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Nel carcere di Como c'è una biblioteca realmente aperta ai detenuti
(Realizzata nel mese di aprile 2003)
A cura di Marino Occhipinti
Un’intervista a Ida Morosini, insegnante-volontaria e responsabile della biblioteca nella Casa Circondariale "Bassone" di Como
Ci piacerebbe sapere come ha conosciuto il mondo del carcere e da quanto tempo vi entra, com’è iniziata quest’esperienza e quali motivazioni l’hanno spinta ad impegnarsi in un contesto molto difficile. Nel 1993 conobbi da vicino il mondo del carcere in occasione di una ricerca sull’immigrazione proposta ai miei alunni di Terza dell’Istituto Professionale dove allora insegnavo, che ebbe molto successo e si concluse con l’elaborazione di tre tesine, discusse, poi, all’esame di qualifica. Nel 1997 entrai nel gruppo dei docenti volontari, che stavano portando avanti un progetto di assistenza allo studio per il conseguimento del diploma di Ragioneria, destinato ai detenuti dell’Alta Sicurezza, per i quali, all’epoca, non erano previste altre attività culturali.
Ci parla della biblioteca interna alla Casa Circondariale Bassone e più nello specifico del lavoro che siete riusciti a sviluppare? Sempre nel 1997, su incarico della Cooperativa Sociale "Omnia", ho elaborato un progetto FSE denominato "Biblioteca Aperta", che fu approvato, ma, purtroppo, rimase per un pelo fuori dal finanziamento. "Biblioteca aperta" avrebbe voluto trasformare la biblioteca in luogo di incontro e confronto tra idee e culture diverse, per costruire tolleranza e apertura verso la diversità. Una rete di computer collegati con la biblioteca avrebbe consentito la consultazione del catalogo da ogni sezione e un corso sostanzioso di Biblioteconomia avrebbe garantito la qualifica di "Operatore di biblioteca", spendibile dentro e fuori le mura. In seguito, nell’ambito del Fondo Nazionale per la lotta alla droga, è stato approvato, ma non subito finanziato, il progetto "Bibliomania" che ricalcava nelle linee essenziali "Biblioteca Aperta" e sottolineava la parte dedicata all’allestimento di laboratori culturali nello spazio della biblioteca. Poiché i finanziamenti non arrivavano è stato difficile coinvolgere gli operatori che avevano curato la presentazione del progetto e allora sono stata incaricata io, che, con entusiasmo ho accettato la sfida, pur consapevole dei miracoli che sarebbero occorsi.
La Biblioteca Bassone fa ormai parte del Sistema Bibliotecario Intercomunale di Como
Ci descrive l’attuale situazione rispetto a quella di "inizio lavori"? Certamente. Oggi esiste una biblioteca a scaffale aperto, con un patrimonio di circa tremila volumi, tutti frutto di donazione e catalogati da me, inizialmente supportata dalla Dottoressa Francesca Ferraris, collaboratrice esterna nella Biblioteca Comunale di Como, nonché bibliotecaria presso il Seminario di Como, e dopo con l’aiuto di alcuni detenuti, formati con un corso base di Biblioteconomia, allestito anche con il supporto dell’ABC (Associazione Biblioteche Carcerarie). La Biblioteca Bassone fa oramai parte del Sistema Bibliotecario Intercomunale di Como e, ogni settimana, precisamente al mercoledì, il corriere del sistema consegna in carcere ai detenuti i libri richiesti in prestito. Prima che il servizio partisse, cioè prima di gennaio 2003, provvedevo io ad evadere anche materialmente le richieste. Esiste un Regolamento che prevede l’accesso in biblioteca dei detenuti tutti i giorni, esclusi il sabato e la domenica, per cinque ore al giorno, due e mezzo al mattino e altrettante al pomeriggio. Essendo la biblioteca localizzata nell’area destinata alla scuola e alla palestra, è stato abbinato l’orario della palestra con quello della biblioteca in modo che fosse garantita la presenza di un agente e al tempo stesso consentito a tutte le sezioni, escluse l’Infermeria e i Nuovi Giunti, di entrare a turno a consultare il catalogo e prendere in prestito i libri o richiederli al sistema. Per le due sezioni escluse e per tutte le altre è stato stampato il catalogo e distribuito in cartelle predisposte a disposizione dei detenuti presso l’ufficio dell’agente di sezione.
