Editoriale

 

Avanti, c’è posto!

 

Da alcuni mesi il detenuto, che disegna le vignette del nostro giornale, inventa le soluzioni più fantasiose al problema del sovraffollamento. Anche in questo numero, già dalla copertina si può capire che ne ha studiata un’altra. Eppure, la realtà spesso arriva a superare di gran lunga la fantasia, in questo sforzo incessante di far dilatare virtualmente gli spazi del carcere, a mano a mano che il numero dei detenuti aumenta, invece, molto realmente. L’ultima notizia è che la capienza fisica delle galere non può ovviamente essere cambiata, ma è cambiata la tollerabilità sul numero dei detenuti che possono starci dentro, secondo le valutazioni del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria: avanti c’è posto, dunque, almeno fino a 60.000!

Intanto, cercando informazioni in giro per l’Italia, e tentando di capire perché mai, come risulta da una nostra indagine nelle carceri del Veneto, realizzata coinvolgendo detenuti e volontari, ci siano tanti detenuti, che affollano le galere, e potrebbero invece molto probabilmente stare tranquillamente fuori in misura alternativa, ci accorgiamo che già in molte regioni del nostro paese la "causa" dei detenuti stranieri è data per persa: sono gli operatori stessi, infatti, a non sapere, o a rinunciare a sapere, che un detenuto straniero, che fosse o meno clandestino al momento dell’arresto, può comunque aspirare a lavorare fuori, in semilibertà per esempio. Alla Giudecca ci sono donne straniere che lavorano in cooperativa, mandano lo stipendio a casa e rinuncerebbero anche volentieri ai giorni di liberazione anticipata, pur di mettere insieme un po’ di soldi per tornarsene al loro paese con un po’ più di dignità, quando verranno espulse.

Nelle famiglie di una volta, quelle con otto-dieci figli stipati in spazi ristretti, si diceva per consolarsi: basta la salute! Finché c’è quella, tutto il resto si sopporta. Ecco, il fatto è che oggi in carcere quello che viene a mancare sempre di più è proprio la salute, e non si vede dove andare a sbattere la testa per suscitare un po’ di attenzione sul fatto che della salute dei detenuti non interessa più nulla a nessuno. Inviti ai detenuti a comprarsi le medicine, dichiarazioni come quella del direttore di San Vittore, che denuncia che nel suo carcere sono finiti i soldi per tutto il 2003 per le visite specialistiche, tentativi di suicidio e corpi tagliati perché qualcuno si accorga che esisti: questo è lo stato delle cose oggi, e anche nelle carceri dove si sta meno peggio, ci si chiede comunque che ne sarà della propria condizione di salute, fisica e mentale, se le cose vanno avanti così. Quello su cui, nel frattempo, non si risparmia, nonostante la riduzione consistente dei fondi per la sanità penitenziaria, sono gli psicofarmaci: sovraffollati e sedati, sono queste le prospettive per il futuro?

 

La Redazione

 

 

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