IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO Edizione n° 15, del 31 marzo 2008
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Presentazione Associazione Notizie da Padova
Gli imprenditori parlano di "integrazione di persone condannate nel tessuto produttivo"
Abbiamo ricevuto dall’ufficio stampa del presidente del Gruppo Imprenditori della Zona Industriale di Padova, Roberto Rovoletto, il testo del telegramma di benvenuto al nuovo Prefetto di Padova, che denota l’interesse dell’associazione, o quantomeno del suo presidente, per un tema a noi molto caro: la reintegrazione sociale di detenuti ed ex detenuti, attraverso il lavoro. Roberto Rovoletto sa che la sicurezza sociale passa anche attraverso l’integrazione e noi abbiamo interpretato il suo messaggio al dott. Gallerano come una richiesta di collaborazione con le istituzioni affinché esse rendano possibile, fluida, meno "burocratica", questa integrazione.
"Signor Prefetto Michele Lepri Gallerano, con vivo piacere Le porgo il benvenuto a Padova da parte dell’associazione di imprenditori che rappresento. Apprezzo particolarmente le parole con le quali Ella ha espresso la Sua volontà di collaborazione con "coloro che hanno a cuore questo territorio ed il suo futuro. Fra di essi vi è l’associazione che rappresento, che su temi per Ella prioritari quali la sicurezza dei cittadini, sta fondando una parte considerevole della propria attività, promuovendo in particolare l’integrazione delle persone condannate nel tessuto produttivo. La saluto coi migliori auspici.
Roberto Rovoletto Presidente GIZIP - Gruppo Imprenditori della Zona Industriale di Padova Viale dell’Industria 72 a – Padova. Tel. 049.77.63.45 - Fax 049.8088328 - info@gizip.it"
Intervista a Roberto Rovoletto
Pubblichiamo qui, in versione integrale, l’intervista a Roberto Rovoletto, presidente del Gruppo Imprenditori della Zona Industriale di Padova, realizzata per il foglio informativo "Nonlavorarestanca".
"Provate ad assumere persone in misura alternativa!" È l’invito che Roberto Rovoletto, presidente del Gruppo Imprenditori della Zona Industriale di Padova, rivolge ai colleghi.
Il geometra Roberto Rovoletto è uno degli imprenditori più convinti del bisogno di politiche ed interventi concreti volti a favorire il reinserimento socio-lavorativo di condannati in esecuzione penale esterna, nel tessuto produttivo della nostra città. E sta agendo concretamente fra le aziende padovane per far sì che tale reinserimento divenga una buona prassi.
Dottor Rovoletto, come imprenditore si è mai avvalso direttamente di lavoratori in esecuzione penale esterna? Dal ‘94 al ‘97 ho vissuto un’esperienza che rimarrà per sempre nel mio cuore, come imprenditore edile di un enorme cantiere a 30 km da Cluj Napoca, la capitale della Transilvania, in Romania. Allora io vivevo quindici giorni al mese lì e gli altri quindici in Italia. Tramite l’ex socio della società per azioni di cui facevo parte - che era anche stato sindaco della città - siamo riusciti a ottenere un accordo con il Ministero degli Interni rumeno che ci permetteva di avvalerci nella nostra attività di un elevato numero di detenuti selezionati dal carcere di Gherla.
Perché questo accordo? Rispondevamo così ad una situazione di carenza di mano d’opera, e avevamo l’esigenza di ridurre i costi di gestione. In seconda battuta, certo, è entrato in gioco anche il profilo morale della questione, l’aspetto educativo di recupero di questi soggetti.
Qualche immagine di quegli anni? Era come nei film hollywoodiani: ogni mattina alle 7.00 arrivavano al cantiere i pullman con le inferriate ai finestrini dai quali scendevano - a seconda dei periodi - dai 150 ai 200 prigionieri. Salivano una scala alta 5 metri alla fine della quale, su un pianerottolo, li aspettava un poliziotto per i controlli. Stessa scena al momento dell’uscita. Sono flash impressi nella mia memoria, per sempre.
