Salvare
la memoria dei processi del terrorismo degli anni Settanta
A
questo contribuiscono i detenuti, che lavorano alla digitalizzazione di tutti i
documenti dei processi per atti terroristici avvenuti nel Veneto
Giornata
intensa, quella della recente inaugurazione del laboratorio di digitalizzazione
nella Casa di reclusione di Padova, perché ha portato a un momento di
riflessione corale su un progetto che mette insieme valori culturali e sociali.
La composita presenza degli ospiti è stata lo specchio del significato
dell’iniziativa: il capo dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni
Tamburino, tre presidenti del Tribunale di Padova (Bellavitis, Fabiani e
Aliprandi), il rettore dell’Università Giuseppe Zaccaria, la soprintendente
archivistica del Quirinale, Paola Carucci, i detenuti del Centro di
documentazione Due Palazzi, ma anche i familiari delle vittime del terrorismo:
Benedetta Tobagi, Manlio Milani, Giovanni Bachelet, Silvia Giralucci, la
famiglia Sabbadin, la famiglia Niedda, la famiglia Albanese.... Il laboratorio
di digitalizzazione, presentato dalla Casa di Reclusione con partner operativi
Ristretti Orizzonti e la cooperativa AltraCittà, ha come obiettivo il lavoro
per i
detenuti,
per offrire servizi di digitalizzazione di qualità. Ma il progetto prevede
anche che il laboratorio digitalizzi i documenti dei processi relativi alle
vittime del terrorismo e su queste carte oggi si sta lavorando, copiando il
bellissimo progetto che ha permesso nel carcere di Cremona di digitalizzare i
documenti delle stragi di piazza Fontana e di piazza della Loggia a Brescia.
Rossella
Favero
cooperativa
AltraCittà
La
Casa della Memoria
Silvia
Giralucci,
Presidente
della Casa della Memoria del Veneto
Sembra
un po’ un miracolo come tante cose che sono nate negli anni in contesti
diversi si riuniscano in questo progetto. Per chi non mi conosce, io ho perso il
papà ucciso dalle Brigate Rosse nel 1974 qui a Padova. Voglio partire da due
persone che nella mia vita sono molto importanti, Benedetta Tobagi e Manlio
Milani, che ha perso la moglie nella strage di Piazza della Loggia e, dando vita
alla Casa della memoria di Brescia, ha fatto del suo lutto qualche cosa di
positivo, ha dato un senso civile a un dolore. Così è nata alcuni anni fa la
‘Rete degli archivi per non dimenticare’, che si è preoccupata di censire i
fondi che erano dislocati nei vari archivi pubblici e privati, a Milano, a
Bologna, a Roma.
Anche
qui è nata l’idea di fondare la Casa della memoria e me ne sono fatta
promotrice a Padova, anche per il desiderio di trovare altre persone che
avessero vissuto la mia stessa esperienza. Tutte le persone che ho contattato
hanno risposto, e oggi ce ne sono qui molte: c’è la famiglia Sabbadin, la
famiglia Niedda, la famiglia Albanese… per il desiderio d’incontrarsi, di
conoscersi, di scambiare delle esperienze e di riconoscere negli occhi di
qualcun altro la propria sofferenza.
Autori
e vittime di reato si incontrano
Ornella
Favero,
Direttore
di Ristretti Orizzonti
Io
credo che la prima sollecitazione ad occuparci del confronto tra autori e
vittime di reati ci sia venuta dalle scuole, quando i ragazzi con le loro
domande “cattive” hanno cominciato a far riflettere le persone detenute che
si confrontavano con loro anche sul tema della responsabilità e delle vittime.
Il male del sovraffollamento oggi non è semplicemente che la gente sta stretta
in cella. Il male vero è che la carcerazione passata cosi significa non
riflettere sulla propria responsabilità.
Nel
2008 abbiamo deciso di fare qui in carcere una giornata di studi, ‘Sto
imparando a non odiare’, che è stata per tutti emozionante; c’è stato un
silenzio religioso, e nessun altro ha parlato se non le vittime di reato, non
hanno parlato i detenuti, solo le vittime. E da li è nato questo confronto, è
nato questo incontro con molte vittime di reato: con Silvia, con Manlio Milani,
con Benedetta Tobagi… Io ho visto persone detenute piangere di fronte alla
sofferenza, perché la sofferenza vista in faccia aiuta a capire.
Lavorare
nel laboratorio di digitalizzazione
Gian
Paolo F.,
detenuto
lavoratore
Quando,
alcuni mesi fa, sono stato coinvolto nel progetto mi sono immerso
nell’iniziativa. Tutte le settimane, in questi mesi, ci siamo confrontati e
abbiamo fatto squadra con le persone ‘di fuori’… Mirco, Nicola, Marianita,
Valentina, Silvia, Rossella.