Quali difficoltà avete incontrato e come siete riusciti a superarle? Come prevedibile le difficoltà sono state molte e di vario genere, ma le più tenaci e temibili, poiché sottili e non sempre facilmente visibili, attenevano alla sfera delle diffidenze, dell’incredulità e delle resistenze di quanti si erano oramai rassegnati a un servizio poco efficiente per qualità e quantità. Poi c’era il problema dei fondi, totalmente assenti, per cui ho dovuto inventarmi di volta in volta i sistemi per reperire gli strumenti indispensabili di lavoro. Così, ad esempio, siamo stati fortunati poiché abbiamo schiacciato i tasti giusti al momento giusto e allora grazie alla sensibilità del sindaco uscente, il dottor Botta, che ha subito risposto generosamente alla nostra richiesta, abbiamo ottenuto la donazione gratuita del software di catalogazione in uso nelle biblioteche di Como, il PlayLib, e l’implementazione di un vecchio PC recuperato per l’occasione. Niente, comunque, avrei potuto fare senza l’entusiasmo e l’ostinazione a ottenere dei risultati
Siete riusciti a coinvolgere l’Amministrazione Penitenziaria ed eventualmente altri enti di supporto nella "ristrutturazione" della biblioteca? Bisogna dire che a monte c’è stata la convinzione di quasi tutti gli operatori penitenziari, particolarmente la Direttrice, Francesca Fabrizi, il Direttore dell’Area pedagogica, Mauro Imperiale, l’educatrice Patrizia Giai Levra che, consapevoli dell’importanza e della validità del progetto, ci hanno sostenuto sempre. In itinere la presenza dell’ABC e un’abile e fortunata strategia, orchestrata dietro le quinte, hanno giocato il ruolo di convincere, forse sarebbe più proprio dire inizialmente di "obbligare", le biblioteche del territorio a prenderci in considerazione. Dopo i primi passi, tutti gli operatori delle biblioteche esterne hanno dimostrato simpatia e disponibilità e continuano a sostenerci.
Può approfondire in cosa consiste la convenzione del prestito bibliotecario stipulata tra la Direzione della Biblioteca Comunale di Como e la Direzione della Casa Circondariale? Dicevo che il Dottor Botta, allora sindaco di Como, ha dimostrato un’apertura straordinaria e una solida fiducia nel nostro progetto: praticamente ancora non c’era di fatto nulla al di là delle belle e buone intenzioni. Così ha firmato una delibera in cui si esprimeva parere favorevole a una Convenzione di prestito tra la Biblioteca Comunale e la Direzione del carcere. Successivamente questa è stata firmata dal Direttore della Comunale, Riccardo Terzoli e dalla Direttrice del carcere. In questo modo, prima ancora di tutto, abbiamo garantito ai detenuti la fruizione del servizio prestito esterno, previo ricorso a una tessera intestata al carcere e grazie al mio impegno settimanale a fare da spola tra la Comunale e il carcere per la richiesta e la consegna dei libri.
Nella scala degli obiettivi che vi siete posti, che gradino avete raggiunto e quanto ritardo avete rispetto alla tabella di marcia? Praticamente, in meno di un anno abbiamo raggiunto un traguardo che, date le premesse iniziali, "era follia sperar". Abbiamo dovuto, questo sì, rimaneggiare e rinegoziare gli obiettivi, operando, secondo le necessità, cambiamenti nella tabella di marcia. Così ci mancano ancora alcuni scaffali e il secondo computer per la consultazione autonoma in sede del catalogo. Poi dobbiamo ancora realizzare la LAN (Rete Informatica Locale), formare le detenute della sezione femminile per rendere fruibile il servizio alla sezione che materialmente è ubicata in un blocco separato. Dobbiamo ottenere il finanziamento di un altro progetto per il riconoscimento del bibliotecario esterno, che costituisca un valido supporto al bibliotecario detenuto e provveda all’aggiornamento e a quanto, di volta in volta, si renda necessario alla qualificazione del servizio interno. Quanta strada ancora!
In quale modo siete riusciti a reperire i finanziamenti e/o i materiali dei quali avete avuto man mano necessità? Bibliomania è stato finanziato dal Fondo Nazionale per la Lotta alla Droga, ma di fatto, la somma prevista è stata divisa in tranches che finora sono state erogate solo in parte, nello scorso dicembre. Attendiamo che vadano a buon fine anche le altre per poter acquistare gli scaffali e il resto. Nel frattempo ci siamo dati da fare e continuiamo a farlo facendoci regalare dalle varie biblioteche, principalmente dalla Comunale, vecchie BNI, soggettario e gli altri strumenti di lavoro. Il carcere ci ha fornito con notevole austerità il materiale di cancelleria. Abbiamo ottenuto una micro–erogazione dalla Fondazione Provinciale della Comunità Comasca, grazie al coinvolgimento del Gruppo Volontariato Carcere di Como e altre richieste abbiamo inoltrato al Comune e alla Provincia. Speriamo bene.
