IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO Edizione n° 40, dell'8 ottobre 2008
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Notizie da Padova
Terre di Mezzo, Milano
Martedì scorso è stata ospite della redazione di Ristretti Orizzonti Elena Parasiliti, direttrice di "Terre di Mezzo", giornale di strada che si sta trasformando in uno "Street magazine". L’incontro "sancisce" l’avvio di una collaborazione fra le due testate giornalistiche. L’intento è quello di creare uno spazio gestito in collaborazione da tre redazioni di giornali dal carcere, Sosta Forzata di Piacenza, CarteBollate dalla Casa di reclusione di Bollate e Ristretti Orizzonti, in cui si tratti di temi che hanno a che fare col carcere e la Giustizia: dall’attualità (argomenti come "certezza della pena", "percezione di insicurezza nelle città"…), alle proposte di legge, ordinanze, pacchetti sicurezza che abbiano comunque a che fare con la vita detentiva, ai temi che più stanno a cuore alle persone detenute, come i legami famigliari, la salute, le attività lavorative, ricreative ed educative. Un’idea su cui si è trovata una grande sintonia è quella di dare spazio ai progetti che le diverse redazioni di giornali dal carcere portano avanti per sensibilizzare il mondo della scuola: è un tema importante, che si estende alle questioni della legalità, dell’immigrazione, del senso della pena, e che la redazione di Ristretti Orizzonti si impegna a trattare anche sulle pagine di Terre di mezzo, in considerazione del fatto che molti lettori e abbonati dei nostri giornali appartengono proprio al mondo della scuola.
Stiamo organizzando uno spazio nel sito di Ristretti, dedicato a carcere e scrittura
Settimana, questa, fervida di stimolazioni e incentivi alla partecipazione attiva, nella redazione di "Ristretti Orizzonti"; si è svolto l’incontro con Luciana Scarcia di Roma che ha insegnato per anni al carcere Rebibbia e tiene corsi di "scrittura creativa". Da questa sua esperienza, in seguito, ne sono usciti alcuni libri sul tema (L’Attesa e Carcere e Viaggio). Il suo lavoro coi ristretti oltre ad essere una tecnica per imparare qualcosa, per mantenere in allenamento il proprio cervello è anche (e forse soprattutto) un confronto su diversi temi, su argomenti che (anche in seguito a forti discussioni) lasciano il segno e aiutano a crescere. L’incontro con la redazione aveva l’intento di riflettere insieme sulla possibilità di creare uno spazio nel sito www.ristretti.it che diventi un punto di riferimento, una guida per chi si occupa di scrittura in carcere. L’idea è di mettere on-line le diverse esperienze per aprire un confronto su esperienze riguardanti la scrittura giornalistica, la poesia, la scrittura per narrare, la scrittura per il teatro e il carcere.
Notizie da Venezia
Una tavola rotonda per discutere della legge Gozzini
L’associazione di volontariato in carcere "Granello di Senape" di Venezia e le cooperative Rio Terà dei Pensieri e Il Cerchio, che si occupano di portare lavoro in carcere e di dar lavoro a persone in misura alternativa e a ex detenuti, hanno organizzato venerdì 3 ottobre un incontro con le istituzioni per parlare della Legge Gozzini e delle proposte di legge che propongono pesanti modifiche, fino a un suo vero e proprio svuotamento.. Due le giornaliste che hanno coordinato la tavola rotonda: Roberta De Rossi de La Nuova Venezia, e Alda Vanzan de Il Gazzettino. I lavori sono stati aperti da Maria Teresa Menotto, presidente del Granello di Senape di Venezia, con un intervento molto critico sull’informazione e il modo in cui essa fa passare i benefici previsti dalla legge come "un regalo" e i magistrati di sorveglianza come "molto generosi" nel darlo, mentre nella realtà tali benefici vengono concessi con molta parsimonia. Eppure, i dati statistici confermano che essi sono lo strumento più efficace contro la recidiva. Ciò significa che la rieducazione del condannato ha come conseguenza maggior sicurezza per i cittadini, che solo così sono più tutelati. Le associazioni che si occupano di carcere sono in questo momento estremamente preoccupate per la nuova ondata di sovraffollamento che sta investendo nuovamente le carceri e per questo chiedono una maggiore applicazione delle misure alternative, non certo la loro abolizione. Quello che Maria Teresa Menotto ha voluto sottolineare è come alla legittima domanda di sicurezza bisogna dare risposte a lungo termine. La prevenzione si fa rimuovendo le cause del disagio sociale, i programmi devono essere più lungimiranti, bisogna instaurare una cultura della legalità e della cittadinanza responsabile. È stata la volta quindi di Chiara Ghetti, direttrice dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (UEPE) delle provincie di Venezia, Treviso, Belluno, che ha riferito numeri e statistiche che dimostrano come la ulteriore riduzione dell’istituto delle misure alternative creerebbe un aumento della recidiva e una conseguente diminuzione della sicurezza sociale. In Italia nel primo semestre del 2008 sono 9406 le persone in misura alternativa, le revoche sono state 10 (0,11%) per irreperibilità, 42 (0,45%) per commissione di reati, e il 4,87% per nuove posizioni giuridiche nel frattempo intervenute. La recidiva nelle persone che hanno compiuto un percorso di reinserimento graduale nella società si attesta al 19%, contro il 70% nelle persone che questo percorso non l’hanno fatto. È intervenuto poi il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, Giovanni Tamburino, anche lui critico con i media e i politici. Tamburino ha sostenuto che "la Magistratura di Sorveglianza è una delle strutture che in questo paese rispondono a un’esigenza di sicurezza. È una delle tante articolazioni che in un paese civile e in uno stato di diritto risponde a un bisogno fondamentale e primario che è il bisogno di sicurezza". La bassa recidiva che abbiamo in Italia, per quel che riguarda i detenuti che usufruiscono di misure alternative, in qualsiasi paese civile sarebbe ritenuta un successo. Ora è in atto un attacco alla L.354 del ‘75, l’Ordinamento penitenziario, oltre che alla legge Gozzini, ma quali sono le ragioni di tale attacco? Siamo certi che smantellando tali leggi avremo più sicurezza? I due interventi più "politici" sono stati quelli di Cesare Campa, onorevole, consigliere comunale di Forza Italia, e Lanfranco Tenaglia, ministro ombra della Giustizia del Partito Democratico. Le posizioni sono chiare, nel senso che Campa parla della necessità di costruire più carceri, anche se non dice dove si possono reperire le risorse per farlo, mentre Tenaglia parla di "stravolgimento inaccettabile della Gozzini", di "coraggio di dire ai cittadini che il presidio alla loro sicurezza non è solo la repressione ma anche e soprattutto il recupero". Poi Tenaglia afferma che il tema "sicurezza" è stato completamente strumentalizzato, che la certezza della pena vale solo per i poveracci, e ricorda che la ex Cirielli, legge promulgata dallo scorso governo Berlusconi, ha abbassato il limite d’età per stare in carcere a 70 anni, mentre ora si vorrebbe di nuovo innalzarlo a 75: forse perché Previti è già riuscito ad evitare la galera? È poi intervenuta Novella Disopra, avvocato del Foro di Venezia, che ha parlato della necessità di pene più severe, ma nello stesso tempo ha sostenuto che il carcere è criminogeno. Ha anche sostenuto la necessità di una rivisitazione degli istituti della liberazione anticipata e dei permessi premio in termini più severi, ma è contraria a ridurre l’affidamento. Rita Zanutel, assessore provinciale alle politiche sociali, ha osservato come da un sondaggio sulla percezione della gravità dei problemi che devono affrontare gli Italiani mettano ai primi tre posti problemi legati all’economia e solo al quarto posto ci sia la sicurezza. Ma la politica cerca scorciatoie invece di pensare alle vere cause che fanno sentire la popolazione insicura. Il sospetto è che si cerchi di distrarre la pubblica opinione dai veri problemi. Infine l’ultimo intervento è stato quello della dottoressa Gabriella Straffi, direttrice degli Istituti di Pena veneziani da 25 anni, quindi persona assolutamente competente. Dopo aver parlato brevemente dell’importanza