Cerchi informazioni? Chiedi a palazzo di Giustizia

La sede dello sportello Informa-azione del capoluogo sardo tenta di mettere in rete anche enti pubblici e privati, con una scommessa: abbattere la recidiva grazie a veri progetti di reinserimento sociale

 

a cura di Marino Occhipinti

 

Uno sportello informativo che risponde al crescente bisogno di notizie corrette e concrete sull’esecuzione penale esterna, per favorire anche il buon esito degli interventi dei servizi. Si chiama Informa-azione, ha sede presso il palazzo di Giustizia di Cagliari e si rivolge ai detenuti che scontano la pena fuori dal carcere e a chi sta per accedere alle misure alternative. Un’iniziativa gestita da operatori professionali, che non dà solo consulenza giuridica: cerca di agevolare il reinserimento dei condannati, coinvolgendo anche le famiglie e le reti esterne al carcere, e dà un orientamento al lavoro e alla formazione professionale.

Ne abbiamo parlato con Rossana Carta, direttore dell’Ufficio esecuzione penale esterna del Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna.

 

Cosa sono esattamente gli Uffici esecuzione penale esterna?

Sono stati istituiti con il decreto legislativo 146 del 2000 e poi attivati nell’agosto del 2002. Si tratta di uffici dirigenziali che hanno il compito di individuazione dei modelli di trattamento, appropriati alla realtà istituzionale e sociale della regione di competenza. Devono inoltre integrare i limiti di un certo servizio (i Centri di servizio sociale per adulti, per esempio) con le competenze di un altro, e ancora: confrontare i casi, farne un esame giuridico, indirizzare e verificare i risultati e le attività, raccordarsi con l’autorità giudiziaria per casi di particolare difficoltà. Si occupano anche dell’indirizzo e del coordinamento delle attività degli uffici territoriali competenti in materia di esecuzione penale esterna (i Cssa), dei rapporti con la magistratura di Sorveglianza, con gli enti locali, pubblici e privati, con le organizzazioni di volontariato, del lavoro e delle imprese che hanno a che fare con il trattamento dei soggetti in esecuzione penale esterna.

 

Secondo la sua esperienza, le misure alternative alla detenzione hanno una reale funzione sociale? Sono cioè efficaci per il reinserimento sociale e la riduzione della recidiva?

Sicuramente sono una risposta adeguata alla filosofia della pena espressa nell’Ordinamento penitenziario, che è poi la stessa che troviamo nella Costituzione italiana sulla finalità della pena: la finalità che lo Stato di diritto si è data per il reinserimento dei condannati e per la prevenzione della recidiva. In virtù della mia esperienza, posso dire che le misure alternative sono una risposta positiva, soprattutto alla luce dei risultati e tenendo conto che le revoche sono rare, anzi rarissime. Però è anche vero che abbiamo ancora un tasso di recidiva elevatissimo: di certo c’è qualcosa che non funziona, e purtroppo sappiamo cos’è. Finché i soggetti in trattamento sono in contatto con i nostri Servizi, quindi nel corso della condanna, tutto procede bene. Quando termina l’esecuzione e lo affidiamo alla società e a se stesso, chissà perché inciampa di nuovo e torna in carcere. Fortunatamente non è così per tutti: per molti si riesce a essere incisivi e a costruire le fondamenta adeguate. Credo sia necessaria un’interazione maggiore di questo ufficio con gli enti del territorio, che collaborino con noi in un’azione sinergica per creare i presupposti di vita sociale necessari per accogliere e recuperare seriamente i nostri utenti in un autentico processo di cambiamento.

 

Ogni caso che seguiamo è una scommessa, per una vittoria di vita, nell’affermazione del singolo nella collettività che lo accoglie e lo legittima a starci

 

Che cosa fate per chi esce dal carcere in misura alternativa? E quali progetti e attività promuovete per il reinserimento dei detenuti e in prospettiva del loro rientro in società?

