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Avvocati ed esperti a disposizione dei detenuti in un servizio di informazione Ascoltare e dare risposte È quello che fa lo Sportello di Orientamento giuridico e segretariato sociale, che cerca di fornire soluzioni sempre, per tutti i piccoli e grandi problemi della galera, dalle pensioni, alla ricerca di lavoro, al trasferimento nelle carceri del proprio Paese d’origine
a cura della Redazione
A volte non è indispensabile inventarsi cose nuove, ma si possono importare e adattare modelli sperimentati in altre realtà e che funzionano: è così che nel novembre del 2007, ispirandosi ai progetti di Milano, di Brescia e di Lodi l’associazione Granello di Senape di Padova, utilizzando l’esperienza di Ristretti Orizzonti e del progetto Avvocato di Strada, che gestisce da anni, ha promosso la nascita dello Sportello di Orientamento giuridico e di segretariato sociale all’interno della Casa di reclusione di Padova. Allo Sportello collaborano circa dieci operatori, presenti in carcere due volte alla settimana, un detenuto che si occupa in particolare dell’archiviazione delle pratiche e un gruppo di avvocati che si alternano allo sportello per offrire consulenze giuridiche gratuite. Lo Sportello dialoga e si relaziona continuamente con l’Ufficio Educatori e con le altre realtà, istituzionali e non, presenti alla Casa di reclusione, nell’ottica di evitare le sovrapposizioni, che rischierebbero di disperdere risorse ed energie, in una situazione in cui queste non sono mai troppe. I detenuti si rivolgono allo Sportello per i motivi più vari: a volte le risposte ai quesiti vengono date subito o in poco tempo, a volte invece è necessario un periodo più lungo, perché si tratta di questioni complesse, controverse, su cui non si possono improvvisare soluzioni. Ciò che viene preso in carico allo Sportello, non è il problema, il quesito, ma la persona, attraverso un’attenzione che non si limita a fornire una risposta, ma si proietta sulla relazione, sulla fiducia; lo Sportello è uno spazio d’ascolto, in cui si ascolta chi ha bisogno di raccontare, di sfogarsi, ma dove ci si prende cura anche delle richieste apparentemente più “piccole”, cercando di informare il detenuto il più possibile, in modo che non pensi di essere lasciato solo. A volte infatti passa diverso tempo tra la richiesta e la risposta, per vari motivi legati alle situazioni tipiche del carcere, ma si cerca comunque, per quanto possibile, di aggiornare le persone. Rapportandosi alle altre figure che lavorano in carcere e sul territorio, gli operatori dello sportello cercano sia di far capire al detenuto che c’è un’armonia di intenti tra i vari progetti che lo riguardano, sia di facilitare le comunicazioni. La discussione che segue, nella redazione di Ristretti Orizzonti, tra detenuti e operatori dello Sportello, cerca di fare il punto della situazione e di avviare nuove proposte e miglioramenti, ad un anno e mezzo dalla nascita di questo servizio.
Ornella Favero: È passato più di un anno dall’attivazione dello Sportello giuridico e di segretariato sociale e volevamo fare il punto della situazione, per capire quello che ha funzionato, ma soprattutto quello che può essere migliorato. Per esempio, io temo che andando avanti dovremo ragionare a fondo sul discorso dell’inserimento lavorativo, e provare strade nuove, perché in un momento di crisi come questo diventa sempre più difficile reperire opportunità lavorative per i detenuti
Vanna Chiodarelli (operatrice sportello): Un primo elemento critico riguarda la presenza degli avvocati. Ci sono alcuni avvocati che sono molto disponibili, vengono appena possono, ma sono pochi e hanno molti impegni, quindi non riusciamo ad assicurare la presenza dell’avvocato tutte le volte che ce n’è bisogno, per cui qualche volta ci arrangiamo, spesso contattiamo gli avvocati fuori e poi comunichiamo la risposta al detenuto. Mi pare comunque che dopo un anno i detenuti hanno acquisito fiducia in questa attività. Sanno che si tratta di una presa in carico, per cui, anche se non trovano una risposta immediata ai loro quesiti, noi ci facciamo carico di quella richiesta e restituiamo una risposta. Per quanto riguarda il ruolo degli agenti, mi sembra che adesso ci sia una buona collaborazione nel chiamare i detenuti per farli scendere allo sportello. Alcuni sono particolarmente sensibili e segnalano anche qualche caso. Certo, ogni tanto con qualcuno bisogna insistere.
