Editoriale

 

Carcere: l’alternativa che non c’è

 

La legge italiana prevede una varietà di misure e sanzioni, alternative alla detenzione in carcere, che permettono di attuare un’esecuzione penale nel territorio, consentendo così una continuità alle relazioni sociali intrattenute dalla persona condannata. Però le carceri sono affollate di persone con pene brevi e brevissime, segno evidente che i meccanismi di accesso alle alternative spesso non funzionano.

Lavoro esterno (art. 21 O.P.), semilibertà, affidamento ai servizi sociali, detenzione domiciliare, ma anche attività risarcitorie e socialmente utili, rappresentano strumenti importanti per dare concretezza al principio costituzionale di risocializzazione dei condannati attraverso lo sviluppo della loro personalità in una situazione di vita collettiva. Non sono in contraddizione con il principio di "certezza della pena", perché sono "pene" a tutti gli effetti, soltanto eseguite con regimi differenti rispetto alla carcerazione.

A fronte di questo concetto, chiaro e anche largamente condiviso, nell’esperienza quotidiana di chi è detenuto, o di chi si occupa di carcere, si incontrano tanti e grandi ostacoli, che spesso impediscono l’avvio dei percorsi di reinserimento realizzati tramite l’ammissione ad una misura alternativa, oppure portano al fallimento dei percorsi già avviati.

Nella Casa di Reclusione di Padova si è svolta il 14 maggio una Giornata di studi sul tema "Carcere: L’alternativa che non c’è", che ha coinvolto molti detenuti nella organizzazione e gestione del dibattito e dei lavori di approfondimento e ha visto una straordinaria partecipazione dal mondo esterno. Questo numero speciale di "Ristretti Orizzonti" raccoglie, tra l’altro, interventi e contributi di quella Giornata, per stimolare il confronto e lavorare perché le associazioni, le cooperative, gli enti locali, gli operatori impegnati nell’area penale esterna si pongano alcuni obiettivi comuni:

  1. Approfondire quali sono i problemi che rendono difficoltoso l’accesso alle misure alternative alla detenzione e determinano una situazione "a macchia di leopardo": in alcune città sono concesse in numero considerevole, in altre sono quasi inutilizzate.

  2. Favorire una riflessione collettiva sul significato di "misura alternativa alla detenzione", sui contenuti della stessa e, quindi, sulla cultura dell’esecuzione penale, anche alla luce dei nuovi orientamenti riguardo al ruolo della collettività e delle vittime del reato nel processo di recupero sociale della persona condannata.

  3. Monitorare l’applicazione delle misure alternative alla detenzione per tentare di chiarire alcuni importanti aspetti, trascurati dalle statistiche ufficiali: tempo di attesa per l’accesso alle misure, pena residua delle persone ammesse, percentuale di detenuti stranieri sul totale delle persone ammesse, natura delle violazioni che hanno portato a revoche delle misure.

Per far circolare di più e rendere più efficaci le informazioni che riusciremo a raccogliere, ci siamo dati uno strumento nuovo: ogni giorno inviamo agli iscritti alla nostra mailing list e inseriamo nel sito www.ristretti.it notizie da tutta Italia sulle carceri e sull’area penale esterna. Per ricevere le nostre notizie, ma anche per arricchirle inviandoci materiali nuovi, potete contattarci all’indirizzo ristretti@virgilio.it.

 

 

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