L’Ufficio esecuzione penale esterna cura le progettualità di reinserimento delle persone condannate, sia detenuti che dalla libertà, proposti dalla rete del territorio, con tutte le agenzie pubbliche e private e del privato sociale. L’interazione attuale è rivolta ai Fondi Regionali per l’inserimento di risorse economiche per i progetti: siamo riusciti a far inserire un fondo di 250 mila euro. Un’altra iniziativa è l’intervento presso la Cassa delle Ammende, alla quale sono inviati dei progetti che, se finanziati, offriranno la possibilità di reinserimento a oltre cinquanta soggetti in esecuzione penale esterna. La metodologia adottata è quella di lavorare per progetti, per il cambiamento dei processi di reinserimento al fine di prevenire la recidiva.

Questo significa non voler incontrare più nei circuiti giudiziari e tanto meno penali quel ragazzo, quel giovane, quell’uomo o quella donna per cui mi sono adoperato e che ho aiutato a reinserirsi. Non lo incontrerò più, perché ho progettato un reinserimento con la partecipazione della realtà locale, che lo accoglie e che ha investito su quel cittadino condannato finanziando il suo progetto. In tal modo si superano le resistenze della società libera che non accetta persone pregiudicate perché non si fida, ne ha paura. Così invece le accoglie e si adopera perché non ricadano nella devianza, perché la stessa società ha partecipato al percorso di risocializzazione con le regole in cui li abbiamo inseriti.

 

Ci traccia il quadro della situazione nelle carceri sarde?

La Sardegna rispecchia la realtà nazionale, con delle differenze dovute al fatto che è un’isola. La regione comprende dodici istituti penitenziari di cui tre Case di reclusione. Le strutture accolgono 1810 detenuti: 1762 uomini e 48 donne. Di questi, 673 sono tossicodipendenti e 494 stranieri. Quarantuno gli ergastolani. Pertanto l’azione trattamentale può essere condotta su 1273 condannati definitivi per cui si adoperano allo stato solo ventiquattro educatori distribuiti nei dodici istituti e cinquantadue assistenti sociali dei tre Centri di servizio sociale per adulti (Cagliari e la sua sede di servizio di Oristano, Sassari e Nuoro). Le persone in misura alternativa sono invece 1066, di cui 624 solo presso il Cssa di Cagliari. La situazione non è certo ideale, le risorse economiche e umane sono limitate e non consentono di operare al meglio. L’impegno e la buona volontà degli operatori e della polizia penitenziaria consentono comunque di attuare dei progetti di recupero.

 

Per il carcere – e per i condannati – il volontariato rappresenta una risorsa determinante: lavorate con loro e riuscite a coinvolgerli?

Il volontariato è una grande risorsa che partecipa a pieno titolo nei progetti di reinserimento dei condannati. La sua azione e partecipazione è sostanziale anche verso le famiglie dei detenuti. Questo ufficio lavora in sinergia con tutta la realtà del volontariato regionale, ma anche a livello nazionale e se necessario anche europeo. L’interazione con il volontariato nasce dallo studio del caso e, a seconda della necessità che si presenta, viene coinvolta quella o quell’altra associazione. Ciò che ci accomuna è l’obiettivo, il processo di risocializzazione nei confronti dei soggetti svantaggiati di cui ci occupiamo.

 

È possibile agire per abbattere la recidiva? In che modo, secondo lei?

La finalità principale del diritto penitenziario, che deriva dalla Costituzione, è la prevenzione della recidiva: questo significa che l’Amministrazione penitenziaria deve operare verso questo obiettivo. Certamente è possibile abbattere la recidiva, nella misura in cui tutti gli agenti sociali sono in sintonia per raggiungere lo scopo. L’impegno di tutta la società deve essere orientato in tal senso. Pertanto se si è discontinui, e non tutti remano verso la stessa direzione, è quasi conseguente che quel soggetto prima o poi rientrerà in carcere. Ogni caso che seguiamo è una scommessa, per una vittoria di vita, per la vita libera in uno stato di diritto, nell’affermazione del singolo nella collettività che lo accoglie e lo legittima a starci.

 

Com’è maturata la vostra idea di aprire lo sportello informativo presso il palazzo di Giustizia?

