Riaprono
le scuole, “riapre” il carcere
L’inizio del nuovo anno
scolastico nel carcere di Padova ha un valore particolare: significa veder
aprirsi i cancelli della galera per far entrare intere classi, ragazzi
inizialmente diffidenti, ma anche curiosi, interessati a conoscere una realtà
ritenuta sempre così lontana ed estranea. E il confronto che avviene tra
studenti e detenuti è straordinario: perché, come spiegano le testimonianze
dei detenuti, aiuta a “spezzare la catena del male”, spinge chi il male
l’ha commesso ad assumersene la responsabilità, ma spinge anche i ragazzi a
fare attenzione al male che può esserci dentro ognuno di noi, e a
difendersene.
Un
detenuto con un fine pena nel 9999
di
Biagio Campailla
Ogni
anno nel carcere “Due Palazzi” incontriamo centinaia di studenti, con un
progetto realizzato dalla redazione di Ristretti Orizzonti, di cui anch’io
faccio parte dal 2012, e questo ha determinato un cambiamento nella mia vita, e
di conseguenza in quella della mia famiglia.
Sono
un detenuto condannato al “fine pena mai”, non pensavo di poter cambiare la
mia vita violenta, nessuno poteva mettere in discussione le mie convinzioni e
condizioni di vita, il mio desiderio di vendicarmi delle persone che avevano
ucciso i miei famigliari, il mio unico pensiero era come potevo fare altrettanto
male a quelle persone. Non volevo ascoltare nessuno, né i miei figli, né i
genitori, e poi quando sono finito in carcere ero ancora più arrabbiato per il
modo in cui ho trascorso la detenzione, con lunghi anni di isolamento, e regimi
molto duri e disumani. Non vedevo più in me un cuore, una ragione per non
vendicarmi di certe persone, e delle istituzioni, non ero mai consapevole del
tipo di reato che avevo commesso, del fatto che ero partecipe di omicidi di
mafia, la mia unica parola di vita era “vendetta”.
Nel
2012 arrivo nel carcere di Padova, e il mio pensiero è: “Adesso mi
ripeteranno i soliti discorsi e provocazioni, e dovrò iniziare a fare i casini
che ho fatto in altre carceri per venire rispettato”. La prima cosa che mi
dicono qui è: “Siamo nel carcere di Padova”, come per ribadire che si
tratta di un carcere più umano di altri, ma io, accecato dalla mia violenza,
gli rispondo: “Perché, Padova mi mangia?”. L’hanno capito subito, che non
c’ero con la testa, e mi hanno lasciato stare. Dopo qualche giorno vengo
chiamato dal direttore, e subito gli dico: “Lasciatemi perdere”. Il
direttore mi invita ad accomodarmi, e le sue prime parole sono: “Ripartiamo da
zero, lei qui potrà avere la possibilità di fare
determinati percorsi e quindi approfittarne per un cambiamento nella sua
vita”. In silenzio me ne vado e lascio dietro alle mie spalle un sorriso
sarcastico, ma quelle parole ritornavano di continuo nel mio cervello. Dopo
qualche giorno vengo a conoscenza dell’esistenza della redazione e del
progetto scuola/carceri, e resto colpito da quello che mi raccontavano i miei
compagni, dopo poco tempo vengo inserito nella redazione e conosco meglio questo
progetto. All’inizio dico tra me e me: “Non avrò mai il coraggio di parlare
davanti ai ragazzi”. Mi presento però agli incontri, e sento dentro di me un
cambiamento, percepisco per la prima volta una serenità che prima non avevo,
ascolto quei ragazzi con tanta attenzione, mi lascio prendere dalle loro
domande. Con le mie risposte ho anche modo di raccontare loro l’esperienza di
un carcere diverso, quello del periodo del mio arresto in Belgio, dove il
percorso interno avviene con una umanità che nelle carceri italiane non ho mai
trovato, a parte questa esperienza a Padova nella redazione. Vedo che giorno
dopo giorno qualcosa si modifica nel mio essere, nei miei atteggiamenti. Oggi
racconto la mia storia a tutti gli studenti che incontro, posso dire che loro mi
hanno portato a spezzare la catena del male, quella catena che prima nessuno al
mondo poteva farmi interrompere. Oggi ci confrontiamo con tantissimi studenti, e
loro spesso mi dicono “Grazie di questa tua esperienza che ci hai
raccontato”, alla fine ci ringraziamo l’uno con l’altro. Noi cerchiamo di
fare prevenzione nei loro confronti, ma io devo tanto a questi ragazzi hanno
salvato un ex delinquente riportandolo verso un percorso di vita che non è più
quello del cercare sempre la vendetta. Oggi i miei figli e i miei genitori mi
dicono: “Mai nessuno ti poteva far cambiare, ma gli studenti che incontri ci
sono riusciti”. Grazie ragazzi.