Cosa ricorda ancora? La gioia di questi detenuti nel venire a lavorare, il vivere il lavoro come un premio, un vero e proprio dono. Ricordo la loro felicità nel poter essere visitati dai parenti: i familiari potevano incontrarli ogni giorno all’esterno della recinzione. Erano sempre felici: quando arrivavamo la mattina e quando chiudevamo la sera. Il fatto di poter stare all’aria aperta per loro era qualcosa di importantissimo. E la riconoscenza nei miei confronti, che li pagavo e offrivo loro una tale opportunità: partecipavano a dei laboratori di falegnameria e puntualmente mi costruivano degli oggetti, delle costruzioni da portare a mio figlio che allora era piccolo… Davvero: avrebbero fatto qualsiasi cosa per me, se solo gliela avessi chiesta.
Cos’altro? Solo fatti positivi. Posso documentare che - certo anche per il vissuto che hanno alle spalle - si tratta di persone con una sensibilità e direi anche una cultura superiori alla media. Conservo con alcuni di loro autentici rapporti di amicizia, legami che mi hanno toccato il cuore. Non ho nessun dubbio a riguardo: le persone in esecuzione penale dimostrano spesso una maggiore disponibilità, operosità e serietà. Erano consapevoli che quell’esperienza dava loro anche la possibilità di imparare un mestiere nuovo, di arricchirsi professionalmente, e lo apprezzavano.
In Veneto, specie nel settore dell’edilizia, si perdono addirittura appalti per la mancanza di mano d’opera. Quali sono le sue considerazioni in proposito? Agli amici imprenditori, specie del settore edile e della meccanica pesante, dico "provate ad assumere queste persone!". Vi è una coincidenza di interessi che spinge decisamente in questo senso: le economie di gestione, la mancanza di mano d’opera, la fortissima motivazione al lavoro dei soggetti in questione (mentre non si può dire altrettanto dei giovani d’oggi), le garanzie fornite sul loro conto dalle istituzioni a cominciare dall’UEPE (Ufficio di Esecuzione Penale Esterna) e che riducono praticamente a zero i rischi (nel corso della mia esperienza in Romania non si è verificato un solo incidente).
Ma i nostri giovani non hanno tanta voglia di lavorare? Senta, il Veneto a parer mio è il motore d’Italia e Padova ne costituisce il fulcro con le sue 1700 aziende e 70.000 addetti, la maggior parte delle quali hanno piccole e medie dimensioni. Ora, vi sono casi in cui la percentuale di lavoratori extra-comunitari sfiora il 60% perché evidentemente i nostri giovani non fanno fronte alla domanda che proviene dalle imprese. Senz’altro questi stranieri sono ottime persone, ma molti di loro, sul piano economico, presentano una bassa produttività. Avete idea di cosa significhi un mese di ramadan in cui queste persone non possono né mangiare né bere sino al calar del sole, e per cui spesso si addormentano sul posto di lavoro? Avete idea di cosa comporti in termini di produzione la scelta - rispettabilissima, ci tengo a dirlo - di doversi fermare per pregare cinque volte? Allora io dico, sulla base della produttività, perché non dare precedenza ai nostri italiani in esecuzione penale?
Lo farebbe anche lei senza nessun problema? Nel mio studio chiediamo una conoscenza tecnica generale e di saper usare il sistema autocad, poiché ormai tutto il lavoro è computerizzato. Non avrei alcuna esitazione a favorire una persona in esecuzione penale se questa dimostrasse, in sede di colloquio di selezione, di meritare il posto di lavoro più dei concorrenti "regolari".
Pienamente a favore del reinserimento lavorativo di condannati in esecuzione penale dunque… Certo, le dirò di più! Penso che per le grandi opere pubbliche e nei grandi appalti, lo Stato dovrebbe assolutamente imporre alle imprese di assumere il 5 o il 10% di soggetti in misure alternative. Penso alle opere stradali, al Passante Nord, al Mose, agli ospedali, al GRA… il grande raccordo anulare cui il Presidente della Provincia Vittorio Casarin pensa da anni per collegare tutti i paesi della nostra periferia… Sarebbe la soluzione ideale per tutti: per gli imprenditori sempre a corto di mano d’opera, per i detenuti che potrebbero lavorare all’aria aperta lontani dalla claustrofobia imposta dal carcere, e infine per la collettività tutta che ne guadagnerebbe in termini di sicurezza collettiva, stando ai dati sulla recidiva che si abbassa in maniera drastica per chi usufruisce di percorsi lavorativi all’esterno della struttura penitenziaria. E allora mi chiedo: dov’è lo Stato in tutto questo? lo Stato che dovrebbe essere da esempio a tutti?
