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Quando sarò fuori ho paura che sarò solo
Le persone cosiddette regolari, per quello che io sono stato, difficilmente accetteranno la mia amicizia
di Mario Salvati
Uno come me, che è dentro da tanto, tanto tempo, e ne ha passate di tutti i colori, protestando per ottenere i propri diritti da detenuto, dopo tanti anni di detenzione, con l’approssimarsi della possibilità di uscire, viene colto dai dubbi… o, più che altro, da tante paure. Come sarà una volta fuori? Sei lì che cominci a costruire il futuro… ed ecco presentarsi le paure… Sarò all’altezza di mantenere quelle promesse, realizzare quei progetti che faccio assieme ai familiari quando vengono a trovarmi ai colloqui ? La mia sarà una intromissione nella loro quotidianità, anche se in 20 anni mi sono sempre stati vicini? Mi sono fatto i calcoli: 4 ore di colloquio al mese... in pratica, in tutto questo tempo, ho passato con i miei circa 2 mesi… Mio figlio mi conosce solo "virtualmente", anche se ci siamo raccontati sempre tutto. La realtà è ben diversa da come l’ho lasciata, i miei famigliari ormai hanno costituito altre famiglie, ho una certa paura di essere considerato un intruso che si affaccia nelle loro vite. Per me, sarà come rinascere, iniziare una vita nuova, accettare tante novità, tante cose che in precedenza facevo fatica ad accettare, dovrò comunque tenermi fuori dai guai e cercare di condurre una vita onesta. Non sarà facile. La mia paura principale è di non riuscire a farcela… La vita "fuori" è dura, molto facilmente si può essere costretti a ricadere… A tornare ad essere recidivi. Questo è un fatto che mi è capitato: ricordo che, nella batteria opposta alla nostra, c’era un ragazzo che aveva un fratello molto più grande di noi, e da tutti noi era considerato un duro perché, per rapina ed omicidio, si era già fatto tanti anni di galera. Alcuni di noi lo conoscevano di fama, altri perché abitavano nella stessa via. Quindi, era uno che era temibile e che sapeva il fatto suo. Una volta, lui intervenne per mettere pace tra le due batterie; eravamo tutti ragazzi cresciuti nello stesso quartiere, quando, vedendolo venire verso di noi, dallo spavento abbiamo reagito immediatamente, mandandolo all’ospedale. Solo dopo ho saputo che le sue intenzioni erano di fare da paciere, ma noi non potevamo saperlo che lui era cambiato. A volte, mi chiedo se un fatto del genere possa accadere anche a me. . . Questa è una delle tante paure che ho, nell’affrontare il problema della mia prossima uscita, anche se l’attesa è ancora un po’ lunga. I compagni che avevo non ci sono più, la maggior parte sono morti, e di noi, per quello che ricordo, c’e ancora qualcuno vivo, ma detenuto. Dei miei vecchi amici, fuori, non ne ho più. Le persone cosiddette regolari, per quello che sono stato, difficilmente accetteranno la mia amicizia. Le nuove generazioni di mariuoli… neanche a pensarci, quindi, quando sarò fuori, ho paura che sarò solo. Chi mi si avvicinerà lo farà solo per quello che sono stato in passato, non per amicizia. Poi ho altri timori, dettati dal fatto che ormai questa vita di galera è l’unica che conosco: un timore che ho è di dover rinunciare a tante abitudini, ormai radicate in me da molto tempo… Non dover più trovare la cella a soqquadro, dopo una perquisizione, e tutti i panni per terra, con qualche "decorazione" di caffè o olio lasciata per sbaglio… E come fare senza sentire quel "dolce suono" della battitura delle sbarre? A volte, ma solo se sei fortunato, riesci a sentirlo anche in stereo, uno svolge la battitura al piano sotto e l’altro allo stesso tuo piano… Altra cosa della quale sentirò la mancanza saranno le "conte"… essere contato sei, o sette volte al giorno, è una cosa che ti fa sentire bene... pensi che c’e qualcuno che si preoccupa per te e ci tiene alla tua presenza. Non dormirei