Fernanda Grossele (operatrice sportello): La presenza degli avvocati è proprio indispensabile, anche indirettamente, con noi che facciamo da tramite, ma avere un gruppo di avvocati a cui rivolgersi è fondamentale. Da parte dei detenuti lo sportello viene visto come un aiuto e come una collaborazione che noi diamo, magari anche solo per contattare i loro avvocati, per facilitare una comunicazione che in carcere è difficoltosa.
Salvatore La Barbera (operatore sportello): Abbiamo cercato di instaurare un rapporto di fiducia, nel senso che volta per volta, cerchiamo di chiarire cosa possiamo fare, ovvero qual è il “patto di ingaggio”, perché poi alla fine uno arriva allo sportello e però non sa bene cosa trova, e ci chiede “ma cosa potete fare”? Allora è importante essere chiari su quello che è possibile fare e non creare illusioni. Ci impegniamo sulle cose che sappiamo che possiamo seguire, e su questo siamo molto attenti, se poi dopo si arriva a fare di più tanto meglio, ma andiamo cauti e non illudiamo. E le persone lo capiscono e tornano più volte. Oltre alle nostre competenze specifiche, io ad esempio mi occupo di previdenza, abbiamo maturato una conoscenza di questioni più generali, che magari sono ricorrenti. La maggior parte delle persone ha un suo legale, ma vuole un altro parere, per sentirsi più sicura: e qui siamo un po’ a disagio, devo dire onestamente, perché se tu hai il tuo avvocato che ti ha detto una certa cosa, ti devi affidare a lui, e loro ci dicono “sì, ma io vorrei sentire anche il vostro parere”, devo ammettere onestamente che questo mi fa piacere perché vuol dire che sanno che siamo disinteressati. Lo sportello è un luogo in cui diamo consulenze, ma è anche un luogo di ascolto, soprattutto in casi delicati, in cui una persona sta attraversando un momento di difficoltà e quindi merita tutta l’attenzione possibile. Poi vorrei spendere una parola, non perché ci sia Franco qui ma perché la voglio spendere, perché è giusto che sia spesa, sul lavoro di Franco, che per noi è prezioso, nel senso che lui ha esperienza di carcere, ma ha anche acquisito un’esperienza giuridica pratica e comunque anche lui è molto discreto, quando vede che ci sono problemi particolari giustamente si allontana, per cui mi sembra che anche questa sensibilità gli vada riconosciuta.
Alessandro Busi (operatore sportello): Una delle cose che per me sono fondamentali riguardo allo sportello, è che con una esperienza del genere il volontariato fa una sorta di salto di qualità. In questo contesto noi non ci poniamo mai nell’ottica del “ti diamo una mano” o altro, ma ci poniamo nell’ottica di “noi siamo qui per soddisfare la tua richiesta, quindi ci impegniamo per farlo”. Il ruolo centrale secondo me allo sportello è proprio un ruolo di “collante”, nel senso che in carcere c’è una rottura rispetto al mondo esterno, ma spesso anche una distanza rispetto ad altre parti del carcere. Noi cerchiamo appunto di ridurre questa distanza, magari anche solo parlando con l’educatrice e segnalandole un detenuto e la sua situazione. Da subito abbiamo curato il rapporto con l’Ufficio Educatori e sembra che anche le educatrici lo apprezzino, perché c’è uno scambio continuo. E questo ruolo di “collante”, di mediatore, vale anche con l’esterno per quanto riguarda gli avvocati, perché riusciamo sicuramente ad accelerare la trasmissione di informazioni tra il detenuto e il suo avvocato; riguardo al lavoro invece la situazione è piuttosto grigia, sia per la situazione economica generale, sia perché nel caso delle misure alternative, i tempi delle aziende e quelli della giustizia sono completamente diversi. Rispetto alla presenza degli avvocati io non credo che ci siano poco, penso piuttosto che il problema più grosso è che ci siano in maniera discontinua, cioè ci sono dei mesi in cui li abbiamo tutte le settimane e dei periodi in cui non li abbiamo, e quello purtroppo penso che rimanga un problema, però senz’altro potremmo aumentare la “rosa”.