Dovremmo
smetterla di ragionare come se il male non facesse parte di ognuno di noi
di
Lorenzo Sciacca
Mi
ricordo che quando ero ragazzino e finivano le vacanze estive, la ripresa
della scuola era veramente un incubo. Ritrovarmi seduto nuovamente nel mio banco,
di fronte alle professoresse mi metteva una angoscia terribile, anche perché
sapevo che avrebbero verificato i compiti estivi che avevano assegnato e che
io non facevo mai.
A
breve riprenderà il progetto “Scuola/Carcere”, che fa entrare migliaia di
studenti l’anno nel carcere per confrontarsi con noi detenuti. Io ho sempre
detto che questo progetto è molto faticoso e anche molto doloroso, ma è un
dolore piacevole perché se dopo solo un anno e mezzo che partecipo ho raggiunto
dei traguardi personali che mai avrei creduto di raggiungere, allora diventa
tutto piacevole. A breve ricominceremo a incontrare gli studenti e riprenderò a
raccontare il mio vissuto e, assieme ai miei compagni, a rispondere alle domande
dei ragazzi. Certo le domande sono quasi sempre le stesse, perché per chi non
conosce il carcere e insegue i luoghi comuni che invadono in maniera pesante la
società, le curiosità sono sempre le stesse, ma il bello è quella sensazione
che provi a trasmettere, portando alla loro attenzione il fatto che c’è molto
altro dietro a questi imperiosi muri della galera. Noi non vogliamo convincere
di nulla nessuno, vogliamo solamente che le persone si facciano delle domande.
Ecco è un po’ quello che succede a me ogni volta che partecipo ad un
incontro. Non c’è mai stato un incontro dove a fine giornata, dentro alla mia
cella, non abbia ripensato a qualche domanda dei ragazzi o a qualche considerazione
anche critica nei nostri confronti.
A
ricordarmi come ero circa due anni fa e vedermi oggi, rimango stupefatto del mio
cambiamento. Ero una persona in lotta con tutto quello che mi circondava, nella
società vedevo persone estranee e anche nemiche e il desiderio di farne parte
non mi sfiorava neanche il pensiero. Invece oggi capisco che non esiste un
“Loro” e un “Noi”, anche noi facciamo parte del mondo che c’è al di là
di queste barriere di cemento. Tanta gente è convinta che dentro al carcere ci
siano dei “Mostri”, ma dovremmo smetterla di ragionare come se il male non
facesse parte di ognuno di noi. Qui ci sono soprattutto persone che non hanno
saputo chiedere aiuto nei momenti di sconforto, oppure che hanno fatto scelte di
vita sbagliate credendole le uniche possibili, e queste non vogliono essere
attenuanti, assolutamente no, queste sono solo delle consapevolezze che grazie a
questo progetto si raggiungono.
A
volte penso che se non avessi avuto la fortuna di far parte della redazione di
Ristretti Orizzonti, in questo momento ero su una branda all’interno della mia
cella a pensare alla prossima rapina che avrei compiuto una volta riacquistata
la libertà. Capire l’immensità di questo progetto, dargli il giusto
significato non è complicato, ovviamente non è complicato per chi crede nella
prevenzione, perché solo mantenendo o instaurando un contatto con la società
esterna all’interno di un carcere si può interrompere una catena fatta
unicamente di male. La comunicazione, il confronto, mettersi in discussione,
sono questi gli elementi che possono portare a una rieducazione, e questo è
quello che fa il nostro progetto: mettiamo sul tavolo della discussione, di
fronte a degli estranei, il peggio di noi rivedendo in modo severamente
critico le nostre azioni passate.
Comunque
a breve mi ritroverò seduto in questa grande aula magna di fronte a centinaia
di studenti e professori ancora per un altro anno. So cosa mi aspetterà, i momenti
di sconforto non mancheranno, perché rincomincerò a ripercorrere il mio
passato toccando eventi della mia vita dolorosi, ma sono certo che avrò delle
consapevolezze in più oltre a quelle che già ho appreso, dunque il confronto
sarà gratificante e mi darà modo di credere che nella mia vita potrò essere
una persona diversa da quella del passato.