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Figli costretti a crescere troppo in fretta Piccole storie di madri in carcere e di figli rimasti soli
Si dice tante volte che il carcere rende le persone simili a bambini, dipendenti in tutto, costrette ad obbedire sempre e comunque. Quello che non si dice invece, e non si ricorda mai, è che i figli, privati dei genitori, devono spesso accelerare i tempi della crescita e diventare adulti troppo in fretta. Le storie che seguono la raccontano bene, questa paradossale situazione dove i figli sembrano chiamati a fare da padri e madri di se stessi, e le madri sono impotenti, sole, costrette a lasciare dei figli bambini e a ritrovarseli adulti per forza.
Ho sempre preferito che mia figlia mi vedesse bella, come io ero con lei
Silvia: Mia figlia ha dodici anni e sta con i nonni paterni da quando ne aveva otto, perché io non mi sono più sentita in grado di seguirla, per una serie di motivi, e ho preferito che lei vivesse con i nonni. È cominciata che io lavoravo nei locali e facevo la ballerina di notte, e di conseguenza mia figlia la portavo dai nonni ogni fine settimana, e quello era per lei un momento molto felice. Dopo è arrivato il giorno in cui ho pensato che era molto meglio se lei restava lì, e sarebbe stato egoistico da parte mia farla vivere con me. È stato un andare e venire che mi ha fatto staccare un po’ da lei, perché comunque c’era la droga di mezzo e ho sempre preferito che mia figlia mi vedesse bella, come io ero con lei. Nei periodi in cui imbruttivo e stavo male, non volevo che mi vedesse così. Parlandone con mio marito, ho capito comunque che i suoi genitori, che sono anche per lui genitori adottivi, sono delle brave persone e non hanno mai detto una parola in più su di me. Io credo che lei immagini che c’è qualcosa di strano nel fatto che io sono sparita del tutto, e mio marito dice che quando sarà un poco più grande troveremo il modo di spiegarle come sono andate le cose. Io comunque sono sempre presente per mia figlia, anche se sono qui. E poi mia sorella e mio padre hanno un buon rapporto con la bambina, mio padre va a prenderla ogni settimana e così mia sorella, che abita a cinque minuti di strada. La bambina è sempre la mia, non ho mai avuto problemi con gli assistenti sociali, perché prima di averli sono stata io stessa a lasciarla con i suoi nonni. Ho preferito così, perché non andasse peggio, lei sta molto bene con i suoi nonni e suo padre.
Mia figlia mi scrive ogni due o tre giorni
Adriana: Mia figlia invece lo sa, che io sono in carcere! Mia figlia ha 13 anni. Viene sempre a colloquio, almeno una volta ogni due settimane, e anche quando il mio compagno non può venire, lei viene con mia madre. Poi mi scrive ogni due o tre giorni. Ornella: E come ha reagito a tutto questo? Adriana: Beh! A me sembra che sia come prima, solo che ora la vedo più matura, più responsabile. Tieni presente che mia mamma non parla l’italiano, quindi fa tutto mia figlia. Mia madre tra l’altro non voleva restare qui in Italia, lei prima di solito stava qui un mese o due e poi ritornava in Romania. Invece adesso che io sono in carcere mia madre è dovuta restare per mia figlia, e rimarrà fino a che io esco. Mia figlia parla bene anche il rumeno, quindi insegna un po’ di italiano anche a mia mamma. Ornella: Ha avuto problemi a scuola e con i compagni? Adriana: No, no! Non ha mai avuto problemi con la scuola. Ringrazio Dio che ha la testa sulle spalle, anzi, va anche molto bene a scuola e quando mi scrive mi parla dei suoi voti, dove va in gita, cosa fa con i compagni, tutto normale. Mi sembra solo un tipo un po’ chiuso. Va be’ che anche prima non aveva un carattere aperto, ma adesso mi sembra più chiusa. A scuola lo sa solo il Preside dove sono io, i compagni invece sanno che io sono fuori per lavoro e non che sono in carcere.
Ornella: Avete avuto modo di preparare i vostri figli, di dirglielo prima, o no? Adriana: Quando sono venuti i carabinieri e mi hanno comunicato che avevo questa pena da scontare, e che era definitiva, non sapevo nulla fino a quel momento, visto che mi hanno fatto il processo in contumacia. Io sono partita da casa all’una e mia figlia è ritornata da scuola all’una e trenta, perciò spiegarle cos’era successo è stato compito di quella poverina di mia madre e del mio compagno. Silvia: E per fortuna che tua madre era qui in quel periodo! Anch’io sono stata condannata in contumacia. Antonietta (insegnante): È appena arrivata una ragazza che è stata condannata in contumacia e ha preso 11 anni, e non sapeva niente. Lei abitava a Parigi con la famiglia e i bambini e stava andando a trovare sua sorella: è stata fermata alla frontiera e l’hanno arrestata. L’hanno fermata con la bambina di quattro anni e hanno perquisito anche lei, che ne è rimasta traumatizzata.