È nata da un’esigenza di maggiore attenzione nei confronti dell’utenza di cui ci occupiamo, per offrirle informazioni corrette e immediate in un luogo di grande aggregazione come il tribunale di Sorveglianza. Infatti lo sportello è collocato davanti all’aula udienze, dove vi è un grande afflusso di persone interessate ad avere informazioni esaustive nell’ambito dell’esecuzione penale esterna. Questo è il secondo sportello Informa-azione che apriamo in città, il primo è situato presso il Cssa di Cagliari. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione costante fra il nostro ufficio e l’autorità giudiziaria, e al riconoscimento del presidente della Corte d’Appello e di quello del tribunale di Sorveglianza che hanno approvato l’iniziativa e ne hanno condiviso il fine.

 

Qual è il bilancio del primo periodo di attività degli sportelli? Quante persone ed enti si sono rivolti al servizio e per quale genere di informazioni?

Il bilancio è più che positivo perché ci ha consentito di aiutare non solo i diretti interessati, ma anche le loro famiglie. Circa cento interventi sono stati posti in atto da quando gli sportelli hanno preso il via. Ed è significativo sottolineare che vi si rivolgono anche enti istituzionali e associazioni di volontariato. Le richieste che sono pervenute riguardano per lo più l’affidamento al servizio sociale, la remissione del debito, il pagamento delle contravvenzioni, l’ottenimento della riabilitazione, il pagamento e il rateizzo delle multe, l’iter da seguire per ottenere le misure alternative, l’attività lavorativa, la separazione legale, il pagamento delle spese di mantenimento e diritto al voto, l’attività lavorativa e l’alloggio, le istanze lavorative nel corso degli arresti domiciliari. La compilazione vera e propria delle istanze è limitata alla remissione del debito, alle misure alternative, alle richieste di lavoro e alla riabilitazione.

 

Come intervenite per far fronte alle problematiche che vi vengono sottoposte?

Il caso viene segnalato immediatamente al Cssa o, a seconda della problematica, interviene l’assistente sociale di riferimento. A palazzo di Giustizia, il volontario che opera allo sportello dispone della consulenza e dell’intervento immediato dell’unità di Servizio sociale distaccata presso il tribunale di Sorveglianza, che assume la problematica e ne determina gli eventuali interventi d’aiuto. Pertanto o risolve il problema in prima istanza o invia la persona al servizio adeguato, dal momento che lo sportello è in rete con tutte le agenzie del territorio pubbliche e private. Il personale dello sportello è altamente qualificato (sono tutti laureati in giurisprudenza, scienze politiche, psicologia, scienze dell’educazione, antropologia) e ha frequentato corsi di formazione. È naturalmente uno sportello che risolve piccole situazioni che però sono molto utili e fanno da accesso per la risoluzioni di gravi e importanti interventi. La funzione principale è di informare, orientare, indirizzare e facilitare i percorsi di reinserimento attraverso la facilitazione delle procedure.

 

Gli obiettivi dello sportello

·                    Agevolare il reinserimento dei condannati fornendo informazioni chiare e precise circa l’esecuzione penale esterna in carcere e l’accesso alle misure alternative alla detenzione.

·                    Promuovere l’accesso dei detenuti alle risorse istituzionali e non presenti nel territorio.

·                    Curare la creazione e l’utilizzo di una banca dati e il monitoraggio delle risorse disponibili nel territorio, con particolare riferimento a quelle socio-sanitarie pubbliche e del privato sociale.

·                    Produrre materiale informativo sul servizio e su ogni altra iniziativa di interesse.

·                    Condividere le risorse messe a disposizione dal servizio con gli altri servizi istituzionali e non.

·                    Coordinare gli interventi rispetto alla complessità dei bisogni espressi dall’utenza.

·                    Coinvolgere le famiglie e le reti significative esterne al carcere per favorire il reinserimento sociale della persona condannata.

·                    Fornire consulenza in relazione ai diritti di tutela giuridica e accesso alle misure alternative.

·                    Offrire informazioni e orientamento per la ricerca di un lavoro o di corsi di formazione professionale.

 

Gli Sportelli Informa-azione sono situati presso:

Cssa - Via Peretti 1, Cagliari - 2° piano - scala A.

Apertura: martedì - giovedì dalle 16,00 alle 18,00

Palazzo di Giustizia - Piazza della Repubblica

Cagliari - 4° piano tribunale di Sorveglianza.

Apertura: martedì - giovedì dalle 10,00 alle 12,00