Anche il carcere vende i suoi prodotti al mercato Altra Economia
Appuntamento fisso ogni martedì: prodotti di ottima qualità al cento per cento salutari, verdura, frutta e tutto quello che appartiene al mondo biologico. Al mercato sarà presente anche il banchetto della cooperativa sociale Rio Terà dei Pensieri con i prodotti provenienti dall’Orto delle Meraviglie del carcere femminile della Giudecca e dal laboratorio di serigrafia e legatoria del carcere maschile di Santa Maria Maggiore: verdure e frutta a seconda della stagione, cosmetici naturali, creme e saponi, borse di tela e pelle firmate Malefatte e gli stupendi fiori di carciofo. Mestre: Palaflef, via san Donà, da Martedì 1 Aprile, ogni martedì, 10-19.
Magico Indaco: favole da padri "poco presenti"
È stato presentato presso la Libreria Feltrinelli di Mestre il libro "Magico Indaco", edito da Piazza Editore, una favola scritta dai laboratori sulla genitorialità tenuti nel carcere maschile Santa Maria Maggiore dal Servizio Autonomia Adulti dell’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Venezia, dalla cooperativa Co.ges e dall’Associazione "Arte e Fantasia" di Mestre. Raccontare, sognare, disegnare sono gli ingredienti utilizzati per scrivere la storia di un coniglietto che va alla ricerca del colore indaco girando il mondo e vivendo le più svariate avventure. Il percorso aveva l’obiettivo di riflettere sul ruolo della paternità e quindi della famiglia attraverso una fiaba, da poter raccontare o spedire ai propri piccoli. Un tentativo importante per i detenuti di gettare un ponte al di là delle sbarre e raggiungere così, in un modo un po’ diverso dal solito, i propri figli e le famiglie.
Intervista ad Arrigo Cipriani
Siamo un’azienda che ha delle grosse pretese Un’intervista ad Arrigo Cipriani, che dà lavoro alle detenute della Giudecca
L’Harry’s Bar di Venezia è da più di settant’anni non solo un locale rinomato, ma anche e soprattutto un luogo d’incontro di scrittori, artisti, attori. Arrigo Cipriani, che ne è il proprietario, in quasi quarant’anni di attività ha ampliato l’impresa fondata dal padre creando l’Harry’s Dolci di Venezia, l’Harry’s Cipriani e il Downtown di New York, l’Harry’s Cipriani e il Cipriani Dolci di Buenos Aires. E ora è diventato anche, in un certo senso, datore di lavoro di parecchie detenute della Giudecca. Con lui abbiamo parlato proprio di questo aspetto poco conosciuto dell’imprenditore Cipriani.
Volevamo parlare con lei di una sua particolare esperienza come imprenditore. Sappiamo che la cooperativa sociale "Il Cerchio" ha l’appalto per lavare tutto il tovagliato dell’Harry’s Bar e dell’Harry’s Dolci all’interno del carcere femminile della Giudecca. Com’è nata questa esperienza? Ho scelto la cooperativa sociale il Cerchio proprio perché fa lavorare le persone in carcere. Eravamo infatti già clienti di un’altra lavanderia. È stata una scelta che io ho fatto non tanto basandomi sulla questione economica, visto che le differenze di costo erano minime. Io la trovo una cosa abbastanza normale. Forse qualcuno ha dato un significato a questa scelta più importante di quello che ha in effetti. A me sembra normale cercare di dare lavoro a queste persone.
A quando risale questa scelta? Avevamo già avuto un’esperienza con il mondo carcerario trent’anni fa, quando abbiamo rifatto il banco dell’Harry’s Bar, lo stesso che voi avete visto entrando. Il banco è stato fatto dai detenuti di Padova che, al tempo, lavoravano per una ditta da cui noi già ci servivamo. Alla Giudecca siamo invece presenti da tre anni circa. Noi siamo un’azienda che ha delle grosse pretese. Abbiamo fatto delle prove e visto che il risultato era soddisfacente. Abbiamo avuto anche noi le nostre lavanderia interne, quindi qualche esperienza nel campo ce l’abbiamo già.
