|
Ristretto lui libera lei
Dalle carceri francesi, la storia (vera?) di un legame tra un detenuto e una donna "libera", nato da un annuncio sui giornali
a cura di Eugenio Romano
E’ stata la curiosità che mi ha suscitato il titolo a spingermi alla lettura di questo libro, che poi è una raccolta di lettere, scritte nell’arco di un anno e mezzo e messe insieme dagli autori, Laure Delmas e Thomas Gauthier, lei grafica di professione e "libera cittadina", lui detenuto. Forse sarebbe stato più interessante arricchire la pubblicazione di questo carteggio con qualche commento finale di entrambi gli autori. Mi aspettavo (magari, come epilogo), un’analisi della loro stessa esperienza, quella di un detenuto che scrive a una donna conosciuta attraverso un annuncio sui giornali, che stimolasse a un esame più approfondito e anche, se possibile, ad una sorta di denuncia sociale del carcere così com’è oggi in Francia, che ne giustificasse (almeno in parte) la pubblicazione. Ciò non è stato fatto, e questo mi ha lasciato un po’ perplesso sui motivi di tanto "sforzo letterario". In realtà, sulle condizioni di vita nelle carceri francesi in questo libro c’è solo qualche vago accenno. Thomas, un giovane detenuto che sta scontando una condanna per un omicidio commesso nel corso di un tentativo di furto, parla delle sue giornate in galera e, tra una lettera e l’altra, fa capire che si trova in un reparto di isolamento, per sua scelta, con lo scopo di ottenere il trasferimento in un carcere più vicino a quello dove risiedono i suoi famigliari. Un epistolario tra personaggi della letteratura, dell’arte, o della politica, attira la curiosità di chi ha avuto modo di conoscerli attraverso le opere che li hanno resi famosi, ma tali carteggi (spesso, postumi), sono ben altra cosa rispetto al libro in questione. Io ho avuto piuttosto l’impressione che sia stato scritto quasi per gioco o, semplicemente, per lucro, da due persone che hanno fatto leva un po’ sulla curiosità, a volte morbosa, dei lettori, per attirare la loro attenzione. Uno scambio di lettere tra uno smaliziato detenuto e una disinibita grafica pubblicitaria, a chi potrebbe interessare infatti, se non a quelli che si aspettano, tra le righe, qualcosa di pruriginoso? La stessa copertina (una penna "erotica") mi suggeriva tale sensazione. Thomas è un detenuto che cerca, attraverso un’inserzione, una donna con la quale corrispondere. Al suo appello rispondono diverse donne, ma la prima lettera di Laure, anche se breve, dev’essere stata sicuramente la più intrigante: "(…) Poco fa, mentre ero a mollo nell’acqua calda, m’è capitato di guardarmi la pancia, e l’ho vista come una specie di piccola prigione: il ventre come una piccola prigione che ciascuno di noi ha dentro di sé, mentre lei, sfortunatamente, la prigione ce l’ha intorno a sé.(…) Perciò in questa occasione non le dirò nulla di me, preferendo di gran lunga che se ne faccia un’idea tramite queste parole, e magari anche tramite ciò che leggerà fra le righe…" Con tale incipit… chi, dall’interno di un carcere, non si avventurerebbe in una così promettente storia epistolare? L’erotismo, puntualmente, fa capolino dopo le prime schermaglie conoscitive. Si affaccia man mano che aumenta la fiducia tra i due e, non a caso, dopo le primissime lettere, lei propone uno "strano" gioco per conoscersi meglio (una serie di domande reciproche alle quali bisogna rispondere con un minimo di sincerità). Lui abbocca subito e cosa le chiede? Quale tipo di biancheria intima preferisce, e se ha dei particolari limiti nel corso dei rapporti sessuali. Di pretesti per vivacizzare un po’ la corrispondenza, la donna ne adotta a iosa. Quando è necessario, ecco che lei propone nuovi giochini, più o meno piccanti, per dare nuovo smalto all’epistolario, che rischia di cadere nella noia per la sterilità degli argomenti trattati. Lei gli scrive di certi suoi sogni, senza andare a fondo nei dettagli, lasciando a lui la possibilità di fantasticare sul significato… Credo che Freud, nell’interpretarli, avrebbe fatto una figura barbina a confronto con Thomas.
Dalle carceri francesi almeno si telefona facilmente
Una cosa però voglio sottolineare, che attraverso la descrizione, che Thomas dà, del posto in cui si trova, ho potuto scoprire che la realtà delle carceri francesi non è molto diversa da quella italiana. Stessi problemi di sovraffollamento, stessi disagi dovuti (spesso) alla lontananza dal luogo di residenza, stesse difficoltà di comunicazione e d’adattamento, dovute all’eterogeneità della popolazione detenuta. Pure in Francia, come nelle nostre patrie galere, la convivenza con chi non è particolarmente gradito è imposta. E chi azzarda qualche protesta, magari solo per tutelare una propria esigenza, rischia di essere preso di mira con piccole vessazioni di carattere amministrativo. Tutto il mondo (carcerario) è, purtroppo, paese. E anche i francesi usano dare appellativi poco esaltanti all’istituzione dell’amministrazione penitenziaria: per Thomas, è una "mangiatrice di uomini". La vera sorpresa è stata invece l’aver scoperto che nelle carceri francesi si può usare il telefono con molta più facilità che in quelle italiane (anche se, come dice lo stesso detenuto, la posta è invece sottoposta spesso al controllo e alla censura). Per telefonare, basta semplicemente fornire, agli operatori del centralino interno, il numero della persona con cui si vuole parlare (purché si abbia, sulla carta telefonica, acquistabile all’interno del carcere, il credito sufficiente per una chiamata). Per quei lettori di "Ristretti", che non sono a conoscenza delle difficoltà che noi detenuti abbiamo, nel fruire di colloqui telefonici (addirittura con i nostri stessi famigliari), questo particolare sembrerà poco rilevante, invece… Per un attimo (e solo per quest’unico motivo), ho provato una punta di "invidia" per quei compagni di sventura d’oltralpe, che possono decidere, liberamente, a chi (e quando) telefonare dall’interno di un carcere. Alla fine, proprio a proposito della presunta censura (più di una volta menzionata da Thomas) mi è rimasto solo un piccolo dubbio: ma quelle lettere sono tutte vere, o sono state scritte con l’occhio rivolto all’idea di farci su alla fine una pubblicazione? Il libro comunque, nella nostra redazione, è stato letto da tanti, e non tutti l’hanno interpretato come un gioco un po’ troppo ben costruito: qualcuno ha visto nascere, nelle lettere di Thomas e Laure, una storia come ne succedono, a volte, in carcere, tra chi, da dentro, è alla disperata ricerca di un aggancio con il mondo esterno, e chi, fuori, vuole qualcosa di diverso, di meno piatto della vita di ogni giorno, e pensa di trovarlo andando a cercarlo in luoghi sicuramente meno "normali" di quelli che frequenta di solito. Letto così, il libro farebbe nascere allora davvero la curiosità di capire come è andata a finire la vicenda di Thomas e Laure, ma la corrispondenza si ferma proprio lì, alla vigilia del primo incontro "vero" dei due in una sala colloqui di un carcere. Avrà retto, questo rapporto tra un uomo "ristretto" e una donna libera, alla desolazione di un primo incontro in galera?
|