Fateci un po’ di spazio
59.000:
non siamo mai stati così tanti nelle carceri. Ed è facile prevedere che il
numero aumenterà ancora. Basti pensare agli effetti della Bossi-Fini, che sta
portando in galera sempre più gente: l’ultima infornata ha scaricato alla
Giudecca sei donne giovanissime, tra i 20 e i 22 anni o poco più, in condizioni
penose, qualcuna senza scarpe, qualcuna seminuda, tutte ridotte in modo tale da
far pensare che neppure le bestie si trattano così. Il fatto è che i
maltrattamenti agli animali sono puniti pesantemente, ma chi ha voglia invece di
occuparsi di uomini e donne che arrivano dall’Africa o dall’Est Europa, che
danno fastidio, che fanno paura, che disturbano i sonni tranquilli degli onesti
cittadini?
Nelle carceri non c’è più un centimetro di spazio libero, e intanto continua
una stagione di battaglie per la sicurezza, affidate principalmente
all’aumento delle pene detentive, alla restrizione delle misure alternative
per i recidivi, alla punizione sempre più pesante per chi commette reati legati
alla tossicodipendenza.
Il problema del sovraffollamento poi, non si risolverà con la costruzione di
nuove carceri, come ci promette il ministro Castelli, perché non basteranno
poche migliaia di posti/gabbia per contenere il fiume di disastrati, destinati a
diventare l’obiettivo delle misure repressive in cantiere quali il disegno di
legge Fini-Mantovano sulle droghe e la ex Cirielli, un fiume già in piena oggi
con la Bossi-Fini non ancora a regime.
L’effetto di questo rilancio della politica edilizia penitenziaria è invece
un altro, ossia non si capisce più con quali soldi e quando si eseguiranno le
ristrutturazioni delle carceri esistenti. Di queste la grandissima parte è
assolutamente fuori dalle norme previste dal Regolamento d’esecuzione varato
nel 2000: giugno 2005 doveva essere il limite massimo per i lavori di
ristrutturazione. Le carceri resteranno quindi sovraffollate ed in molte realtà
fatiscenti, e chi se frega, tanto per ora chi ci finisce dentro è gente senza
parola, non parlavano né protestavano quando erano liberi, figuriamoci ora.
Ma non è solo questo il tipo di spazio che chiediamo ci venga lasciato, perché
se non c’è spazio dentro, non ce n’è neppure fuori per chi volesse tentare
davvero, alla fine della galera, di dare un calcio all’illegalità e di
costruirsi una vita da “regolare”. Per lo straniero che esce è prevista
l’espulsione oppure, nella migliore delle ipotesi, di nuovo la clandestinità
con magari qualche soggiorno premio nei famigerati Cpt quindi non c’è
spazio. Per i tossicodipendenti, ovviamente per quelli che non sono stati
folgorati in carcere dal miracolo della “guarigione”, ci sarà altra galera,
tanta e magari mascherata da comunità terapeutica. Non ci sarà più spazio
fuori per chi si droga, i finanziamenti per i servizi alle tossicodipendenze
sono in continuo calo e ci si preoccupa sempre meno per chi ogni giorno per
strada soffre una dipendenza. C’è sempre più abbandono e disinteresse alle
persone, si pensa ormai solo alla repressione: per tanti ci sarà allora il
trovarsi, o ritrovarsi al di sotto della soglia di povertà e, se la galera ha
fatto bene il suo lavoro, sicuramente con qualche serio disagio nelle relazioni
personali.
Oggi non c’è più spazio per nient’altro che non sia l’omologazione, e
tutte le diversità vanno eliminate perché scomode e poco remunerative. Per
molti poi i diversi sono sempre gli altri, ovviamente fino a che qualche
problema non li colpirà direttamente e si troveranno improvvisamente dalla
parte opposta, dietro il muro.
Lasciateci allora un po’ di spazio, anche fuori, perché con questa mania di
chiudere in gabbia tutto e tutti, in futuro molti finiranno qui tra noi, anche
loro sovraffollati, a chiedere spazio e a non trovarlo.
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