Parliamo ancora, ostinatamente, di amore

 

Quello che si può fare per consentire al detenuto di non rompere il rapporto con le persone a lui care

 

di Salvatore Pirruccio, direttore della Casa di reclusione di Padova

 

Abbiamo pensato di organizzare questo seminario, perché il tema è molto importante, non solo dal punto di vista delle persone detenute. Ma soprattutto per i familiari. L’argomento concernente i rapporti tra il detenuto ed i propri familiari è ampiamente trattato dall’Ordinamento Penitenziario ma, nell’applicazione pratica si verificano molte differenze tra un carcere e l’altro e questo perché la previsione normativa costituisce il minimo che deve essere garantito al detenuto: in effetti vi sono ampi margini decisionali attraverso i quali si può rendere meno gravosa l’ansia di coloro che hanno un figlio, un padre o un marito in carcere.

Quello di cui bisogna tener conto è che la sofferenza del detenuto in carcere, dovuta chiaramente alla privazione della libertà, è enormemente aggravata dalla consapevolezza dei grossi problemi che i familiari devono affrontare a casa propria, ad iniziare dal trauma subito quando il loro congiunto è stato arrestato. Molto spesso era proprio lui il sostentamento di quella famiglia, così si generano seri problemi economici anche solo per recarsi a visitare il congiunto, specialmente quando, nonostante il principio della regionalizzazione dell’esecuzione penale, egli si trovi in un carcere lontano da casa. A tal proposito occorre riconoscere che l’Amministrazione Penitenziaria sta attivamente perseguendo una politica tesa a non allontanare il detenuto dalla residenza del proprio nucleo familiare.

Prima di iniziare il seminario desidero brevemente riferire ciò che qui a Padova facciamo per agevolare o comunque per venire incontro ai parenti al fine di sostenere ed incrementare i rapporti tra il detenuto e la propria famiglia che è l’ambito dove, verosimilmente, egli ritornerà quando terminerà di scontare la pena, ovvero quando dovesse beneficiare di una misura alternativa.

Iniziamo allora a parlare di colloqui visivi. I colloqui visivi, sono previsti dalla legge nella misura minima di sei ore al mese. Ferma la previsione normativa e compatibilmente con gli spazi a disposizione, ho aumentato il numero di ore fruibili.

Ho ritenuto di aumentare anche i colloqui con le persone che non sono parenti o conviventi; viene effettuato un controllo su eventuali precedenti giudiziari del soggetto richiedente e così anche gli amici e i conoscenti possono accedere in Istituto, e ciò per consentire al detenuto di non interrompere il rapporto che ha con le persone a lui care.

I colloqui possono essere prenotati telefonicamente o con l’invio di una mail, indicando il giorno e l’ora in cui si intende accedere in Istituto. L’Ufficio Accettazione Colloqui organizza i turni ed il familiare può fare accesso alle sale interne senza dover attendere molto tempo fuori; è vero che a volte si verificano dei disguidi ma stiamo lavorando per cercare di eliminarne il più possibile. Altri colloqui autorizzati sono quelli domenicali. A turno, per singoli reparti, ci si può intrattenere con i propri familiari per 4/5 ore con la possibilità di pranzare insieme. La palestra, che è il locale più grande che abbiamo, viene allestita a cura degli stessi detenuti, con tavoli e sedie. Maggiore attenzione è riservata ai bambini; nel mese di marzo si celebra la festa del Papà ed i piccoli possono restare a giocare per qualche ora con il loro papà mentre i più grandicelli hanno l’occasione di parlare un po’ più a lungo e più tranquillamente rispetto a ciò che avviene durante le consuete visite nelle piccole sale colloqui. Da qualche tempo, avrete notato che nelle sale colloqui abbiamo installato i distributori automatici di bevande e generi di conforto così, sarà possibile prendere un caffè od offrire una bibita o una merendina ai bambini durante il colloquio.

Un servizio molto richiesto e che funziona da molti anni è quello svolto dalle volontarie di Telefono Azzurro, che ospitano i bambini nella ludoteca da loro allestita consentendo ai genitori di fare il colloquio senza dover accudire ai figli piccoli, oppure possono stare tutti insieme nella sala che è ricca di giochi con la possibilità anche di assistere a filmati di cartoni animati.

Veniamo alle telefonate verso i familiari. Quelle consentite dall’Ordinamento Penitenziario sono una alla settimana della durata di dieci minuti. Oltre queste che sono garantite per legge ho ritenuto di autorizzarne due in più al mese da fruire liberamente; i numeri telefonici che si possono chiamare sono sempre verificati dal personale addetto e da me autorizzati. Sono consentite chiamate anche verso i telefoni cellulari previa apposita istruttoria tesa a verificare la proprietà dell’apparecchio telefonico.

Le telefonate possono essere effettuate durante tutta la giornata dalle ore 08.00 alle 20.00. Ciascun detenuto è dotato di un PIN e può accedere, senza alcuna preventiva richiesta, al telefono installato nella propria sezione detentiva e può telefonare alla famiglia quando lo ritiene opportuno o per lui necessario.