Matteo Dal Pozzo (operatore sportello): La cosa più importante, anche se sembra scontata, è che quando noi parliamo con i detenuti, stiamo attenti a trattare tutti davvero come persone, perché siamo ben consapevoli che questo è un posto in cui non sempre la dignità della persona viene rispettata. Ma spesso il mio lavoro continua anche fuori, perché tutte le volte che devo cercare sul territorio la soluzione a qualche problema di un detenuto, che può essere il rinnovo della patente, o di un documento, o altro, io mi scontro con molte resistenze, dovute a quello che la televisione dice, per esempio il luogo comune che i detenuti vanno in permesso e poi non rientrano, o che un semilibero è già una persona del tutto libera, e io devo spiegare che non è così, e che aiutare una persona a reinserirsi è comunque un vantaggio per tutti.
Elton Kalica: Anch’io faccio una breve riflessione su quello che è l’importanza dell’esistenza di questa attività dello sportello giuridico, un servizio rivolto a tutti i detenuti, che sono trattati come persone, perché per l’amministrazione siamo per forza di cose prima di tutto dei numeri di matricola, per i magistrati siamo dei casi penali, mentre per voi siamo persone e basta. Io aggiungerei che oltre a riconoscere in noi delle persone, siete gli unici a riconoscere in noi delle persone in una posizione debole, precaria, e cioè potenzialmente vittime di abusi o di violazione dei diritti, ecco questa è una cosa unica perché di solito siamo visti come quelli da chiudere in cella e privare di ogni diritto, insomma i cattivi, a cui non si deve perdonare nulla.
Milan Grgic: Certamente anch’io ringrazio a nome di tutti, ma anche personalmente, però voglio rispondere sul perché spesso c’è questo atteggiamento riconoscente. Io ho una buona esperienza delle cause penali, e spesso ho visto che ci sono avvocati che allungano i tempi della giustizia, specie se si accorgono che ci sono soldi da prendere. Ad esempio una volta un ragazzo mi ha chiesto di guardare alcune sue carte processuali e mi sono accorto che non aveva un’imputazione da 4 bis, come invece risultava… lui ha pagato un avvocato a Milano, si è rivolto al giudice qui, si è rivolto agli operatori. Ma nessuno aveva letto con attenzione che il suo reato era stato commesso prima dell’entrata in vigore di questa legge, e questo è un caso banale, solo che io sono un po’ pignolo e guardo tutte queste cose. Allora io qualche detenuto l’ho indirizzato allo sportello perché voi siete le persone che risvegliate la speranza, che dal lato umano e psicologico è molto importante. E poi siccome si dice che la legge non ammette ignoranza, bisogna aiutare tante persone non molto informate a capirle meglio, le leggi. Io faccio il quinto anno di ragioneria, studio e approfondisco le materie, però non sapevo tante cose sulla Giustizia, eppure ho esperienza, ma ci sono persone che non sanno niente, che proprio non sanno nemmeno cosa vuol dire un reato. E poi un altro motivo per cui la gente ha fiducia in voi e ci viene volentieri, è perché voi non avete motivi di interesse di dire diversamente, siete creduti più di altri perché il rapporto tra voi e il detenuto non è basato su qualcosa di materiale, allora il detenuto ragiona e pensa che “non hanno nessun motivo di dirmi una bugia” e ritiene che siete persone serie.
Ornella Favero: Io vorrei fare alcune proposte concrete per migliorare un servizio, che già funziona egregiamente, e di questo siamo grati a voi operatori. La prima riguarda la necessità di pubblicizzare quest’iniziativa sia all’interno, periodicamente, per informare i detenuti arrivati da poco, sia all’esterno. Ad esempio attraverso il Tg Due Palazzi si possono trasmettere alcune informazioni per possibili datori di lavoro, magari spiegando la convenienza che c’è ad assumere un detenuto, il senso e l’importanza che ha per la società, anche invitando i sindaci dei piccoli comuni ad offrire una disponibilità di assunzione, come qualche sindaco nella provincia di Padova già fa, attraverso le cooperative. Una seconda proposta è quella di coinvolgere i magistrati di Sorveglianza, magari chiedendo un incontro sulle questioni legate allo sportello, come ad esempio la necessità di accelerare i tempi per chi ha una offerta di lavoro, che oggi è un miracolo, vista la situazione di crisi. Quindi io suggerirei di fare un elenco dei problemi che vorremmo affrontare, anche quello delle espulsioni per gli stranieri che la richiedono, per vedere se è possibile accelerarle, e poi invitare i magistrati a discuterne insieme. Ancora, bisogna assolutamente fare pressione sul Comune di Padova per l’istituzione del garante delle persone private della libertà personale, perché potrebbe davvero essere una figura di riferimento importante a cui rivolgersi quando ci sono problemi in carcere o nei percorsi di reinserimento. Bisognerebbe cominciare a ragionare anche sui trasferimenti, perché i trasferimenti vengono presi come ineluttabili, non si riesce a fare niente, e le famiglie poi sono vittime di questo. Appena succede che qualcuno ha un comportamento non del tutto corretto, spesso la soluzione del carcere è prendere e trasferire la persona.
