secondo grado la decisione è stata cassata, i bimbi sono stati affidati ai nonni, la ragazza in questo momento si trova in comunità e sta seguendo un percorso che la tirerà fuori dalla situazione in cui era e le permetterà un domani di riavere i suoi bambini.

Queste sono due delle tante esperienze che abbiamo affrontato e che vi volevo raccontare.

 

Avete anche prodotto dei materiali utili per gli utenti del vostro servizio?

Abbiamo pubblicato una serie di opuscoli: il primo riguarda l’Avvocato di Strada, spiega come siamo nati, come siamo cresciuti e come ci siamo organizzati. Poi abbiamo pensato che le persone senza fissa dimora hanno necessità di sapere molte cose, non hanno solamente la necessità di avere un consiglio legale. Chi vive a Bologna, senza soldi, senza nessuna possibilità, chi dorme in stazione, forse vuol sapere dove può andare per lavarsi, per nutrirsi, per vestirsi e andare a dormire, dove può trovare un lavoro, dove può trovare assistenza medica. Anche riguardo a questi problemi abbiamo fatto un opuscolo che si chiama "Dove andare per…", che contiene l’elenco di tutti i posti dove la persona può rivolgersi in caso di bisogno e i relativi numeri telefonici Ne abbiamo stampate 2000 copie e distribuite nei dormitori, davanti alla stazione e in tutti quei luoghi dove c’è una considerevole concentrazione di soggetti disagiati, è tascabile, comodo da portare con sé ed è un aiuto in più.

Ora stiamo preparando un nuovo opuscolo, un "Manuale dei diritti della povertà". È un manuale senza nessuna pretesa, che però racconta i casi emblematici in cui ci siamo imbattuti in questa nostra attività, questo manuale credo verrà pubblicato non più tardi dell’inizio dell’estate.

 

L’intervista ad Antonio Mumolo ci ha suggerito una considerazione: che se si riuscisse a dare una assistenza di questo tipo anche ai detenuti più disagiati, che non hanno alle spalle una famiglia che li sostenga, forse si "aggredirebbe il problema" a monte, impedendo a tanti di loro di andare a ingrossare, a fine pena, le fila dei senza fissa dimora.