Con
gli occhi dell’altro, del nemico, del diverso
Mostra
del Cinema di Venezia 2013, in sala a guardare “Miss Violence” ci sono
prevalentemente
giornalisti.
Alla scena finale, quando la madre, dopo che per anni la famiglia ha subito da
lui violenze e vessazioni, uccide il marito, “l’orco”, scatta tra il
pubblico un applauso scrosciante.
La
redazione di Ristretti Orizzonti, che nel suo lavoro di confronto con le scuole
e con la società parte sempre dalle testimonianze di persone che hanno commesso
a volte anche reati gravissimi, reati violenti, e non per questo però sono
etichettabili come “mostri”, a quell’applauso liberatorio per
l’uccisione del “mostro” contrappone una lettura diversa della realtà.
Basta
infatti leggere “Con gli occhi del nemico”, il saggio di uno scrittore che
vive dentro uno dei più duri conflitti del mondo contemporaneo, l’israeliano
David Grossman, per capire che forse la strada giusta è un’altra: “Quando
abbiamo conosciuto l’altro dall’interno, da quel momento non
possiamo più essere completamente indifferenti a lui. Ci risulterà
difficile rinnegarlo del tutto. Fare come se fosse una “non
persona”. Non potremo più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla
sua ragione, dalla sua storia. E forse diventeremo anche più
indulgenti con i suoi errori”.
Ecco
allora che questo seminario di formazione per i giornalisti (professionisti,
praticanti e pubblicisti) organizzato dalla redazione di Ristretti Orizzonti e
dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto, ha esattamente questo fine:
rivendicare per chi sta scontando una pena il rifiuto di essere considerati
“non persone”, imparare a leggere la realtà anche “con gli occhi del
nemico”.
In
carcere il primo appuntamento della formazione continua
di
Gianluca Amadori,
Presidente
dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto
Sono
tanti anni che l’Ordine dei Giornalisti del Veneto collabora con Ristretti
Orizzonti, organizzando dei seminari in carcere, che sono sempre esperienze di
grande interesse, ma quest’anno sono particolarmente contento che il primo
appuntamento della formazione continua sia proprio quello in carcere. Dal 2014
infatti entra in vigore l’obbligo di formazione per i giornalisti, che
inauguriamo con questo seminario, ed è anche questa una sfida nella sfida,
venire qui in carcere e entrare a contatto con una realtà diversa da quelle con
cui siamo abituati a confrontarci.
La
sfida della formazione è una grande sfida che ci aspetta tutti, stiamo cercando
di organizzarla al meglio, di darle contenuti e prospettive, a breve daremo
informazioni dettagliate su come funzionerà
e
con un po’ di pazienza da parte di tutti i colleghi credo che sarà molto
interessante riuscire ad avviare questo percorso di studio permanente, di
approfondimento permanente per i giornalisti.
Ringrazio
soprattutto Ristretti Orizzonti che ogni anno su questa iniziativa ci mette un
sacco di energia e di competenze, il seminario Con gli occhi dell’altro,
del nemico, del diverso è interessantissimo per i temi che tratterà
e per i relatori di altissimo livello.
Il
male lo fanno sempre “Gli altri”
di
Ornella Favero
Voglio
aprire questo seminario con un fatto curioso: ieri mi ha chiamato una persona
che non conoscevo e che si è qualificata come giornalista, allora io ho
immaginato che fosse un giornalista che doveva entrare in carcere per questa
iniziativa del seminario di formazione, e gli ho chiesto subito se c’era
qualche problema, al che lui mi ha risposto:
“No,
non è per il seminario, è perché sono stato fermato qualche giorno fa, avevo
bevuto più del consentito, quindi devo trovare una associazione per la quale
fare il lavoro di pubblica utilità sostitutivo della pena carceraria”. Perché
faccio questo esempio? Perché, vedete, dai racconti che si fanno molto spesso
sui giornali e in TV di fatti di cronaca nera, si immagina sempre che siano
“gli altri” a commettere i reati, e a questa idea, che il male lo fanno
sempre “GLI ALTRI”, contribuiscono spesso proprio tanti articoli di giornale
o servizi televisivi. Ora, gli altri siamo noi, questo giornalista, con il
Codice della strada, viene a fare lavori di pubblica utilità con la nostra
redazione, così gli facciamo assaggiare il carcere, perché sapete meglio di me
che, se si viene fermati alla guida avendo bevuto più del consentito, la cosa
ha rilevanza penale, si va a processo e si rischia fino ad un anno di carcere.
La
prima volta che succede un fatto del genere ti possono concedere di sostituire
la pena carceraria con i lavori di pubblica utilità, ma se ti succede una
seconda volta, e sei quindi recidivo (ormai la recidiva è vista come il male
assoluto, e c’è una legge feroce, la ex Cirielli, che ha rafforzato questa
idea della recidiva), la seconda volta il carcere non te lo leva nessuno. Perché
ho fatto questo esempio? Perché noi lavoriamo faticosamente a ridurre quella
distanza, spesso fasulla, che viene creata dall’informazione tra il carcere e
la città, il territorio. Penso per esempio a quella definizione, così
diffusamente impiegata, “Il pianeta carcere”: ma il carcere non è un
pianeta, il carcere è un pezzo della nostra vita, e il capovolgimento delle
situazioni, il trovarsi a essere, da vittima, autore di reato è molto facile
davvero. Nella mia redazione ci sono delle persone che hanno fatto una scelta di
vita, certo, se uno va a fare rapine sa che cosa lo aspetta, ma ce ne sono tante
che non hanno fatto una scelta di vita e sono finite in carcere perché le vite
a volte deragliano, le nostre vite, di persone “regolari” a volte
deragliano. Questo esempio credo che sia un po’ il
cuore di tutto il seminario. Ogni capitolo di questa Giornata di studio dedicata a temi collegati all’esecuzione della pena si aprirà con la testimonianza di alcune persone detenute della redazione, a cui seguiranno le relazioni dei “tecnici”.