Editoriale

 

Certi insopportabili luoghi comuni sul carcere e sulle pene

 

“Dalle notizie da bar alle notizie da galera”: dando questo titolo a una importante Giornata di Studi sull’informazione dal carcere e sul carcere, che si è svolta a Padova il 26 maggio scorso, ci volevamo un po’ scherzare su, sulle notizie che giornali e televisioni diffondono sul carcere e sulle pene, ma neanche tanto, in fondo, perché basta pensare a cosa si è costruito intorno al sorriso e alla maglietta griffata di Erika De Nardo, per capire che spesso i toni usati dai media, quando per esempio si parla di permessi premio, misure alternative, durata delle pene raggiungono spesso i livelli di superficialità, imprecisione, anche cialtroneria che sentiamo nelle chiacchiere fatte al bar. Del resto dire per esempio “Donato Bilancia, il serial killer, fra due anni andrà in permesso” non è fare informazione, è fare terrorismo dell’informazione.

Ma per dare davvero l’idea dei danni che fa certa informazione, pubblichiamo alcune brevi frasi, tratte dai testi che alcuni studenti delle scuole medie superiori di Padova hanno scritto, all’inizio di un grande progetto di sensibilizzazione sui temi del carcere, delle pene, del disagio sociale, che per fortuna poi a questi stessi ragazzi il carcere lo ha fatto conoscere davvero un po’. A leggere le loro certezze iniziali, sul fatto che le pene nel nostro paese siano brevi, che gli omicidi escano dopo pochissimo tempo dal carcere, che gli extracomunitari vengano scarcerati subito, si capisce che trovano tutte origine in un certo modo di tanta informazione televisiva di appiattire la realtà su luoghi comuni davvero insopportabili:

“Non è giusto che chi uccide dopo otto anni sia già fuori e commetta altri reati”

“Mi chiedo perché chi è accusato di reati poco gravi passi la vita in carcere mentre chi è accusato di reati gravi passa due mesi lì tanto per far vedere all’opinione pubblica che comunque è stato punito e poi esce, magari per buona condotta, e rifà quello per cui è stato accusato”

“Se una persona uccide non è giusto che stia per poco tempo in carcere, ma dovrebbe pagarla cara”

“Gli extracomunitari che commettono un reato stanno rinchiusi neanche una settimana indipendentemente dal reato stesso”

“Penso che le persone che uccidono dopo un po’ escono e trovo che questo non sia giusto”

“La cosa che vedo ingiusta è che se un italiano uccide una persona ha 1’ergastolo, mentre se uno straniero fa la stessa cosa poi esce”

“Le pene che danno a questi carcerati sono troppo poco efficaci, perché non è possibile che una persona che uccide un’altra persona vada in carcere e dopo un paio d’anni esca”

“Certi carcerati che hanno ucciso una persona escono dopo due giorni fuori, oppure spacciano e dopo due giorni o mezza giornata escono”.

Quello che è certo è che i fatti di cronaca nera, raccontati dai giornali locali e nazionali e dalla televisione, sono diventati mezzi attraverso i quali si condiziona o addirittura si costruisce il sentire comune su grandi temi quali la sicurezza, trasformando spesso i fenomeni di malessere sociale in questioni meramente di “ordine pubblico”.

Lavorare a scardinare i luoghi comuni è uno dei compiti prioritari di chi si occupa di informazione dal carcere, ma per farlo ha un senso, allora, porsi degli obiettivi alti, e primo fra tutti quello di promuovere, con l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa, una “Carta di Padova”, su modello di quella di Treviso a tutela dei minori, che definisca la deontologia e i criteri irrinunciabili di correttezza con i quali produrre informazione sul carcere. A Padova, con la collaborazione dell’Ufficio del Garante per la privacy, si sono fatti grandi passi avanti in questa direzione.

E passi avanti si sono fatti anche sull’altro fronte, quello di produrre informazione “nostra”; un’informazione onesta, sobria, pulita dal carcere e sul carcere. Sono aggettivi pesanti, quelli che abbiamo scelto per definirla, pesanti perché sottintendono un paradosso: quello che fuori, nel mondo dei “regolari”, spesso si fa un’informazione tutt’altro che onesta e tutt’altro che pulita. La nostra sfida è imparare a informare e comunicare dal carcere con “il piacere dell’onestà”.

 

 

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