tranquillo, non avendo più chi mi viene a svegliare durante la notte, preoccupato per la mia salute. E come si può fare a meno di quel "salutare" metal detector, che ti passano addosso quando esci dalla cella… per effetto dei campi elettromagnetici, potrebbe farti anche un bel regalo, tipo tumore o altro… E quei meravigliosi "braccialetti", che tante volte ti sei ritrovato addosso? Solo chi non apprezza quel "dono" seppur momentaneo, quei gioielli, li chiama schiavettoni o spezza-polsi. Se ti va bene, per qualche giorno ti ritrovi con i polsi che ti fanno male, ma ti può anche capitare di ritrovarti con il gesso per "soli" 40 giorni… la loro bellezza è rara, fatta di un bel color ruggine per i vecchi, quelli nuovi sono ancora più belli, lucidi, basta uno scatto per stringerli ancor di più… hanno anche un optional, sono forniti di un guinzaglio. La mia maggior paura è che tutte queste belle cose, una volta libero, mi vengano a mancare… Una scommessa diventata realtà
"All’inizio non riuscivo a entrare in questa società, non riuscivo a fidarmi delle persone nuove che conoscevo"
di Patrizia Tellini
Patrizia Tellini fa un lavoro qualificato al Comune di Empoli. Eppure arriva dal carcere e "le ossa" se le è fatte nella redazione di Ragazze Fuori, la rivista dell’Istituto a Custodia Attenuata di Empoli. Dunque vuol dire che qualche volta un miracolo è possibile: quello di costruirsi una professionalità durante la detenzione e poi trovare un lavoro adeguato al momento dell’uscita dal carcere. Certo non succede tanto spesso, e sono più i casi degli ex detenuti che ci raccontano che il dopo pena riserva solo lavori dequalificati e poco pagati, ma l’esperienza di Patrizia dimostra che ci sono percorsi diversi, costruiti passo passo utilizzando al meglio il tempo del carcere, e bisogna lavorare perché non si tratti di casi isolati.
La Redazione
Ero arrivata da poco alla Casa Circondariale a custodia attenuata, quando nacque in tutte noi donne lì dentro la voglia di creare un ponte con l’esterno attraverso le nostre parole, le nostre storie: con un giornale tutto al femminile. L’idea, del nostro gruppo e della nostra insegnante di giornalismo, Barbara Antoni, prese pian piano forma. Era una autentica scommessa, e non sapevamo come sarebbe andata a finire. Quello che ci ha unito è stata la fiducia di far bene, di riuscire a scrivere su quelle poche pagine iniziali quello che eravamo e quello che saremmo diventate. "Ragazze Fuori" nasce nel 1998 e sono 5 anni che la nostra attività va avanti. Iniziando a scrivere mi sono appassionata di cronaca, di diritti umani, di vedere dentro alle ingiustizie. Così le mie prime rubriche furono fin da subito sulla Pena di morte, le violazioni dei diritti umani, le violenze tutte, l’Aids. Da quella voglia di essere informata e di informare l’esterno, chiesi alla mia responsabile di pensare a qualcosa che avrebbe permesso la continuazione di questa bella esperienza. Così nacque il giornale del Comune di Empoli, un periodico bimestrale, l’informa-cittadino "Empoli" che è diventato il mio lavoro di tutti i giorni e non solo. Credo che sia una grande, unica opportunità, che mai avrei pensato si realizzasse, e molto è dovuto all’Amministrazione comunale che ci ha dato fiducia, rispettandoci come persone che volevano riprendere in mano la loro vita, tutta la loro voglia di cambiamento. Il mio ritorno nella vita di tutti giorni risale al 16 ottobre 2000. Il primo anno di reinserimento non è stato facile. Avevo ancora molta paura dentro di me, anche se fuori sembravo a mio agio con tutto ciò che mi circondava. In realtà, non riuscivo a entrare in questa società, non riuscivo a fidarmi delle persone nuove che conoscevo. Forse perché non conoscevo questo paese, Empoli, o forse perché mi sentivo ancora "diversa" da tutti. Pian piano però mi sono integrata in questa comunità, che devo