della legge Gozzini come "spartiacque" tra un mondo carcerario "arretrato" e violento (prima) e un mondo carcerario più vivibile, la Straffi ha sostenuto che in qualche modo con la Gozzini, attraverso l’istituto della Liberazione Anticipata e quello del Permesso Premio, è stata "comprata" la buona condotta dei detenuti, che ha comunque reso le carceri più vivibili per i detenuti, ma anche per il personale. Tra gli addetti ai lavori c’è ora una forte preoccupazione, soprattutto se, come pare, una possibile rivisitazione della legge non viene fatta su dati certi, ma anzi c’è un malinteso di fondo, e cioè che i dati sui risultati della Gozzini sono confortanti, ma nessuno lo sa! L’opinione pubblica invece si fa un’idea, sbagliata, di operatori carcerari e magistratura di Sorveglianza incapaci, irresponsabili, superficiali, e attraverso questi messaggi non si fa altro che aumentare l’insicurezza. Eppure, se i dati sulla recidiva e sulle revoche sono rassicuranti, significa che gli operatori e i magistrati hanno lavorato bene. Perché pensare di eliminare i benefici appena c’è un caso di cronaca nera legato a persone in misura alternativa? Sbaglia però anche quel magistrato che dice di aver "solo applicato la legge in quella circostanza", perché ci sono delle valutazioni discrezionali che la professionalità di ciascuno ha il dovere di fare, tenendo conto di tutte le circostanze. Quello che manca in Italia è un disegno omogeneo sulle carceri, che non è mai stato attuato, alcuni problemi non sono mai stati risolti (vedi quello dell’edilizia!), siamo indietro di 30 anni rispetto ad alcuni standard, non ci sono neppure spazi per far lavorare la gente in carcere. Insomma, i veri problemi non si affrontano. Queste le conclusioni della dottoressa Straffi: "Mi auguro che la proposta di modifica della legge Gozzini non sia l’ennesimo atto che deve dare la risposta forte. Perché se è fatto solo con lo scopo di dare una risposta di comunicazione forte rispetto a un sentimento di insicurezza che è stato alimentato ad arte, rischiamo di fare grossi danni. Mi auguro che chi ha scritto quella proposta di legge ne abbia valutato anche le conseguenze".
Notizie da Verona
Il Don Bosco a Montorio con un pacchetto di corsi per i detenuti
Sono 475 mila gli euro che la Regione Veneto ha destinato a 29 progetti che riguardano gli istituti penitenziari della regione e che hanno finalità educative, culturali, ricreative e sportive. Cinque le associazioni di volontariato e del privato sociale veronesi, le cui iniziative sono state approvate: "La Libellula", "Associazione Iride Onlus", "Prisma Soc. Coop. Sociale", "Progetto Carcere 663" e l’Istituto Salesiano "Don Bosco". Quest’ultimo, grazie alla sostanziale presenza di Don Elio Lago - volontario in ambito penitenziario da più di 20 anni con l’associazione Arca 93 - ha ottenuto dalla Regione Veneto un finanziamento per avviare alcuni corsi nella Casa Circondariale di Montorio. Il progetto presentato prevede, nella sezione maschile, lezioni teorico-pratiche di computer (tra le quali anche utilizzo di Cad e Photoshop) e di inglese. Al femminile, oltre a insegnare l’utilizzo del pc, alcuni insegnanti avvicineranno le detenute alle realtà dell’arte, della pittura e della sartoria. Spiega il salesiano, referente e coordinatore del progetto: "In ogni corso inseriamo sempre dei momenti di educazione civica: è importante parlare con le persone qui detenute dei temi legati al lavoro, della presenza del sindacato e segnalare loro alcuni punti di riferimento esterni sui quali poter contare, una volta scontata la pena. Ma, prima di tutto, trattiamo un tema fondamentale: l’educazione alla legalità". I corsi, che al momento sono appena partiti, fino all’anno scorso venivano svolti con una cadenza quasi giornaliera. Conclude il salesiano: "Forniamo un pacchetto breve ma serio, portato avanti da cinque insegnanti competenti e preparati. Essendo quella di Verona una Casa Circondariale, i corsi tenuti al suo interno devono esaurirsi velocemente, perché le persone nel giro di poco tempo possono essere trasferite, o anche rilasciate".
Un anno di servizio civile trascorso nella realtà del carcere
Paola ha appena concluso un anno di servizio civile con l’associazione veronese la Fraternità, grazie all’opportunità offerta dal Centro Servizi per il volontariato di Verona. In questa intervista ci racconta com’è andata.
Come sei venuta a conoscenza del bando e perché questa scelta? È stata un’esperienza nata in modo molto casuale. Roberto Sandrini, il presidente dell’associazione, é mio zio e ne aveva parlato con mia madre. "Stiamo cercando un giovane che tramite il servizio civile possa svolgere un anno di lavoro da noi - le ha detto. Che ne dici, secondo te a Paola può interessare?". Mia mamma, nel dubbio, aveva dimenticato di dirmelo. Fortunatamente quando le è tornata la memoria non era ancora scaduto il termine per presentare la richiesta… ed eccomi qua! Questo mondo mi era davvero sconosciuto, erano tematiche che non avevo mai approfondito da sola. Dopo un tirocinio di alcuni mesi per psicologia, svolto in una comunità di tossicodipendenti veronese, volevo conoscere altre realtà di disagio, dove fosse possibile dare una mano ma anche imparare qualcosa. All’inizio è stata un po’ dura perché non ero assolutamente preparata in materia, ma con l’aiuto dei volontari, dei corsi e dei convegni ai quali ho avuto l’opportunità di partecipare e delle esperienze "sul campo" ho imparato a conoscere abbastanza velocemente il funzionamento e le figure principali dell’ambiente penitenziario.
Come ti sei trovata e quale delle tante esperienze ti è rimasta più nel cuore? Se devo mettere sulla bilancia quest’anno appena trascorso, l’ago pende decisamente dalla parte della soddisfazione. È stata senza dubbio un’esperienza che mi ha dato molto: partendo dalle conoscenze apprese, per non parlare del rapporto umano con i volontari, i detenuti, i loro familiari. Per me, che non avevo mai fatto esperienza di volontariato, è stato incredibile e stimolante vedere come delle persone - che hanno comunque le loro vite, la famiglia, il lavoro, i vari impegni - riescano a trovare tempo, energie e idee sempre nuove per aiutare gli altri. Considerando, per di più, che non sono "altri" qualunque, ma persone che hanno sbagliato, a volte anche in modo pesante. Fra Beppe, poi, ha fatto di questo la missione della sua vita. E vederlo all’opera per me è una cosa straordinaria! Tra tutte le esperienze, sicuramente mi hanno dato modo di fare un grande lavoro, soprattutto su me stessa, quelle che mi hanno portato a diretto contatto con chi il carcere lo vive davvero: i detenuti e i loro familiari. Quando non si conosce da vicino questa realtà non ci si pensa nemmeno, e questa è una consapevolezza che fa male. È normale, spontaneo e giustissimo rivolgersi prima di tutto a chi il reato l’ha subito, ma non bisogna nemmeno dimenticare le persone che stanno dietro le sbarre. Io credo che si debba dare a tutti un’opportunità, anche se capisco che davanti ad alcuni fatti sia difficile usare la parola fiducia. Ci vuole tempo, una grande volontà della persona stessa di cambiare, di recuperare. Purtroppo può capitare a chiunque di cadere, di "venire meno", come dice fra Beppe. Proprio a chiunque. E se voi sbagliaste non vorreste poi essere aiutati a rimediare, a non farlo di nuovo? È conoscendo queste persone che cambi dentro. Cambi prospettiva. Questo è quello che sicuramente mi è rimasto nel cuore, e che ora fa parte del mio modo di vedere le cose.
Di cosa ti sei occupata durante quest’anno e quale tra le attività è stata più arricchente per te? I miei compiti erano principalmente due: il Centro d’ascolto - provvisoriamente ospitato presso la nostra sede, in attesa di essere trasferito davanti alla Casa Circondariale di Montorio - e l’aggiornamento del sito internet, www.lafraternita.it. Nel centro d’ascolto accogliamo detenuti in permesso ed ex detenuti, ma soprattutto i loro familiari, che spesso desiderano avere un appoggio, un sostegno per affrontare questa difficile realtà, anche solo per avere informazioni e indicazioni pratiche. In questo modo si arriva a comprendere la situazione di sofferenza che queste persone si trovano a vivere. E lo stesso è avvenuto partecipando alle Giornate di Fraternità, momenti in cui ci si ritrova e si sta insieme alle famiglie, cercando di aiutarsi e consigliarsi reciprocamente.
Hai fatto quello che pensavi al momento dell’adesione al bando, oppure ti aspettavi altro? Si, nel bando era tutto molto chiaro. Non erano previsti ingressi in carcere, quindi è stato ancora più bello per me avere la possibilità di entrare per ben 3 giorni consecutivi in carcere. Questo non è avvenuto a Verona, ma nella casa circondariale di Venezia, grazie alla "missione francescana" organizzata da fra Beppe Prioli, il nostro super-fondatore, in collaborazione con il Cappellano locale. Quindi posso considerarmi più che fortunata.
Cosa consiglieresti all’associazione per rendere ancora più significativo il percorso di chi le si avvicina per un anno? Io credo che sia importante continuare a offrire alla persona che arriverà tutte le occasioni possibili per riflettere, per smontare le credenze purtroppo errate che si hanno non conoscendo questo mondo da vicino. Come sempre avvicinarsi maggiormente a una realtà contribuisce a sviluppare un pensiero critico, più competente e soprattutto obiettivo, oltre naturalmente a combattere i pregiudizi che la riguardano. Io credo di averne avute moltissime, di occasioni - ogni riunione è occasione di confronto e arricchimento, prima ancora che aggiornamento sullo stato dei progetti - e per questo devo ringraziare tutti i soci e le persone che hanno contribuito a questo. Grazie a tutti!
E a chi ti succederà? Qualche consiglio soprattutto per la fase iniziale? Uno solo credo: di buttarsi in quest’esperienza e di vivere tutto a pieno. Partecipare a tutte le iniziative e attività possibili che stuzzicano la curiosità, conoscere a fondo le persone che le svolgono e quelle a cui sono destinate. Non posso che fare a questo/a ragazzo/a un grande in bocca al lupo, anche se in realtà non ce n’è bisogno. Se è un’esperienza che si vive con il cuore e alla quale si è felici di prender parte, non può che andar bene.
Corso di formazione: "Strumenti e pratiche del lavoro interculturale con i migranti" Contribuire alla diffusione nei servizi pubblici e, quindi, nelle comunità locali di una cultura dell’intercultura, della tolleranza, dell’accoglienza, dei diritti e doveri di cittadinanza, dell’integrazione sociale in favore dei cittadini dei paesi terzi: questo lo scopo del corso di formazione realizzato nell’ambito del progetto "Ri-Tratti. Formazione sulle competenze interculturali dei funzionari pubblici", dal titolo: "Strumenti e pratiche del lavoro interculturale con i migranti: dall’ascolto all’empowerment, dalla lettura dei bisogni all’utilizzo delle reti". Quattro le giornate di seminario (24 e 29 ottobre, 12 e 28 novembre) destinate ad assistenti sociali, educatori, mediatori culturali, operatori sociali e sanitari, insegnanti che lavorano in servizi e progetti con migranti e che hanno maturato esperienze e pratiche di lavoro. Un totale di 32 ore con 20 euro di contributo, per sviluppare conoscenze e competenze che modifichino atteggiamenti, stili relazionali e pratiche di lavoro in una prospettiva interculturale. Le iscrizioni, dati i posti limitati, devono pervenire entro e non oltre il 17 ottobre. Il seminario definito aperto è rivolto a tutti coloro che siano interessati alla tematica e richiede comunque l’iscrizione. Per informazioni: Centro Comunale Corte Molon, telefono 045.8348420, e-mail cortemolon@comunitadeigiovani.org (www.comunitadeigiovani.org).
Notizie da Rovigo
Anche Rovigo ha il suo Garante dei detenuti
Livio Ferrari, direttore del Centro Francescano di Ascolto (che compie vent’anni, il "compleanno" del centro si festeggerà con un incontro che segnaliamo nei nostri "Appuntamenti"), ci ha segnalato l’ottima notizia che il Consiglio Comunale di Rovigo ha approvato all’unanimità l’istituzione del Garante per i diritti delle persone detenute. Il progetto era stato presentato dall’Assessore alle Politiche Sociali Giancarlo Moschin. Giovedì 9 ottobre ci sarà la conferenza stampa in cui verrà comunicato il nome di colui (o colei!) al quale verrà affidato questo delicato e importante incarico. Dovrà essere persona esperta nel campo delle scienze giuridiche, dei diritti umani e delle attività sociali negli istituti penitenziari, ma non potrà appartenere ai settori della magistratura o forensi, né della pubblica sicurezza. È un segnale importante che una città, dove c’è un carcere relativamente piccolo come Rovigo, si sia già attivata in questo senso, e speriamo che Comuni che "ospitano" carceri ben più "popolose", abbiano il tempo e il coraggio di seguire questo esempio. "Il Garante - scrive Ferrari - resterà in carica cinque anni. Le sue funzioni saranno di tutelare i diritti e promuovere le opportunità di partecipazione alla vita comune, la formazione professionale, la tutela della salute. Allo stesso modo il garante dovrà promuovere incontri pubblici di sensibilizzazione sugli aspetti della detenzione e, se serve, lavorare insieme al difensore civico comunale. Potrà anche segnalare violazioni dei diritti dei reclusi, confrontarsi con le autorità competenti sulle condizioni nelle quali vivono, e rapportarsi con le associazioni interessate ai problemi penitenziari. Tutto il suo operato sarà sottoposto annualmente al giudizio del Comune e delle associazioni competenti in materia. Riceverà anche un’indennità simbolica di 1.200 euro l’anno, oltre al rimborso spese".
Notizie da Vicenza
Succede nel Carcere Circondariale di Vicenza
Claudio Petruzzelli, responsabile dell’area educativa della Casa Circondariale di Vicenza, ci ha parlato brevemente dei corsi che sono iniziati nel carcere di Vicenza. Sono stati finanziati dalla Regione i corsi organizzati dall’Engim (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo). Prima quelli per pittori-decoratori, mentre ora sono appena iniziati quelli per "pasticceri e panificatori". Ai corsi, poiché vengono finanziati se sono almeno 10 i frequentatori, vengono iscritte circa 15 persone. Il caso delle carceri circondariali infatti è un po’ particolare: le persone, non avendo nella maggioranza dei casi una condanna definitiva, possono andarsene improvvisamente per molteplici motivi - ci ha spiegato il dott. Petruzzelli - e si rischia così che il numero minimo "legale" per poter tenere in piedi questi corsi venga a mancare. Per questo motivo vengono iscritte il maggior numero di persone possibili. Per ciò che, invece, riguarda i corsi scolastici, sono iniziati quelli di alfabetizzazione, le scuole medie inferiori, i corsi su salute e ambiente e l’attività di redazione del giornale interno, mentre per ciò che concerne le scuole superiori, a tutt’oggi la richiesta inoltrata più di un anno fa dal capo dell’ufficio educatori all’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto a Venezia, per creare dei corsi di scuola media superiore nel carcere di Vicenza, non ha ancora avuto risposta. Altra iniziativa approvata e avviata nella Casa Circondariale vicentina è la presenza dei Ministri dei diversi Culti: iman e preti ortodossi, oltre naturalmente al cappellano cattolico. Sta per iniziare anche l’attività di mediazione culturale curata dalla Cgil, dopo un approfondito corso di formazione per i mediatori che opereranno in carcere.
