Carlo Mozzi

 

Giornata di studi "Carcere: non lavorare stanca"

9 maggio 2003 - Casa di Reclusione di Padova

 

 

Carlo Mozzi, volontario "storico" nella Casa di Reclusione di Padova

 

Sono volontario nel carcere di Padova da 27 anni. Io volevo fare una proposta operativa, che si basa sull’esperienza famigliare mia (il figlio Giulio Mozzi, scrittore, gestisce una rivista, Vibrisse, che viene inviata principalmente ad abbonati via e-mail) : si tratterebbe di ogranizzare un indirizzario e–mail e poi ciascun gruppo, ciascun interessato mandasse periodicamente delle e–mail e comunicasse le notizie necessarie, le proprie esperienze, del volontariato, degli enti locali, degli operatori della giustizia, e poi di formare un piccolo gruppo di redazione che dovrebbe scegliere, vedere, evitare i doppioni, e rispedire i materiali selezionati a tutti quanti i soci. E’ una iniziativa che ha costi molto bassi, bisogna pensarci anche noi.

 

Ornella Favero, responsabile di Ristretti Orizzonti

 

Sì, il problema di far circolare le idee è centrale. Devo dire che noi di "Ristretti" cerchiamo di farlo e, anzi, vi invitiamo a vedere il nostro sito internet, dove potete trovare tantissime esperienze sul lavoro ai detenuti. Allora vi invito davvero a mandarci le vostre esperienze, a raccontare, perché la circolazione di queste idee è fondamentale.

Rivolgo ora una richiesta a Licia Roselli, di parlarci della funzione del tutor. Quando Licia è stata ospite nella nostra redazione e ha parlato del ruolo del tutor, c’è stata infatti da parte dei detenuti una reazione molto negativa. In che senso? Nel senso che tutti, o quasi, dicevano: ma come, noi già in carcere siamo super-seguiti, controllati, abbiamo il fiato sul collo degli operatori tutti e poi dovremmo cominciare a lavorare all’esterno ancora con una forma di controllo? Allora, credo sia fondamentale spiegare cos’è la figura del tutor nelle realtà di inserimento lavorativo dei detenuti.

 

 

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