Ci sono dei compiti che potrebbero essere affidati ai detenuti, previa specifica formazione? Ovviamente sì. I nostri stanno già lavorando, e bene anche, nella biblioteca, svolgendo, praticamente, tutte le operazioni, dalla catalogazione al reference, dal prestito alla manutenzione ecc. secondo mansioni e ruoli distinti (per reference s’intende il servizio di consulenza, aiuto e orientamento agli utenti, nella fattispecie ai detenuti che hanno un’idea più o meno vaga del libro che vogliono leggere o dell’informazione di cui hanno bisogno e non sanno come cercarli e/o trovarli). È, a nostro parere, comunque indispensabile la formazione e l’aggiornamento continui, per garantire i quali, ripeto, diventa insostituibile una figura esterna qualificata, in grado di mediare con l’esterno e consegnare ai detenuti la formazione a sua volta proposta e offerta dal sistema. Se verrà approvato il mio progetto "Un libro per ricominciare" tutto questo sarà possibile in brevissimo tempo.
Ci parla dell’organizzazione delle attività collegate alla biblioteca, come le "giornate a tema", cioè gli incontri ed i dibattiti da tenere dentro e fuori le mura dell’Istituto, con lo scopo di "aprire" il carcere alla società, nonché di altre eventuali iniziative? Nell’immaginario collettivo il carcere ghetto è ancora forte e l’immagine è suffragata dalla sua ubicazione geografica isolata e lontana dai centri abitati. Così fatica a oltrepassare le sbarre l’idea del carcere luogo di recupero e rieducazione in vista del reinserimento sociale del detenuto. Poiché il modello di società e le dinamiche sociali che interagiscono con l’ex detenuto diventano determinanti nel successo del trattamento, è opportuno che la società sia informata su quanto avviene dentro il carcere, per poter sviluppare la sensibilità adeguata alla comprensione di problematiche di estrema delicatezza. Così noi stiamo costruendo un ponte tra carcere e biblioteca da una parte e scuola superiore e Università dall’altra. Stiamo realizzando un mio progetto "Al di là delle sbarre - La dimensione pedagogica del carcere - Una scuola per il carcere: informare per formare" con L’Istituto Professionale "Ripamonti". Gli alunni del Liceo Scientifico "Giovio" hanno chiesto di poter conoscere e studiare il mondo del carcere. Gli studenti dell’Insubria, Facoltà di Scienze e teoria dell’informazione, progetteranno un sito web per il carcere e la biblioteca. Stiamo organizzando un incontro di sensibilizzazione all’esterno sulla valenza didattica della biblioteca. A fine maggio-inizio giugno, Moni Ovadia incontrerà e intratterrà i detenuti in biblioteca. Il laboratorio di legatoria offrirà ai detenuti l’opportunità di acquisire competenze, spendibili fuori le mura, e così lo studio della Biblioteconomia e la pratica di catalogazione del libro. Spesso si legge poco anche perché mancano gli strumenti idonei alla decodifica e comprensione del testo, e allora cercheremo di rimuovere gli ostacoli dovuti a un approccio poco qualificato con il sapere, proponendo riflessioni sui linguaggi e le tecniche espressive della lingua scritta, con particolare attenzione alla stampa e alla letteratura. E così via.
Qual è la funzione che dovrebbe avere la biblioteca all’interno del carcere? Secondo noi, la biblioteca del carcere non ha soltanto la funzione di promuovere e garantire la lettura o di far circolare l’informazione, ma è il cuore delle attività culturali e ricreative del carcere, uno spazio polivalente finalizzato al coordinamento di tutte quelle iniziative che attengono alla riabilitazione del detenuto e che pertanto affiancano il trattamento.
Secondo lei, quindi, la lettura, fonte di arricchimento e crescita culturale, può favorire, in qualche modo, il reinserimento nella società delle persone detenute? E proprio sul reinserimento nella società di coloro che hanno sbagliato, c’è qualcosa che vuole dire e trasmettere ai nostri lettori? Ritengo che il nostro modello sociale non sia il massimo, e quindi, al di là di ogni ottimistica previsione, in presenza di una forte logica di profitto e dunque di scarsa attenzione e sensibilità verso le problematiche sociali, è difficilissimo trovare lavoro per un detenuto o ex detenuto, né più e né meno che per un portatore di handicap o di disagio. Allora è importante avere solide spalle robuste per essere preparati a sostenere le inevitabili frustrazioni derivanti da una ricerca difficile, puntando sul recupero di quei valori umani che oggi sembrano scomparsi e che, invece, sono referenti invincibili. In altri termini, il lavoro è importantissimo, ma, se si potesse dire, forse lo è di più imparare a gestire le sconfitte, senza stancarsi mai di operare in tutti i modi possibili per costruire nuovi modelli di vita più umani in cui vinca sempre il diritto. Reinserimento, dunque, non vuol dire soltanto riuscire a trovare un lavoro nel quale dimostrare di aver imparato a rispettare le regole, quanto saper riconoscere ed apprezzare la gioia e la soddisfazione derivanti da una sana relazione sociale, nella consapevolezza di grandezza e limiti delle varie prospettive.
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