Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Patrizia (Compagna di un detenuto)

Sono la compagna di un detenuto e volevo portarvi la mia esperienza, che è questa. L’anno scorso avevo chiesto al magistrato di potermi sposare, perché mia figlia, che ha sei anni, aveva questo desiderio. Diceva: "Mamma e papà non sono sposati". Ho fatto questa richiesta al magistrato e mi era stato detto che lui poteva ottenere un permesso di dieci ore, scortato, per poter contrarre questo matrimonio, che sarebbe stato celebrato in un istituto di suore Orsoline. Purtroppo, a quindici giorni dalla data fissata per le nozze, è stato cambiato il magistrato di sorveglianza e chi è subentrato ha opposto il suo no. Le motivazioni del rifiuto erano che la domanda non era stata formulata nel modo corretto e una serie di altre cose. Ho tentato di rifare questa domanda prima che scadessero i sei mesi di validità delle pubblicazioni. Purtroppo la risposta è stata che il ricorso è inammissibile. Questa è la motivazione che mi è stata data. Quindi io dico: non avevo chiesto chissà cosa. Avevo solo chiesto di sposarmi con il mio compagno fuori da questa struttura. Perché credo che per mia figlia non sarebbe stato piacevole.

Quando si ascoltano queste vicende, a me spesso è capitato di raccontarne anche per il mio mestiere, si rimane veramente attoniti rispetto al fatto che la burocrazia in qualche modo non abbia un’anima. Francamente non ho molte parole da dirle. Perché è inutile chiamare in causa personaggi che non conosciamo. Sta di fatto che questo è l’indicatore anche dell’inciviltà di un Paese. Si è spesso detto che la civiltà di un Paese si vede dalle sue carceri. Se questi sono gli esempi, direi che il nostro Paese deve fare ancora molta strada. Anche quando si tratta di cavilli burocratici.