Mia figlia manda avanti la famiglia e accudisce i fratelli più piccoli
Veronica: A me mi hanno arrestata in Ungheria alla frontiera con il mio paese, la Romania, per trasporto di clandestini, e per tre settimane non ho scritto nulla alla mia famiglia perché speravo di uscire in fretta. Poi la cosa è venuta fuori in televisione e la mia famiglia l’ha saputo, ma non aveva idea di dove ero finita. Quando mi hanno trovata erano contenti di vedermi, perché pensavano che io fossi morta. I miei figli non l’hanno presa male, perché loro lo sapevano quello che facevo, infatti non l’ho mai fatto di nascosto a loro. E poi da noi questo non è considerato reato. Mio figlio mi ha raccontato che a scuola gli hanno dato un tema intitolato: “Cosa vuoi fare da grande”, e lui nel tema dice “io da grande porto i clandestini, però lo faccio bene e non come la mamma che l’hanno arrestata”. Mia figlia grande ha 17 anni, il piccolo 8, gli altri due 11 e 15. Adesso non li vedo da tre anni, da quando sono in carcere, ma a Pasqua è venuta mia figlia con mia mamma. Anche telefonare per me è un problema, in altre carceri dove sono stata avevo l’autorizzazione invece qui ce l’ho solo per telefonare a mia mamma, e non sempre riesco a parlare con i miei figli, dato che vivono abbastanza lontano e devono andare apposta dalla nonna. È mia figlia grande che manda avanti la famiglia e accudisce i fratelli più piccoli, praticamente fa tutto lei, ha iniziato a fare tutto già quando aveva 14 anni ed io sono finita in carcere, con il padre eravamo separati, ora è morto. Ogni tanto ci va mia madre a darle una mano, non sempre però. Ornella: Ma tu adesso, con il lavoro che fai nella sartoria, gli mandi soldi? Veronica: Certo, sempre, però non li vanno a ritirare neanche tutti, perché sono tanti per loro, preferiscono metterli da parte, e poi c’è mio fratello che gli dà una mano. Ornella: Ma a scuola, gli insegnanti vedono che non ci vanno i genitori a parlare per i bambini, e cosa penseranno? Veronica: Non è un problema, ci va mia sorella o mio fratello. E poi da noi ci sono molti genitori che sono all’estero a lavorare, quindi non ci fa caso nessuno, in Romania praticamente sono rimasti solo vecchi e bambini. Comunque, dove abito io, lo sapevano tutti che lavoro facevo e lo sanno tutti che sono in galera.
“Se tu non facevi la stronzata che hai fatto, stavi con me”
Paola: Quando mi hanno arrestata in Germania, a casa mia non sapeva niente nessuno, per fortuna ho trovato un avvocato bravo che ha telefonato a mia sorella e le ha detto cosa mi era successo, ed anche al mio compagno. Per i primi due mesi solo loro due sapevano che ero in carcere; dopo un po’ ai miei genitori il mio silenzio ha iniziato a sembrargli strano, perché comunque di solito, quando andavo in giro per il mondo, gli telefonavo sempre. Quindi hanno capito che c’era qualcosa che non andava. Mia figlia invece non ha mai fatto domande, mia figlia ha un sesto senso per le cose. È molto discreta come ragazzina, si fa molto gli affari suoi però capisce bene le cose senza bisogno di dirle niente. Io l’ho vista dopo un anno che sono stata arrestata, perché non ho voluto che venissero in carcere a Norimberga, era troppo squallido e c’era il vetro in mezzo ai colloqui. Invece nel secondo carcere dove sono stata era una cosa già più umana. Ho fatto due ore di colloquio dopo un anno che non vedevo la mia famiglia, ed è stata una cosa abbastanza toccante, perché mia figlia aveva voglia di vedermi e si capiva, ma poi a fasi alterne abbiamo litigato pesantemente per lettera, anche perché lo scorso anno si è fatta bocciare a scuola e questa cosa lei l’ha vissuta come un abbandono da parte mia. Infatti mi ha detto “se tu non facevi la stronzata che hai fatto, stavi con me”. Me l’ha detto proprio chiaramente, perché poi i figli sono bravi bravi ma te la fanno anche pagare. Giustamente! Ornella: Io ho visto certi figli che sono giudici implacabili, anche perché diventano adulti molto in fretta, e così ti accorgi che i genitori spesso in carcere diventano bambini e i loro figli adulti. E scrivono anche lettere molto severe, molto cattive.