L’obiettivo che ci si prefigge è quello di incrementare ulteriormente le telefonate perché è l’unico strumento a disposizione del detenuto per aiutarlo a superare i momenti di difficoltà o di sconforto che durante la carcerazione sono davvero tanti.

Da qualche mese abbiamo attivato la possibilità di effettuare un colloquio via Skype. È stata allestita una stanza dove nella giornata di martedì, quando i colloqui visivi non sono previsti, è possibile, con priorità per chi solitamente non fa colloqui o li fa raramente, di stare 15/20 minuti in collegamento con i propri familiari senza incidere sul numero di colloqui previsti dalle disposizioni in vigore.

Lo scopo di tutti questi servizi attivati in favore dei detenuti e a beneficio dei loro familiari è quello di incrementare sempre più le relazioni tra loro, perché siamo convinti che questi sono strumenti indispensabili per aiutare entrambi a superare in modo costruttivo il difficile periodo della carcerazione e perché tali relazioni sono di fondamentale importanza nel percorso di reinserimento del condannato.

 

 

 

Noi che ci vantiamo della nostra democrazia, sul tema “Carcere e affetti” siamo terribilmente indietro

 

di Ornella Favero – Direttore Ristretti Orizzonti

 

Ho chiesto al Direttore di raccontare i piccoli, importanti cambiamenti introdotti nel rapporto delle persone detenute con le loro famiglie a Padova per due motivi, il primo molto di basso profilo, ma lo dico lo stesso, perché sono tutte richieste che sono partite dalla redazione anni fa, e che hanno però ottenuto ascolto dalla Direzione, e sono anche piccoli obiettivi che tutto il volontariato dovrebbe darsi, la seconda questione che mi preme dire è che queste piccole concessioni, ma chiamiamole conquiste a Padova, in tante altre carceri, anzi, nella stragrande maggioranza delle carceri italiane non sono possibili! Cioè delle cose minime, per le quali non serve cambiare una legge, che però possono cambiare la vita delle persone, quelle due telefonate in più, una vera boccata di ossigeno, o i colloqui lunghi o Skype adesso per chi ha la famiglia lontana, sono tutte cose possibili e fattibili, che però non vengono fatte. Quindi oggi stiamo lavorando perché in tutte le carceri italiane alcune cose vengano permesse già da subito, perché sono possibili senza cambiare la legge.

Certamente io credo che noi dobbiamo ragionare su una questione, l’Ordinamento penitenziario l’anno prossimo compie 40 anni, allora è un Ordinamento per tanti versi avanzato, però sugli affetti è un Ordinamento arretratissimo, è una miseria quello che è consentito alla persona detenuta e alla sua famiglia, una miseria, per questo io, che sono sempre molto restia a dare un taglio politico a questi incontri, perché mi piace ragionare con tutti, fuori dagli schemi e dalle rigidità della politica, tentare di riflettere su come funzionano le cose e spingere per i cambiamenti con tutti, sono però molto contenta che oggi ci siano dei parlamentari, Alessandro Zan, Sergio Lo Giudice del Partito Democratico e Gessica Rostellato del Movimento 5 stelle, perché sono persone che si stanno concretamente muovendo per una nuova legge, si stanno muovendo per cambiare questa situazione.

Voglio fare un’ultima piccola osservazione: qualche giorno fa leggevo sulla nostra Rassegna Stampa che l’Algeria sta introducendo i colloqui intimi, e con una precisazione, che l’Algeria è l’ultimo dei Paesi arabi a farlo, perché tutti gli altri ce li hanno da anni, se non da decenni come l’Arabia Saudita.

Quindi voglio dire, noi che ci vantiamo della nostra democrazia, su questi temi siamo terribilmente indietro.  Ci sono oggi qui molti famigliari, fratelli, figli, sorelle, genitori, mogli, spero che abbiano il coraggio di portare la loro testimonianza, però io voglio aprire questo seminario con una frase della figlia di Victor, Stephanie, io ho visto una sua testimonianza video bellissima che lei conclude dicendo: “Non penso che muoia nessuno per un abbraccio in più!”, invece nelle carceri sembrerebbe di si, che un abbraccio in più sia una cosa scandalosa, proibita. Voglio fare un ultimo appunto al volontariato su questi temi, a me fa arrabbiare che non riusciamo ad avere degli obiettivi comuni, su uno dei temi più “facili”, nel senso che, se anche abbiamo a che fare con una società incattivita, quando però si parla delle famiglie un po’ di ascolto si trova.

Allora avere degli obiettivi comuni sugli affetti io credo che sia fondamentale, e lo è ancora di più quando sento che nelle altre carceri non vengono consentiti nemmeno, se non in misura ridottissima, i colloqui con le “terze persone”, tanto che poi finisce che ti inventi un certificato di convivenza per fare colloquio con un amico o un’amica. Le Istituzioni preferiscono cioè l’ipocrisia del detenuto che “inventa” un certificato di convivenza per fare colloquio con un’amica, piuttosto che concedere i colloqui con le terze persone. Ma se come associazioni di volontariato non riusciamo ad avere nemmeno degli obiettivi comuni così piccoli, come riusciremo a fare qualcosa per cambiare in modo radicale la legge penitenziaria per quello che riguarda gli affetti, e per far pesare davvero il nostro ruolo?