Abbiamo
iniziato a digitalizzare utilizzando parte della documentazione già prodotta
dal gruppo di Rassegna Stampa degli anni scorsi. Un archivio di oltre 4200
raccolte, cartacee: ne sono state digitalizzate con OCR circa 2200, cioè circa
17000 fogli. Questa prima attività di digitalizzazione ci ha aiutati a scoprire
l’arte del PDF, l’opportunità dell’OCR, il metodo dei segnalibri.
Poco
dopo è iniziata la digitalizzazione di documenti dei processi, trasmessici dal
Tribunale di Padova. Ne abbiamo già digitalizzato migliaia. Ora riteniamo di
essere collaudati. Finalmente, oggi, possiamo progettare ed assumere iniziative
di digitalizzazione anche per altri enti, per associazioni, istituzioni o
privati, studi professionali o piccole e medie aziende.
Le
procedure della digitalizzazione
Mirko
Romanato,
archivista
Il
lavoro di digitalizzazione dei processi non è sostituire la carta ma
valorizzare la documentazione, che verrà conservata presso l’archivio del
Tribunale e poi nell’Archivio di Stato, mentre l’utente si relazionerà
solamente con il digitale. Per la documentazione abbiamo seguito le linee guida
condivise visitando il carcere di Cremona; la documentazione viene digitalizzata
ripristinando esattamente lo stesso ordine e lo
Ma
questo è un laboratorio che non ha una funzione ‘teorica’, noi vogliamo che
si inserisca attivamente anche nelle realtà economiche e culturali della città,
e quindi di volta in volta calibreremo le tecniche in base all’utilizzo del
committente.
Salvare
la memoria, salvare i documenti
Paola
Carucci,
Soprintendente
Archivio storico del Quirinale
Io
mi occupo degli Archivi dello Stato legati alle stragi del terrorismo. Questa
giornata evidenzia la collaborazione tra diversi soggetti istituzionali che
sentono l’impegno di conservare queste carte importanti. È nota la sensibilità
del Presidente della Repubblica per le vittime delle stragi del terrorismo. Ma
lo stesso Presidente è particolarmente sensibile alla storia e alla
conservazione delle fonti: è storia italiana, della nostra democrazia.
Quindi
credo che ogni volta che si realizza una giornata come questa ci possiamo
sentire un po’ più contenti come cittadini, perché come cittadini non
abbiamo grandi soddisfazioni in questa fase della nostra storia.
Digitalizzazione
e democrazia
Manlio
Milani,
Casa
della memoria di Brescia
Io
vorrei sottolineare il valore democratico di questa attività. Per la strage di
Brescia digitalizzare milioni di pagine ha permesso di intrecciare i vari
processi, intrecciare le storie, affinché si possa fare la storia del
terrorismo di questo Paese. Questo io credo sia uno dei primi e più importanti
risultati di questa esperienza. L’altro elemento io lo voglio proprio
sottolineare. Io credo che noi dobbiamo ringraziare i detenuti, non soltanto
evidentemente per il lavoro che essi svolgono, ma perché il volto del detenuto
in sostanza è una parte del volto di noi stessi; e il pensare ad una possibilità
di recuperare persone che, partendo da una azione negativa, possono produrre
bene, credo che sia stato lo stesso identico percorso nostro. In questo io credo
che loro ci hanno aiutato, il partire da una sofferenza per arrivare a produrre
un bene per la nostra democrazia.
Le
vittime hanno un volto
Sandro
Calderoni,
redazione
di Ristretti Orizzonti
Non
nascondo l’emozione che ho per le persone presenti… Io come detenuto non mi
sento in grado di fare un gran discorso, perché comunque chi ha commesso un
reato e ha di fronte delle vittime sente sempre la difficoltà di esprimersi.
Il
confronto con le vittime di reato in redazione è stato importante. In
particolare quello con Olga D’Antona. Perché se una persona il cui marito è
stato ucciso dai terroristi ti viene a dire che non sa odiare, anche di fronte
a,persone che hanno commesso omicidi, ti fa pensare in modo diverso, non più
pensar solo a te stesso. Questo confronto conle vittime penso che abbia fatto
bene a entrambi, a entrambe le parti, perché ci si è riconosciuti. Io credo
che anche le vittime vedendo noi come uomini che “hanno un volto”, così
come noi abbiamo visto un volto, ci abbiano riconosciuti come persone.