Il
punto di vista del papà di un detenuto
Perché
voi qui in Italia staccate la famiglia da chi è in carcere?
Papà
di Graziano,
detenuto nella Casa di reclusione di Padova
Io
sono il papà di un ragazzo detenuto nella Casa di reclusione di Padova e vengo
dall’Albania, e praticamente da tre anni sono orgogliosamente diventato un
cittadino italiano.
Veniamo
anche noi da una famiglia che ha dovuto fare grandi sacrifici e siamo arrivati
qui per fare una vita migliore, però capita anche nelle famiglie come la nostra
che ci troviamo in una situazione davvero triste di avere un figlio detenuto. Io
sono arrivato nel ’97 in Italia, quando in Albania c’era la rivoluzione, mi
ero laureato nel 1983 e facevo il comandante di navi, ho sempre sognato di
arrivare qui in Italia, ma lavorando, in modo onesto. Però vi dico che quel
sogno è un po’ entrato in crisi per quello che è successo a mio figlio: io
speravo che lui diventasse una brava persona per essere utile per la società
italiana di cui noi facciamo parte, ma vi ricordo solo una cosa: succede che un
figlio sbagli e finisca in carcere anche nelle famiglie buone, la mia lo era e
lo è, perché io sono il figlio di quel papà che è stato eroe in Albania nel
’43 per aver salvato la vita a 25 ragazzi italiani, il battaglione Antonio
Gramsci, ed è stato anche premiato dal presidente Prodi in Albania, e questo
per me è un motivo di orgoglio. Però non nascondo che questa cosa che è
successa nella nostra famiglia sinceramente mi ha lasciato un vuoto, anche se
continuo a sperare sempre di essere utile alla società.
Il
risultato del carcere deve essere alla fin fine l’educazione, le persone
detenute devono essere reinserite nella società, e faccio allora un appello,
anche in Albania esistono i colloqui intimi, perché voi qui invece staccate la
famiglia da chi è in carcere? La famiglia è la base della vita, voi rischiate
di sradicare dalla base queste persone.
Una casa che non ha fondamenta forti non resiste, per gli esseri umani quelle fondamenta sono la loro famiglia, non dobbiamo allora rassegnaci a essere staccati dai nostri cari, anche se sono in carcere