riconoscere sensibile alle persone in difficoltà come lo sono stata io, e grazie al posto di lavoro in cui mi trovo e al quale sono molto legata, sono riuscita a sentirmi parte di questo territorio. Nella quotidianità di ogni giorno, si devono affrontare delle sane responsabilità, che non puoi rimandare a domani, come accadeva nel passato. Adesso sento di essere semplicemente Patrizia, con i suoi limiti, con il suo carattere forte, celato da una profonda timidezza che mi ha spinta sempre ad attaccare per difendermi. Oggi sono molto più disponibile verso gli altri, senza false maschere, cerco la relazione, il contatto diretto, e il lavoro che faccio mi aiuta a crescere aprendomi agli altri colleghi, con cui condivido ogni mio giorno, lavorando con serietà e tanta voglia di migliorare e imparare. Ogni mattina svolgo mansioni che cominciano con la rassegna stampa sui giornali locali e nazionali per il Sindaco e tutti gli Assessori. Grazie alla professionalità del mio attuale Capo Ufficio e alla buona guida della precedente responsabile, Barbara Antoni, che ha scommesso con fiducia sulla mia volontà di fare questo tipo di lavoro, adesso sono in grado di lavorare bene e riconosco i pezzi utili per una completa informazione necessaria agli amministratori; ho imparato a leggere un giornale; a trovare notizie che magari non appaiono su tutti i quotidiani e sto imparando a riconoscere i giornalisti più importanti in campo nazionale. Quindi la mia selezione dei pezzi ha anche un’impronta politica. Sono molto attenta alle interviste di Ministri, parlamentari dei vari schieramenti, per avere un più ampio quadro di ogni situazione che la stampa affronta quotidianamente, comprendendo anche il taglio che viene dato a un pezzo. Leggo i pezzi importanti che seleziono, perché mi aiutano a sviluppare e sciogliere la mia scrittura, appropriandomi di un lessico più diretto e creativo. Un consiglio che cerco di rispettare è quello di leggere il più possibile. Anche se non tutti i giorni riesco a leggere un quotidiano per intero, nella mia giornata la lettura ha sempre importanza. La mattinata continua con la preparazione di conferenze stampa, se ce ne sono; quindi preparo la cartella stampa, con l’aiuto grafico dei colleghi della redazione della Rete Civica del Comune, invio la convocazione agli organi di informazione locali, o regionali, a seconda dell’importanza dell’argomento che gli amministratori vogliono comunicare. Mi occupo anche della scrittura dei comunicati stampa, che ho trovato difficile all’inizio, perché non lo avevo mai fatto, essendo un modo diverso di scrivere, rispetto a un pezzo per il giornale del carcere, Ragazze Fuori, o per il periodico dell’Amministrazione, Empoli, nato dall’esperienza, appunto, di Ragazze Fuori. Il comunicato stampa deve informare e comunicare in maniera breve e chiara. Con la costanza e la volontà di riuscirci, sono migliorata molto. Ora riesco a dare vita alla notizia da comunicare, con parole semplici e chiare. L’Ufficio in cui svolgo la mia attività lavorativa, è anche la redazione dei due giornali sopra menzionati. Scrivo i pezzi, mi occupo della ricerca delle notizie, faccio delle interviste per lanciare, per esempio, una campagna informativa su un servizio sul territorio, e poi vado nella Cooperativa che impagina i nostri giornali, insieme al Capo, per vedere in concreto la messa in opera del lavoro svolto precedentemente nel nostro ufficio. Talvolta le scommesse che possono apparire al buio, acquistano una luce così particolare, così chiara, che solo la fiducia in una persona è la risposta. Non sempre però si incontrano persone disposte a mettersi in gioco per una giusta causa. A Empoli c’è questa volontà, come può esserci anche altrove, molto dipende da quanto la persona sia determinata nel proprio cambiamento.
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