Colpiscono due punti del suo discorso: il fatto che non sia stata una questione solo economica e il fatto che per lei questa sia una cosa normale. A noi - purtroppo - non sembra un’iniziativa così normale. Ci può spiegare perché per lei lo è? Tutto quello che faccio e tutto quello che dico tutto, lo faccio e lo dico in maniera normale e non per farmi dire che sono bravo. Faccio le cose per farle bene. Se il risultato della lavanderia della Giudecca non fosse stato quello che volevo, avrei tranquillamente cambiato. Questo significa che tutti hanno fatto la loro parte: io ho fatto la prova, loro hanno sentito la serietà di questa cosa e l’hanno fatta al meglio e non per farsi dire bravi. E questo secondo me è fondamentale nella vita.
Data l’esperienza positiva, cosa fare per sensibilizzare altri imprenditori? Vi racconto un aneddoto. Io sono laico e sono ateo. C’è stato un Papa che andava per la maggiore - quando è morto sono andati in tre milioni a vedere il suo cadavere - che quando è stato eletto è andato a fare un discorso agli operai di Sesto San Giovanni. In quell’occasione disse che il lavoro è una cosa molto pesante. Beh, io da quel momento non ho più ascoltato tutto quello che ha detto perché il lavoro è la vita e dà la libertà. La libertà è il dono fondamentale e se si pensa che ci sono delle persone che non hanno nemmeno la libertà perché sono in carcere, allora l’unico modo per avvicinarle alla libertà è quello di farle lavorare. Credo che questo sia un valore universale.
Dove sta il pregiudizio nel non dare chance ai detenuti o ex-detenuti? La gente, per la vita che fa, non pensa. Certamente non pensa agli altri oppure ci pensa poco. Il carcere è un luogo che è sempre stato pensato come luogo di punizione più che come luogo di redenzione. Non è, invece, né di punizione né di redenzione: è un luogo dove far ricominciare una vita.
Secondo lei quindi è un problema di informazione? Nel senso che se gli imprenditori fossero adeguatamente informati, si adopererebbero di più in questo senso? Certo che sì. Inoltre lo Stato dovrebbe andare incontro agli imprenditori con delle facilitazioni.
E lei sarebbe in teoria disposto a provare un’esperienza con persone che escono dal carcere? Io credo che questo dovrebbe essere più lo scopo di una cooperativa che ha una sua valenza sociale molto più alta di quella di un’impresa. Inoltre i lavoratori sono soci. L’impresa ha altre finalità. Comunque se ne potrebbe parlare. Nel mio campo si potrebbe pensare di inserire una persona iniziando in cucina o in pasticceria, più che a lavare i piatti. La nostra è un’attività che richiede collaboratori già specializzati, visto che ci produciamo tutto dal pane ai dolci. Quindi per assumere persone provenienti dal carcere bisognerebbe che ci fossero già all’interno corsi di specializzazione. Per esempio, mi rivolgerei a scuole alberghiere o ad aziende che hanno il bisogno di manodopera per proporre di tenere dei corsi in carcere. Nel nostro caso, quello della ristorazione e del turismo, bisognerebbe rivolgersi alle associazioni di categoria.
C’è anche una questione di sicurezza sociale: se un ex detenuto ha un lavoro e può mantenersi è più difficile che torni a delinquere… Io sarei disposto a rivolgermi al carcere nel caso ci fossero persone con una professionalità da mettere sul mercato. C’è da aggiungere che se si prende una persona e non va bene per un determinato ruolo, non significa che non vada bene in assoluto. Bisogna stare attenti a non ferire la suscettibilità o a castrare le potenzialità.