Fernanda Grossele (operatrice sportello): A noi è successo che stavamo seguendo una persona, che sarebbe uscita tra due anni, noi ci siamo interessati perché aveva già subito un intervento, aveva dei problemi di salute. Abbiamo anche fatto richiesta per recuperare la sua cartella clinica, perché doveva essere rioperato probabilmente, e quando finalmente siamo riusciti ad averla, io vengo qua con tutti i suoi documenti e lui non c’era più. Allora c’è qualcosa che possiamo fare, in che modo possiamo agire noi rispetto a questi trasferimenti?
Franco Garaffoni: Quando ci sono problemi di salute è una cosa particolarmente grave, e lì dovrebbe intervenire il magistrato di Sorveglianza. Questo detenuto è stato operato due volte al cervello, avevamo qui tutta la documentazione, perché l’abbiamo acquisita, Fernanda ha telefonato addirittura all’ospedale, e invece lui pare sai stato rimandato in Marocco, e probabilmente abbandonato in mezzo alla strada nonostante le sue condizioni di salute.
Alessandro Busi (operatore sportello): Rispetto alla questione della salute, secondo me noi non abbiamo avuto tanti casi al riguardo, e non so se sia perché davvero le cose funzionano bene, o perché è un problema vissuto con la sfiducia totale di poterlo risolvere. Il problema che ci è stato posto di più è quello del dentista. Tornando al discorso dei pareri che un avvocato dà allo sportello, io non lo vedo come un problema, nel senso che gli avvocati che vengono allo sportello chiedono sempre ai detenuti se hanno il loro avvocato, e in ogni caso danno solo dei suggerimenti, li aiutano a capire meglio la loro situazione, a leggere meglio le carte.
Elton Kalica: È chiaro che lo sportello giuridico è diventato molto importante in questo carcere, io credo che dobbiamo insistere per rendere questa realtà ancor più strutturata e riconosciuta, cercando di darle più “autorevolezza”. Innanzitutto con la direzione dobbiamo stabilire degli incontri periodici, e trovare il linguaggio giusto per far capire che questa attività è una cosa fondamentale per i detenuti e quindi anche per il carcere complessivamente. Al direttore chiederei anche di riconoscere il ruolo dello scrivano, che può essere ricoperto da Franco. Anche se magari non lo pagano, sarebbe un riconoscimento del contributo che diamo. Poi bisognerebbe riuscire ad ottenere da parte della direzione un ufficio stabile, dove tenere l’archivio e fare i colloqui con tranquillità. Perché un servizio così importante per la tutela dei diritti dei detenuti non può essere lasciato dal punto di vista logistico in uno stato di precarietà, per cui al primo corso che ha bisogno di un’aula, lo sportello giuridico non ha più una sede. Lo Sportello dovrebbe trovare il modo per avere un riconoscimento anche da parte della magistratura di Sorveglianza, e anche per questo sarebbero utili incontri periodici con i magistrati. Ma secondo me si deve avviare una collaborazione su questo terreno anche con gli enti locali, e il Comune in particolare, perché bisogna essere nelle condizioni che, quando un detenuto pone un problema, ci sia la possibilità di avere come interlocutori tutti gli attori principali che sono sul territorio.
Salvatore La Barbera (operatore sportello): Il senso “politico” della nostra iniziativa è proprio quello di rivolgersi agli interlocutori istituzionali, enti locali, magistrati e direttore, con una autorevolezza che ci siamo conquistati dal basso con il nostro lavoro. Allora la sede, lo scrivano, gli incontri periodici con gli operatori sono proprio elementi di riconoscimento, attraverso i quali lo Sportello può rafforzare il suo ruolo e definirsi come servizio stabile, organizzato, interlocutore affidabile per tutti.
