Quando
la droga è più forte anche dell’amore di un padre
Ero
un egoista senza filtri, sia nel linguaggio che nelle azioni, tutto il mio tempo
apparteneva a me solo e alla mia storia di drogato, nessun altro poteva avere
una parte del mio tempo, neanche mia figlia quando piangeva perché aveva
bisogno di essere pulita e di un cambio di pannolino
Di Mel Alì
Oggi,
dopo aver preso una certa distanza dalla droga, mi sforzo di cercare un
significato a quell’esperienza, nella speranza di ritrovare il punto di
partenza, e il punto di arrivo, degli anni infernali che ho vissuto e che mi
hanno lasciato solo pochi fili di speranza, che cerco di riannodare per ridare
un senso alla mia vita. Per quegli anni bruciati vorrei poter almeno soffrire,
ma non posso fare neanche questo perché tutte le energie le devo mettere nel
cercare di prendermi le mie responsabilità: gli sguardi di mia moglie e mia
figlia nella mia immaginazione non mi lasciano neanche un istante, vedo le
braccia dei miei famigliari aperte, che mi invitano a tornare da loro, al mondo
reale. Mia figlia, che ho lasciato nella culla, oggi ha tre anni ed é affidata
a mia suocera; fino ad ora non ho potuto vederla perché devo portare avanti per
prima cosa il percorso terapeutico che ho intrapreso da pochi mesi, da quando
sono uscito dal carcere per andare in comunità. Mia suocera mi ha scritto che
mia figlia mi cercava, percepiva che la famiglia non era completa, indicava le
stelle e diceva: “Ecco mio papà e mia mamma”. In realtà noi due, che siamo
dei drogati, invece di stare da lei è come se fossimo sotto il letame che ci
siamo creati. Al mio paese si dice però “Dove c’è il letame c’è il
benessere”, e a questo un po’ vorrei credere, nel senso che arrivare al
fondo è anche importante, ti permette di rientrare in te stesso, di vedere la
vita da tutte le sue angolazioni.
Dopo
una lunga e attenta riflessione, ed una analisi, credo leale, della mia
condizione, oggi mi sembra che, faticosamente, sto per arrivare ad avere una
marcia in più, perché finalmente, analizzando me stesso, riesco a comprendere
una parte dell’essere umano, e come interagisce coi suoi meccanismi interiori
davanti agli eventi.
Io
in realtà mi sento un sopravvissuto alla droga, non mi vergogno di dire che
sono stato un drogato, anzi, posso dire che quella lunga storia di sofferenza
causata dalla droga mi ha in qualche modo fatto crescere la capacità di
comprensione.
Oggi,
se dovessi vedere un drogato, sono certo che il primo pensiero che mi verrebbe
sarebbe quello di cercare di aiutarlo, chiedendogli come è iniziata la sua
storia nel mondo della droga, quale sia stato il motivo che lo ha spinto nel
tunnel, per fargli capire che quello che sta vivendo è solo un’illusione,
come un velo sottile che lo separa dalla realtà, e che esistono tanti modi
semplici per scavare nella propria interiorità, così da vedere quali sono i
propri problemi e poterli affrontare, a volte basta solamente una penna per
trasformare un’azione inconscia in una azione conscia, liberandoti dal
problema che ti causa sofferenza.
Mi
ricordo di aver pensato, tempo fa, di non aver quasi nessuna
probabilità di uscire dalla droga, ma ora mi pare di avere fatto dei
passi avanti, proprio grazie a questo lavoro di scavare dentro di me. Ieri
stesso per esempio ho elencato nel mio taccuino tutte le parole, volgari ed
esagerate, che la droga e i suoi ambienti mi avevano inculcato nella testa. Ero
un egoista senza filtri, sia nel linguaggio che nelle azioni, tutto il mio tempo
apparteneva a me solo e alla mia storia di drogato, nessun altro poteva avere
una parte del mio tempo, neanche mia figlia quando piangeva perché aveva
bisogno di essere pulita e di un cambio di pannolino, o altro. Per me mia moglie
era una estranea e quindi era come se non ci fosse, non l’avvisavo mai se
ritardavo, non rispettavo gli orari e la cercavo solo per i miei interessi; il
dialogo fra me e lei era inesistente, era un rapporto basato solo su interessi
miei personali, io non la consideravo più né come donna e neanche come la
madre di mia figlia.
L’egoismo
è stato il motore delle scelte che mi hanno portato in carcere
Oggi
invece ho finalmente capito quante occasioni per stare insieme e migliorare ho
perso, come avrei potuto vivere felice, o almeno un po’ felice con lei e
nostra figlia; oggi non posso credere che sono stato io quell’egoista di un
tempo, mi addolora tanto ciò che ho sciupato, ho analizzato a fondo me stesso,
ho capito che ero un grande egoista, e questo mi faceva interagire malamente con
le altre persone, sono caduto vittima del mio stesso egoismo che mi è costato
anni di carcere e la frantumazione della mia famiglia. Io poi, per capire di più
del mio carattere, di questo agire pensando prima di tutto a me stesso che
condizionava tutte le mie azioni, ho cercato anche di osservare attentamente i
comportamenti degli altri, che mi stavano intorno, e ho dedotto che l’egoismo
è essenzialmente una tendenza naturale alla conservazione della vita. Il
subcosciente dell’uomo non chiede che una cosa: la soddisfazione immediata dei
suoi bisogni organici e psicologici. Il fatto è chiaro nel bambino piccolo, è
l’educazione che mette un freno a questo egoismo naturale, insegnando il
rispetto degli altri e della vita comune.
Quanto
all’egoismo degli adulti, è spesso il risultato di uno squilibrio
psicofisico. Lo si riscontra in alcune nevrosi, in cui il soggetto si rinchiude
in se stesso, rivolto ai suoi complessi, alle sue rimozioni; inoltre l’egoismo
può assumere l’aspetto della bontà e dell’altruismo.
Numerosi
sono i genitori che desiderano formare i figli a loro somiglianza. Altri
genitori desiderano inconsciamente che i loro figli rimangano piccoli il più a
lungo possibile. Ci sono madri che vestirebbero sempre secondo il loro gusto le
figlie, privandole delle loro scelte personali, così come ci sono padri che
impongono ai loro figli di intraprendere determinati studi o lavori per
mantenere la tradizione di famiglia o perché loro stessi hanno sempre
desiderato fare un certo tipo di studi, ma non ci sono riusciti, e finiscono per
dominare i figli, inconsapevoli della sofferenza sia presente che futura che gli
provocano.
Si
vorrebbe che i propri figli fossero come i padri se non migliori, ma la vita ha
riservato ad ognuno una storia che non può e non deve essere come la desiderano
i genitori; magari un giorno il figlio intraprenderà il mestiere del padre, ma
sarà solo una sua libera e consapevole scelta, perciò bisogna rendersi conto
che i figli devono sì essere aiutati, ma non privati delle loro scelte. Faccio
queste riflessioni perché ho visto tante persone intorno a me, finite nella
droga, che all’origine del loro malessere hanno la difficoltà di essere
all’altezza delle aspettative che avevano i loro genitori nei loro confronti.
Per quanto mi riguarda, ho vissuto per quarant’anni nell’egoismo, e oggi che mi trovo in questa comunità, in questo microcosmo di società, devo lavorare tanto su me stesso per poter smantellare proprio quell’egoismo che ha condizionato tutta la mia vita, e che è stato il motore delle scelte che mi hanno portato in carcere.