Facciamo
qualcosa per la “meglio gioventù”, ma anche per la “peggio”
di
Ornella Favero
Noi
di Ristretti Orizzonti non ci occupiamo della “meglio” e della “peggio”
gioventù ogni tanto, in qualche numero del nostro giornale che affronta il tema
dei minori in difficoltà, no, noi in questi anni stiamo dedicando gran parte
del nostro tempo a questo, alla prevenzione, al fare assolutamente qualcosa
perché nessun ragazzo debba mai varcare la soglia di un carcere.
Il
progetto con le scuole, lo diciamo molto francamente, non ha eguali quanto a
difficoltà, pesantezza, fatica: nell’ultimo anno scolastico sono stati 158
gli incontri tra “scuole e carcere” che abbiamo organizzato, di cui ben 66
in carcere, e sono più di 4000 gli studenti coinvolti. Ma non è solo la fatica
fisica, a caratterizzare questo progetto, è la tensione, l’attenzione a ogni
parola, la necessità che, durante gli incontri, le persone detenute siano
pronte a prendere la propria vita e metterla a disposizione dei ragazzi e capire
quanto questa fatica sia utile, sia importante, dia un senso del tutto nuovo
alla loro pena.
Ma
poi la fatica continua in redazione, dopo ogni incontro, perché si discute, si
approfondisce, si cerca di riflettere su ogni momento di una esperienza di
prevenzione complessa, che pone i ragazzi di fronte a un contatto duro e senza
finzioni con le conseguenze dei comportamenti a rischio: chi è finito in
carcere ha infatti una storia, e molto spesso è una storia che inizia in una
famiglia normale e continua con piccoli superamenti dei limiti, piccole
trasgressioni, e finisce con trasgressioni che vanno oltre, molto oltre.
Misurarsi con queste storie significa perdere tante illusioni: l’illusione che
a commettere i reati siano “i diversi”, i mostri; l’illusione che la
razionalità ci salvi sempre, e che noi “ci penseremo prima” perché siamo
più intelligenti e più furbi; l’illusione che si possa tranquillamente
giocare con l’alcol e con le sostanze, e fermarsi come e quando si vuole.
Questo numero di Ristretti però compie un passo avanti, perché fa di tutta questa esperienza un’occasione per andare ancora più a fondo: affronta cioè il tema della “peggio” e della “meglio” gioventù con persone che hanno la competenza, e la passione per insegnarci a vedere e capire di più. Della peggio, cioè di quella parte dei giovani che non sono riusciti a fermarsi in tempo, e hanno superato ogni limite sconfinando dalla trasgressione all’illegalità, abbiamo parlato con una persona fra le più competenti in materia, Mauro Grimoldi, psicologo autore di un libro importante su questo tema, “Adolescenze estreme”, e abbiamo toccato anche questioni particolarmente delicate, come i reati a sfondo sessuale commessi dai minori. Ma poi, sempre in redazione, abbiamo incontrato uno scrittore, Eraldo Affinati, e abbiamo parlato di quella che tante volte, a dispetto dei nostri pregiudizi, è parte della “meglio” gioventù: i ragazzi immigrati che arrivano nel nostro Paese sfidando la sorte, scappando dalla miseria, e qui si trovano a lottare mettendo in campo tutte le loro energie per riuscire a farcela. Sono due incontri che abbiamo in qualche modo voluto “regalare” ai nostri lettori perché, in un mondo dell’informazione sempre più superficiale e approssimativo, affrontano invece la realtà dei giovani in tutta la sua complessità. E parlano anche di adulti, di come si diventa adulti credibili. E qui abbiamo davvero tutti da imparare.