Richieste di consulenza Informazioni giuridiche:
Richiesta benefici (O.P.) Liberazione anticipata Semilibertà Affidamento in prova ai servizi Sociali Sospensione pena Detenzione domiciliare Liberazione condizionale Permessi premio Applicazioni di pene concorrenti Espulsioni (opposizione all’espulsione i richiesta di espiazione pena al Paese di provenienza) Incidente di esecuzione
Segretariato sociale:
Richieste su Pensioni sociali (invalidità, anzianità, assegni familiari, trattamento fine rapporto) Ricerca lavoro esterno Rinnovo documenti (patente, passaporto e rinnovo permesso soggiorno) Ricerca di soluzione abitative a fine pena Assistenza fiscale Domande di disoccupazione
Lo sportello è attivo anche all’esterno del carcere, in particolare per detenuti prossimi alla scarcerazione ed ex detenuti, che chiedono un supporto per la ricerca di un’occupazione.
I numeri dello sportello
Lo sportello di orientamento giuridico e segretariato sociale, gestito da volontari dell’associazione Granello di Senape di Padova, è attivo nella Casa di reclusione di Padova dal novembre 2007. Due volte alla settimana gli operatori incontrano i detenuti che hanno fatto la richiesta in uno spazio all’interno della redazione di Ristretti Orizzonti, dove raccolgono le richieste di consulenza. Le questioni giuridiche vengono affrontate grazie alla collaborazione di un gruppo di avvocati del Foro di Padova che prestano gratuitamente la propria consulenza sia direttamente allo sportello, sia indirettamente, attraverso la mediazione dei volontari. Nel periodo novembre 2007 – giugno 2009 lo sportello è stato consultato da 362 detenuti di cui: Detenuti stranieri: 213 Detenuti italiani: 149 Il numero dei contatti è almeno doppio, se si considera che la quasi totalità dei detenuti torna allo sportello almeno due volte (ma spesso anche cinque o sei). Gli operatori dello sportello vengono contattati dai detenuti sia per richieste di consulenza giuridica, sia di segretariato sociale o anche solo per facilitare le comunicazioni con i loro avvocati o con figure istituzionali. Le richieste che vengono rivolte con maggiore frequenza riguardano l’assistenza fiscale, il supporto nella lettura di sentenze o documenti giuridici, il ricorso verso l’espulsione, ma anche solo viene richiesto di riferire qualche messaggio alle educatrici o ad altre figure istituzionali.
Piccoli esempi di problemi finalmente risolti, nonostante la galera
di Salvatore La Barbera
Si erano dimenticati di Juan!
Il giudice di Milano gli aveva concesso la possibilità di espiare la residua pena in Argentina, il suo Paese di origine, ed aveva incaricato il questore di Verona di attuare il provvedimento. Ma erano trascorsi quasi sei mesi e Juan era ancora recluso al Due Palazzi di Padova. Si era presentato al nostro Sportello più di una volta e ci aveva chiesto se potevamo fare qualcosa. Noi abbiamo preso contatto con l’Ufficio Espulsioni della questura di Padova che assicurava di essere aggiornato e di non avere pratiche da evadere. Peccato che Juan aspettava da mesi, con ansia, il ricongiungimento con la sua famiglia! Mostrando il provvedimento del giudice si è mosso il tam tam tra questura e carcere e dopo che l’equivoco è stato chiarito (la questura di Verona aveva trasmesso l’incartamento alla Casa di reclusione e non alla questura di Padova come avrebbe dovuto) nel giro di tre giorni Juan era in volo per l’Argentina.
L’assegno del trattamento di fine rapporto di lavoro di Abdellatif
Anche Abdellatif sprizzava gioia da tutti i pori il giorno che ha ricevuto l’assegno del suo trattamento di fine rapporto di lavoro, che aveva maturato prima di essere arrestato e che rimaneva giacente presso l’INPS di Treviso. Il suo avvocato aveva minacciato di denunciare i funzionari Inps per omissione di atti di ufficio, ma poi aveva lasciato perdere. Il nostro Sportello ha preso contatto con il Direttore provinciale Inps con il quale si è concordata una procedura che, anche con la collaborazione della Direzione del carcere, ha permesso lo sblocco della pratica. Cosa abbiamo fatto noi? Abbiamo solamente sollecitato una assunzione di responsabilità da parte degli attori coinvolti e abbiamo preteso che la soddisfazione del cliente fosse messa al primo posto. E come Juan e Abdellatif, tanti altri hanno trovato ascolto, e risposte allo Sportello.
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