“È inutile, mamma, che io subisca il giudizio degli altri per una cosa che non ho fatto”
Paola: Io ho sempre tenuto conto del giudizio di mia figlia. Se lei mi diceva una cosa, siccome è una ragazzina che prima di parlare pensa bene, ho sempre rispettato molto le sue opinioni, e quando lei mi ha condannato io ho accettato il suo giudizio, molto di più della condanna del giudice. Poi ci siamo chiarite quando sono venuta qui in Italia, e dopo questo chiarimento adesso le cose vanno abbastanza bene. Lei però mi considera sempre come una testa matta. Mi ha detto una volta che non ha raccontato quasi a nessuno che io ero in carcere, a parte a qualcuno di cui si fida molto. Io un giorno le ho chiesto se si vergognava di me e lei mi ha risposto: “È inutile, mamma, che io subisca il giudizio degli altri per una cosa che non ho fatto io”. Cioè, è come se mi dicesse: “Io le cose le dico a coloro di cui mi fido, però per il resto perché devono sapere i miei problemi?”. Io preferisco che lei si faccia la sua strada con le sue forze, che non abbiano per lei un trattamento diverso per via di quello che le è successo; lei poi è una ragazza seria, che mi ha detto: “Hanno fatto bene a bocciarmi perché veramente sapevo meno di niente”. Quest’anno però va benissimo a scuola e comunque piuttosto che vada avanti a pedate nel sedere è stato molto meglio così, deve meritarsele le cose, purtroppo la vita riserva anche delle brutte sorprese e se non ti fai le ossa non vai avanti. Tra me e suo padre, che è morto quando lei era piccolissima, non è che siamo stati molto presenti: quando mia figlia ha cominciato ad andare a scuola ed era già morto suo padre, ha avuto il periodo del “oh come sono sfortunata, io sono senza papà” e si stava molto adagiando su questa cosa, e io allora ho fatto l’azione contraria, dicendole “ascolta, anch’io sono senza marito, però non mi piango addosso. Siamo noi due. Dobbiamo tirarci su le maniche e andare avanti, perciò niente piangersi addosso”. Probabilmente questa cosa che io le ho sempre ripetuto le è entrata in testa e lei ce l’ha ancora addosso. Quando viene a trovarmi, viene sempre da sola, così abbiamo due ore tutte per noi, adesso il nostro rapporto è buono e ci siamo chiarite parecchie cose.
Quando mi hanno arrestata mio figlio si è come perso, e non si riprendeva più dallo shock
Slavica: Il mio caso è successo nel 1995, ma tutto comincia molti anni prima, quando ho conosciuto in Germania un italiano, che è diventato poi mio marito e da cui ho avuto un figlio. Nel 1995 lo hanno arrestato e un mese dopo sono venuti ad arrestare anche me, mi hanno portata al carcere di Lecce e mi hanno trattenuta per 21 giorni con l’accusa che ero a conoscenza dei traffici di mio marito, ma poi il giudice ha ritenuto di lasciarmi libera senza obblighi. Dopo tre mesi, non avendo possibilità di mantenermi e mantenere mio figlio, sono ritornata in Germania dai miei parenti per trovarmi un lavoro. Ma certo non ero tranquilla per niente, stavo sempre con la paura, però pensavo a mio figlio e speravo che intanto si facesse più grande e imparasse a camminare sulle sue gambe. Mi hanno arrestata di nuovo un mese prima che iniziassero i suoi esami di maturità, e in quel periodo mio figlio si è come perso, e non si riprendeva più dallo shock che aveva subito. L’hanno ritrovato che girava come uno sbandato, stava malissimo, non andava più a scuola né al lavoro. Dopo quindici giorni è tornato però al lavoro e il suo titolare gli è stato vicino in tutto, ha saputo della mia situazione, che ero in carcere, e lo ha aiutato tantissimo. Io sono stata quattro mesi in carcere in Germania, e mio figlio veniva sempre a trovarmi ed era sfinito dal dispiacere, e non voleva più saperne di suo padre perché pensava che era tutta colpa sua. Lui ha ancora tanta rabbia dentro, anche se io ho sempre cercato di tenerlo fuori dai problemi. Ora non mi scrive tanto, perché non gli piace e poi non sa cosa dirmi per lettera, così viene a trovarmi una volta ogni due o tre mesi. Quando gli domandano dov’è sua mamma, lui dice sempre che la mamma non c’è, si è stancata degli uomini tedeschi e se ne è andata in Italia, e poi ci ride sopra e finisce là. Non lo dice mai dove sono io!
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