Notizie da Verona
Proseguono le attività di Progetto Carcere 663
Premi gastronomici molto apprezzati nel carcere di Montorio, dove venerdì 28 marzo si sono svolte le finali dei tornei di scala quaranta e briscola organizzati da Progetto Carcere 663. "Questa sera i detenuti degusteranno i premi alla nostra salute!" commenta il fondatore dell’associazione Maurizio Ruzzenenti, che ha la sana abitudine di invitare i detenuti a compilare un questionario di gradimento, a conclusione di ogni iniziativa. Dal dialogo con i carcerati è nata anche una nuova attività, che li vedrà sfidarsi in un torneo di tennis da tavolo nelle salette di socialità di ogni sezione. Si parte la settimana prossima quando, nel frattempo, si disputerà la seconda semifinale del torneo di calcetto. Un po’ in ritardo rispetto al programma, per movimenti interni al carcere, che hanno reso difficoltoso riunire la squadra (con trasferimenti e spostamenti dei detenuti, anche in vista degli imminenti lavori di ristrutturazione delle docce di una sezione). Venerdì si è anche tenuto il primo appuntamento "lungo" di Carcere e Scuola, l’iniziativa di progetto Carcere che ogni anno porta a Montorio oltre mille persone tra insegnanti e studenti. I ragazzi del Chievo che hanno partecipato all’incontro "erano entusiasti" - racconta Ruzzenenti – dopo aver incontrato i detenuti e averli sfidati in partite di calcio nella sezione maschile e di pallavolo in quella femminile. Ma non solo, perché ciò che distingue i pochi incontri "lunghi" di Carcere e Scuola, è proprio la loro durata: gli studenti entrano la mattina per vedere da vicino la realtà carceraria, pranzano nella mensa degli agenti e, nel pomeriggio, "sfidano i detenuti" in gare sportive.
Consiglio Nazionale Sappe a Verona
La Polizia Penitenziaria chiede a chi salirà al governo di intervenire al più presto sulla difficile condizione delle carceri italiane, vissuta in prima persona dalle migliaia di agenti che vi lavorano. Dal 31 marzo al 2 aprile il XIX Consiglio nazionale del Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), si riunirà a Verona per discutere su come migliorare le proprie condizioni lavorative, a partire da una sostanziale modifica del sistema penale, che incrementi l’utilizzo di misure alternative al carcere per soggetti non considerati socialmente pericolosi. Donato Capece, segretario generale Sappe spiega che "si tratterà di un importante momento di confronto, di analisi e di studio del sistema penitenziario".
Chiudono le iscrizioni per il congresso sulla Giustizia Riparativa
È fissato al 1° aprile il termine ultimo per iscriversi al quinto congresso del forum europeo sulla giustizia riparativa che quest’anno si terrà al palazzo della Gran Guardia di Verona dal 17 al 19 aprile 2008. Il convegno, dal titolo "Per una Giustizia riparativa in Europa. Cooperazione fra opinione pubblica, politici, professionisti e ricercatori" offrirà ai partecipanti un’accurata analisi di tale modello di giustizia, che vede nella riparazione del danno la possibilità di un superamento del conflitto che si genera tra reo e vittima a seguito di un atto delittuoso. Per informazioni e modulo d’iscrizione: http://www.euforumrj.org
Adozione a distanza per i detenuti di Montorio
È ormai da un anno che i detenuti della Casa Circondariale di Montorio hanno adottato Felipe, bambino brasiliano di circa sei anni. L’invito è arrivato dal cappellano del carcere, don Maurizio Saccoman, secondo cui "solo pensando agli altri si riesce a venir fuori dai propri problemi". A giudicare dalla partecipazione e dall’entusiasmo con cui è stata accolta la proposta, sembra che i carcerati di Verona stiano cercando di fare di tutto per rendersi utili a chi ne ha bisogno versando, a seconda delle possibilità, più della cifra annua che è richiesta per l’adozione. Felipe non avrebbe nessuna possibilità di istruirsi se non arrivasse questo aiuto: sarebbe costretto a una vita di stenti nelle favelas. Con i circa 600 € all’anno che gli vengono destinati, la fondazione Regina Pacis di Verona gli assicura una vista dignitosa e la frequentazione della scuola materna nella missione di Quixadà, nel nordest del Brasile.
Ricordando Martin Luther King
Giovedì 3 aprile si terrà il primo degli appuntamenti organizzati dal Cartello di associazioni veronesi, raccoltosi sotto il nome "Nella mia città nessuno è straniero". Nato per stimolare un clima di solidarietà e accoglienza nella città scaligera, il cartello inaugura la serie di iniziative in programma prendendo spunto dal 40° anniversario dell’assassinio di Martin Luther King, leader della lotta nonviolenta per i diritti di tutti. Il 3 aprile Luther King verrà ricordato per tutta la giornata a partire dal pomeriggio, alle 16.30, con letture pubbliche su ponte Pietra dei suoi testi più significativi. Partecipano gli artisti veronesi Grazia de Marchi e Tiziano Gelmetti. Alle 18.30 il Centro Mazziano di via Madonna del Terraglio proietterà "Nashville, eravamo guerrieri", film documentario con interviste originali su una delle battaglie per la nonviolenza. Seguiranno, alle 20.45 cori gospel a cura della comunità africana di San Tomaso a Verona e la presentazione del libro di Paolo Naso "La storia e il sogno".
Codice a Sbarre: anche i ragazzi del minorile diventano artisti
Emergenze Oggi è un’associazione non lucrativa, nata nel 2005, il cui obiettivo è quello di giungere al cuore dei concittadini, partendo dal cuore del problema. Massimo Zanta, il presidente, ci ha spiegato la filosofia dell’associazione. La società moderna genera quotidianamente nuove piccole problematiche che, se trascurate, diventeranno in seguito vere e proprie emergenze. L’Associazione è attenta a ciò, e vuole evidenziarle alla cittadinanza, attraverso l’organizzazione di eventi, manifestazioni ed incontri culturali ed artistici, invitando da un lato gli operatori del mondo del volontariato. che operano nel settore, e dall’altro le Istituzioni che possono dare le opportune soluzioni. Nasce così Codice a Sbarre, evento pittorico fotografico in collaborazione con i giovani detenuti dell’Istituto di Pena per Minorenni di Treviso. È un evento culturale, educativo, rieducativo, ma soprattutto di grande prevenzione per i nostri giovani liberi. Il "marchio" Codice a Sbarre diventerà sinonimo, attraverso l’arte, di reinserimento nella società. L’inaugurazione della Mostra Pittorico Fotografica "Codice a Sbarre 2008" si terrà sabato 5 aprile alle ore 18.30 presso Cà dei Carraresi a Treviso.
Appuntamenti
Servizi agli immigrati: ultimo appuntamento del corso di formazione
Padova: Auditorium del Centro Giovanile Antonianum, Prato della Valle 56. Mercoledì 2 aprile dalle 20.30 alle 22.30. Tema: Immigrazione ed aspetti economici. Relatore: prof. Opocher, Università di Padova. Termina con questo appuntamento il Corso di formazione per volontari nei servizi agli immigrati organizzato all’Antonianum con il patrocinio del Comune di Padova, del Consiglio di quartiere 1, dalla Provincia di Padova e dalla Caritas Diocesana patavina. I propri affetti con la dolcezza di una fiaba e la forza dei disegni.
Sensibilizzare sul mondo della detenzione
Costermano (VR): parrocchia di Costermano. 2 aprile, 20.30. Prosegue la settimana di sensibilizzazione sulla realtà carceraria, organizzata, nella provincia di Verona. Il paese presenterà alla comunità le associazioni di volontariato "La Fraternità" e "Don Tonino Bello", con qualche testimonianza di familiari dei detenuti. Domenica 6 aprile: Fra Beppe - fondatore della Fraternità - e alcuni detenuti in permesso, avranno la possibilità di intervenire con qualche intenzione di preghiera durante la celebrazione delle 10,15. Per tutta la settimana - fino al 6 aprile - sarà inoltre possibile visitare "Tra Mura Les", mostra di quadri e lavori artigianali realizzati dai detenuti della Casa Circondariale di Montorio. L’esposizione sarà aperta al pubblico tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18.
Presentazione associazione
Associazione "Il Mosaico, vita e cultura"
Dopo essersi impegnata per diversi anni nel campo del volontariato, e in particolare nella sezione femminile del carcere di Montorio, nel dicembre del 2002 la signora Antonietta ha deciso di fondare "Il Mosaico". L’associazione gestisce la cooperativa "Donne", che dà lavoro soprattutto a quelle detenute che, quando escono dal carcere, non sanno a chi altri rivolgersi. Qui possono imparare il mestiere di sarta, con dei corsi appositi, e trovare il modo di rifarsi una vita. Un altro progetto, in attesa del nulla osta del Comune per quanto riguarda la sede, è quello di realizzare una "Casa della Donna" per accogliere quante escono dal carcere, offrendo loro - oltre all’abitazione - un accompagnamento sociale ed educativo, finalizzato a un autonomo reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo.
Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.
Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |