Contesto
Previsto
dalla Costituzione ma parzialmente inattuato, il processo di decentramento alle
Regioni delle competenze amministrative e legislative in materia
socio-assistenziale ha avuto una forte accelerazione con la legge Bassanini (n.
59 del 1997), la legge quadro sulla riforma assistenziale (n. 328 del 2000) e la
revisione del Titolo V della Costituzione (legge Costituzionale n. 3 del 2001).
In ossequio al principio di sussidiarietà, lo Stato si ritira sempre più dalle
politiche socio-assistenziali in favore degli enti locali, nel quadro di un
modello di welfare "municipale". Il nuovo ambito di programmazione
autonoma delle Regioni e dei Comuni ha favorito lo sviluppo di diverse tipologie
di welfare locale, che si distinguono tra loro per scelte
politico-amministrative e per il grado di coinvolgimento degli attori locali.
Questioni
critiche
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Spesso
l’applicazione del principio di sussidiarietà si traduce nella mera
delega da parte dello Stato agli enti locali, indipendentemente dalla
sostenibilità (non solo economica) dell’operazione.
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La
diversificazione dell’offerta di servizi sociali a livello locale porta
con se il rischio di una penalizzazione degli abitanti delle Regioni meno
abbienti o con amministratori meno "sensibili" alla materia
socio-assistenziale.
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Carenze
strutturali e finanziarie possono vanificare il rispetto dei livelli
essenziali di assistenza (LEA) stabiliti a livello centrale, benché la
Costituzione - attribuendo la competenza legislativa alle Regioni - ne
richieda l’osservanza.
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La
necessaria copertura finanziaria da parte delle Regioni del proprio sistema
di servizi rischia di allargare il ricorso a forti ticket integrativi a
carico dell’utenza.
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L’accordo
Stato – Regioni - Province autonome prevede, per alcune patologie
croniche, l’integrazione della spesa sanitaria da parte dell’utente o,
in subordine, del Comune. Si tratta di misure molto pesanti, tali da mettere
in pericolo la reale fruibilità del diritto alla salute. A titolo di
esempio, la compartecipazione alla spesa per prestazioni di cura,
riabilitazione e trattamenti farmacologici per persone affette da Aids -
notoriamente molto costose - è fissata nella quota del 30% a carico
dell’utente o del Comune. Per le persone con problemi psichiatrici la
quota è fissata nel 60%.
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Proposte
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Esentare
le persone affette da patologie croniche dalla compartecipazione alla spesa
per le cure, che rischia di impedire l’effettiva fruizione del diritto
alla cura.
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Assicurare
il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali
definiti dallo Stato (LEA) l’accesso alle cure.
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Favorire
lo sviluppo di iniziative autonome e di sperimentazioni da parte delle
Regioni, sotto la supervisione degli enti che ne attestino il valore
scientifico.
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Garantire
che il passaggio al nuovo sistema di welfare, imperniato sugli enti locali,
permetta l’integrazione tra gli aspetti sociali e sanitari, la cui
mancanza spesso pregiudica la realizzazione del diritto alla salute da parte
dei cittadini più sfavoriti.
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