“Ho
capito che tutti hanno del bene e del male insieme”
di
Ornella Favero
“Credevo
di sapere bene dove fosse il male, standone alla larga e promettendomi di non
corrompere mai i miei valori e ciò in cui credevo. Oggi ho per la prima volta
capito che tutti hanno del bene e del male insieme, e che bisogna nutrire la
parte di bene che ognuno di noi ha, e so che questa potrebbe sembrare una
conclusione piuttosto ovvia, ma per me, senza il vostro aiuto, non sarebbe stato
nemmeno lontanamente concepibile”: questa è la riflessione di un ragazzo di
diciott’anni, dopo un incontro in carcere con la nostra redazione. Una
riflessione che ci allarga il cuore, perché ci fa vedere che quel ragazzo ha
capito esattamente quello che speravamo di riuscire a spiegargli, cioè che
nessuno si può sentire “immune” dal male. Marina Valcarenghi, che in
carcere cura il male con la psicanalisi, ha letto la lettera di questo ragazzo e
ha commentato “È sempre emozionante scoprire la complessità e a questi
ragazzi non la insegna più nessuno. Per fortuna ci siete voi!”. Confesso che
fa piacere vedere riconosciuto e apprezzato un progetto, che è faticosissimo ma
dà anche continuamente un senso nuovo al nostro lavoro. Le persone della
redazione che raccontano “il proprio male” non hanno forse la pretesa di
insegnare qualcosa, ma nemmeno sottovalutano il valore che possono avere le loro
testimonianze: il valore di accompagnare i ragazzi a conoscere i rischi e le
conseguenze legati a certi comportamenti, a non avere una eccessiva fiducia
nella propria capacità di fare sempre le scelte giuste, a capire che il male è
presente in ognuno di noi, e non illudersi invece che riguardi solo “gli
altri”.
Questo numero del nostro giornale approfondisce ancora il tema del male, e lo fa in un dialogo serrato proprio con Marina Valcarenghi, che è tornata nella nostra redazione per parlare di questa sua esperienza di cura di uomini violenti nel carcere di Opera prima e ora in quello di Bollate: “Mi appassiona proprio questa idea di cambiare insieme, perché so benissimo che il male è anche dentro di me, non penso di essere io quella buona che cura quelli cattivi. Il male e il bene sono dentro ognuno di noi, nessuno escluso”. Marina si occupa di curare, e quindi di accompagnare tanti uomini a passare dalla paura dei propri comportamenti violenti a una prospettiva di possibile guarigione, noi da lei possiamo imparare a capire qualcosa di più del male, e a fare meglio il nostro lavoro. Un lavoro che è essenzialmente quello di informare senza aver paura della complessità, e anzi sforzandoci di esplorare tutte le facce della realtà, invece di cercare le estreme semplificazioni che oggi imperversano sui giornali e in televisione. Ma è anche un lavoro delicato e paziente per aiutare le persone che stanno “fuori”, nel mondo libero, dentro a una società che si sente così lontana dal carcere e così incattivita, a guardare prima di tutto il proprio male, per imparare poi a essere più miti e più umane verso il male degli altri.