Comunicare il sociale al sociale
Lunedì 6 ottobre, presso la sede della cooperativa sociale Insieme, si è svolto l’incontro "Comunicare il sociale al sociale", organizzato da Rete famiglie aperte, cooperativa sociale Tangram, cooperativa sociale Insieme. Relatore è stato il direttore dell’Agenzia di stampa Redattore Sociale, la prima Agenzia giornalistica quotidiana dedicata al disagio e all’impegno sociale in Italia e nel mondo, Stefano Trasatti. Associazioni, gruppi, cooperative sociali e tutte le organizzazioni di cittadini attente a tematiche sociali sono spesso in difficoltà nel saper dire alla cittadinanza quello che stanno facendo. Questa difficoltà di comunicazione attenua la portata dell’impegno profuso negli anni e impoverisce la possibilità di una maggior democrazia dell’informazione. Ma allora, quali attenzioni sono necessarie nel comunicare alla città? E come farlo realmente? Trasatti, nella prima parte della sua relazione, ha fatto una ricostruzione di come si è sviluppato e come è cambiato il mondo del no-profit nel corso degli anni. Ha poi evidenziato le difficoltà nell’approcciarsi alla comunicazione: si sceglie di puntare sull’immagine, tradendo così il ruolo stesso di questo tipo di attività che guarda molto alla sostanza e molto poco all’immagine, o si compie la fatica di trovare un nuovo linguaggio? Secondo Trasatti la via da seguire è "il lavoro sulle proprie identità" e la valorizzazione, senza però specularci sopra, delle storie delle persone, le storie vere di persone che hanno bisogno dell’aiuto della società. Un’altra questione importante, secondo il direttore di "Redattore Sociale", è la relazione che chi lavora nel sociale riesce a instaurare con i mass media, con i giornalisti. È importante essere interlocutori preparati, attendibili e riconosciuti: in questo modo si diviene "informatori" dei giornalisti e attraverso di essi si comunica al cittadino ciò che si sta facendo, con maggiori possibilità di coinvolgerlo.
Appuntamenti
Padova: Granello di Senape e C.S.V. per gli Avvocati di Strada
Granello di Senape e C.S.V.: per gli Avvocati di Strada. Padova: Casa Comboni, via Citolo da Perugia, 35. Giovedì 9 ottobre 19.00-21.00. Continua il corso di formazione e aggiornamento per il servizio di Avvocato di Strada. Il corso è gratuito e aperto al pubblico, previa iscrizione via mail. Tema: "I minori stranieri non accompagnati". Relatore: avv. Maria Antonietta Zuccalà
Verona: Buttiamola in sicurezza
Verona: sede "Progetto Verona", via Brunelleschi. Giovedì 9 ottobre alle 21. Tema: "Buttiamola in sicurezza". Organizzata da "Progetto Verona" la serata è un’assemblea pubblica a cui ne succederanno altre tre. I relatori sono un cittadino (Antonio Vittori), un poliziotto (Davide Battisti), un immigrato (Fernando Sudat) e un vigile (Alberto Livigni). Conduce: Mauro Tedeschi. Per valutare insieme, con l’aiuto di persone comuni e di esperti, lo stato dell’informazione e della comunicazione a Verona, nella volontà di sconfiggere le nuove schiavitù e di essere liberi in una società che ci vuole tutti uguali, tutti bloccati dalla paura, tutti distratti.
Rovigo: compie 20 anni il Centro Francescano di Ascolto
Rovigo: Sala degli Arazzi "P. Oliva" - Accademia dei Concordi - Piazza Vittorio Emanuele II, 14 23 ottobre ore 17.30. 1988 - 2008 "Vent’anni accanto agli ultimi senza andare fuori tempo". Intervengono: don Luigi Ciotti, presidente Gruppo Abele e Libera, Alessandro Margara, presidente Fondazione Michelucci, Giuseppe Mosconi, docente sociologia del diritto Università di Padova, don Vittorio Nozza, direttore Caritas Italiana. Coordina Livio Ferrari, direttore del Centro Francescano di Ascolto.
Vicenza: secondo incontro Progetto "Sulla Soglia"
Vicenza: via della Scola 255, cooperativa sociale Insieme. Progetto "Sulla Soglia": il secondo incontro. Lunedì 13 ottobre ore 20.30. Tema: "Orientamenti alla lettura di un bilancio comunale". Relatori: dott. Zocco e dott. Zulian della Cooperativa Servizi all’Autogestione. Invito aperto a tutti - ingresso gratuito. Info: Associazione rete famiglie aperte, tel. 0444.222676, rete@progettosullasoglia.it. Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella. Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |