In-Veneto: informazione tra il carcere e il territorio Edizione n° 64, del 27 agosto 2009
Notizie da Verona
Presto un Garante anche a Verona
Con l’estate la politica entra a Montorio
Dopo che a fine luglio l’onorevole del Pd, Giampaolo Fogliardi, aveva fatto visita al carcere di Montorio su invito della Uilpa Penitenziari per il Triveneto, a ferragosto altri due membri del Pd sono entrati nella struttura: la senatrice Maria Pia Garavaglia e il deputato Marco Perduca. In occasione della sua visita Fogliardi aveva confessato che si trattava della prima volta che entrava in un carcere e che l’impatto era stato di "forte angoscia", in mezzo a condizioni di vita "al limite della tollerabilità" con l’acqua che cade dal soffitto e celle che ospitano il doppio delle persone per cui sono state progettate. "A fare le spese di tutto ciò - aveva sottolineato l’onorevole - sono anche gli agenti penitenziari, in numero insufficiente per svolgere serenamente il loro lavoro". Il coordinatore di Uilpa Penitenziari per il Triveneto, Leonardo Angiulli, aveva sottolineato che la struttura di Montorio è nata per ospitare 400 detenuti e un organico di 407 poliziotti. A fine luglio i detenuti erano 930 e gli agenti effettivamente in servizio circa 150 (306 in tutto, compresi quelli distaccati in altre strutture) divisi su tre turni. "Durante l’ora d’aria - aveva spiegato - un solo agente arriva a dover controllate oltre 300 detenuti, senza sistemi di sicurezza e di allarme. Inoltre mancano agenti donne e gli uomini devono lavorare anche al femminile, il che sarebbe vietato dalla legge. Nel frattempo è iniziata una sorta di turismo penitenziario che vede i detenuti trasferiti come numeri: da Verona sono già partiti in 80". Angiulli lamentava poi una certa chiusura da parte delle direzione nei confronti dei sindacati, e questo "mentre le nuove norme incluse nel pacchetto sicurezza, come il reato di clandestinità, non faranno che aumentare il numero di detenuti e di lavoro, a fronte di una forte carenza di risorse umane. E mentre a Verona è in programma l’apertura di un reparto di osservazione che porterebbe all’interno della struttura penitenziaria detenuti con problemi psichiatrici provenienti da tutte le regioni: ulteriore aggravio alla già difficile situazione". Da qui l’esigenza di coinvolgere l’onorevole Fogliardi perché - come ha fatto dopo la visita alla casa circondariale - presentasse un’interrogazione parlamentare sul carcere. In occasione dell’iniziativa messa in atto da Radicali Italiani, che tra il 14 e il 16 agosto ha portato oltre 150 deputati all’interno di 185 istituti di pena, a Verona hanno varcato le porte del carcere la Garavaglia e Perduca che, oltre a confermare la fatiscenza del luogo e la necessità di interventi di ristrutturazione urgenti, hanno evidenziato il fatto che il 60% della popolazione reclusa a Montorio è in attesa di giudizio, e resta in tale condizione anche per più di otto mesi. inoltre la maggior parte dei detenuti (quasi la metà) sono dentro per reati inerenti alla violazione della legge sulla droga. Per questo, secondo la Garavaglia, "è tutto il sistema carcerario che va rivisto. Non solo bisogna accelerare i processi, ma è necessario incrementare l’utilizzo di misure alternative alla pena e applicare la legge Gozzini per riportare le carceri alle loro capienze regolamentari".
"Progetto carcere": ottimi bilanci, ma il Comune sembra ignorarli
"Abbiamo inventato il rapporto carcere/scuola ben 21 anni fa, come non lo faceva nessuno al mondo. Ma questo evidentemente non basta per essere presi in considerazione dal proprio Comune quando si parla di questi temi". Maurizio Ruzzenenti, fondatore dell’associazione Progetto carcere 663 che ogni anno porta a Montorio oltre un migliaio di studenti di Verona e provincia, non riesce a capacitarsi di come l’assessorato alle Politiche giovanili del comune scaligero abbia potuto avviare un nuovo progetto di educazione alla legalità rivolto agli istituti superiori di Verona, rivolgendosi a due associazioni sconosciute di Treviso. Continua Ruzzenenti: "Se avesse finanziato altre associazioni veronesi impegnate da anni sul territorio non avrei di certi aperto bocca, ma perché usare soldi pubblici di Verona per finanziare Treviso, quando in casa - e lo dimostrano i dati - ci sono tutte le competenze in materia?" I dati sono stati diffusi dalla stessa associazione dopo la conclusione, a giugno, della XXI edizione di "Carcere e Scuola". Iniziata a metà marzo, l’iniziativa ha reso possibile l’entrata nella casa Circondariale di Montorio di un totale di 1228 persone tra insegnanti, studenti e studentesse di 59 Istituti superiori di Verona e provincia, pronti a sfidare i detenuti in incontri sportivi di calcio e pallavolo. Ma
Carcere & Scuola è anche opera di formazione nelle scuole e per le scuole e
quest’anno, i "Corsi di Educazione alla Legalità" - oltre che in
cinque istituti superiori - si sono svolti per la prima volta anche in una
scuola media: la "Rita Rosani" di Verona. In altri istituti si sono
invece tenute delle assemblee e, nell’Istituto Lampertico di Vicenza si è
svolto un corso destinato agli insegnanti.
Psicologia e sicurezza
"È certa solo una pena scontata in carcere fino all’ultimo giorno. Le misure alternative fanno paura, non si può mettere a rischio la sicurezza di tutti per concedere benefici ai condannati. Sembra un ritornello pubblicitario di politici e mezzi d’informazione, ne hanno convinto gran parte della popolazione e anche qualche Magistrato di sorveglianza". Chiara Ghetti, dirigente dell’Uepe di Verona, al Convegno organizzato a Verona dalla Società italiana di psicologia penitenziaria, ha quantificato esattamente il rischio su scala locale. Nel 2008 lo stesso Uepe ha preso in carico 235 persone in misura alternativa (di queste, 102 in affidamento). Quante si sono rese irreperibili? Quante hanno commesso reati? La cifra è uguale nei due casi: 0. Dunque lo 0%. Solo per andamento negativo (senza commissione di reati) sono stati revocati 18 provvedimenti, pari al 7,66%. "Pensiamo che la probabilità di recidiva, di quelli usciti l’ultimo giorno per effetto della cosiddetta pena "certa" che toglie ogni paura, si aggira sul 70%", precisa la Ghetti, che conclude: "La vera dimensione della sicurezza non consiste nell’aumento delle carcerazioni, ma nell’allargamento, preventivo e successivo, dell’inclusione sociale, per evitare che strati emarginati (come gli stranieri irregolari, i tossicodipendenti, i disturbati psichici) siano spinti nei comportamenti di reato". Prima di lei Maria Caruso, psicologa del servizio nuovi giunti a S. Vittore, aveva descritto, con le tabelle del Dap e di Ristretti Orizzonti, la situazione carceraria nei suoi grandi e insostenibili numeri, per mettere in evidenza il particolare disagio, preesistente o insorto per reazione nei momenti critici dell’arresto, dell’emergere di sensi di colpa, vergogna, rimorso, dell’incertezza in attesa di giudizio, del crollo delle illusioni con la condanna: condizioni tutte di rischio di atti di disperazione per molti detenuti. Non c’è uniformità di criteri nelle stime dei disturbi mentali, e la relatrice propone un protocollo per rendere confrontabili le rilevazioni; si tratta in ogni caso di cifre elevatissime. L’Associazione dei medici penitenziari, per esempio, fa una valutazione di 16.000 casi, oltre il 25% delle popolazione detenuta. Sommando i tanti altri fattori di povertà (mancanza di dimora, di sostegno familiare e comunitario, alcol, droghe, irregolarità degli stranieri, ecc.) si configura un’ampia area di detenzione sociale, per la quale la carcerazione aggrava le difficoltà di reinserimento. Caruso elenca però anche le risorse, nello stile di relazione e nelle proposte, di cui l’operatore può disporre per essere di aiuto al cambiamento. Di grande interesse anche l’intervento di Salvatore Di Prima, medico nel carcere di Vicenza, che ha elencato i diritti dei detenuti (e i conseguenti obblighi dell’amministrazione penitenziaria e del servizio sanitario) derivanti dalle garanzie di tutela della salute assolutamente uguali per i cittadini in libertà come per quelli in carcere. Tra gli altri relatori, prevalentemente psicologi, va ricordata Carmen Persico della polizia penitenziaria di Vicenza, che ha vivacemente sottolineato la necessità di collaborazione e di formazione congiunta per acquisire un linguaggio che faciliti la comunicazione tra le diverse categorie di operatori coinvolti nell’osservazione e trattamento.
Stranieri e Ambiente, educando alla legalità e al rispetto dell’altro
Altro appuntamento alla Uildm Verona è stato quello con Giorgio Scarato, artista, disegnatore di libri per ragazzi, figura storica e carismatica dell’ambientalismo veronese e non solo, da molti anni consigliere provinciale. Con lui si è parlato di educazione all’ambiente che ci circonda, con riferimento alle responsabilità sia dei singoli cittadini che degli Amministratori nella promozione e nella difesa dell’ambiente. Un ambiente inteso non solo come luogo a cui fare riferimento in termini di utilizzo, pur prestando la dovuta attenzione, ma come insieme di spazi e luoghi da sviluppare in funzione dell’uomo quale componente di una società di persone che in questo ambiente abita, lavora, socializza e si evolve in tutte le sue espressioni. In contrasto con le esperienze concrete di tutti i giorni, in cui si avverte la quasi totale mancanza dei concetti fondamentali di armonia e bellezza.
Educazione alla legalità: Quale la funzione del carcere?
"Il carcere ha una funzione educativa?". A chiederselo - durante l’ultimo incontro del ciclo sull’educazione alla legalità organizzato dalla Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Verona - è Arrigo Cavallina, volontario dell’associazione La Fraternità. Per i meno esperti, Cavallina ha ricordato che la finalità costituzionale di una pena "rieducativa" è parzialmente attuata, nell’ordinamento penitenziario, con la previsione di "un’osservazione e trattamento" dei condannati, con la partecipazione della comunità esterna (quindi anche delle associazioni di volontariato) e con le misure alternative. L’equivoca parola "rieducazione" non va intesa come indottrinamento, conformismo, obbedienza, ma come offerta di opportunità (di formazione, di lavoro, di cultura, di sostegno, di cura, ecc.) che facilitino la costruzione di un futuro senza altri reati. Spiega ancora il volontario. "Ci stiamo però avvicinando rapidamente ad un punto di assoluta insostenibilità, quasi di catastrofe, nella sovrappopolazione delle carceri, aggravata da una drammatica scarsità di personale e di risorse. Ai detenuti ammassati in condizioni subumane si aggiungono le inaccettabili condizioni di lavoro della polizia penitenziaria, le cui rappresentanze sindacali stanno da tempo gridando, inascoltate, le proposte più ragionevoli. Mentre il governo decide la costruzione di nuove carceri, impraticabile nei tempi, nei costi, nella mancanza di personale, e l’opposizione sembra rincorrere singoli stanziamenti, in assenza di una complessiva visione della giustizia". I fattori che producono un aumento medio di 800 detenuti ogni mese sono molteplici. Si va dall’uso abnorme della custodia cautelare, che riguarda più di metà dei detenuti, ingigantita dai tempi smisurati della giustizia, e che comprende anche le inutili carcerazioni brevissime di pochi giorni, alla progressiva diminuzione delle misure alternative concesse, sia quelle ordinarie che quelle terapeutiche per tossicodipendenti. Poche cifre certe bastano a dimostrare come la commissione di reati durante la misura alternativa sia un evento rarissimo (molto meno dell’1% dei casi, e 0 in Veneto) e come la probabilità di recidiva negli anni successivi sia estremamente ridotta rispetto al tanto proclamato "stare in carcere fino all’ultimo giorno" che diventa poi un ributtare in società persone impreparate e incattivite. "Eppure - sottolinea Cavallina - ogni raro episodio negativo viene ingigantito fino a presentare le misure alternative come l’annullamento della giustizia e una minaccia sociale, così che non vengono quasi più concesse e se ne chiede l’abolizione. Il carcere non è, come nell’immaginario diffuso, il luogo della delinquenza. È la legge stessa che disegna una demarcazione del tutto arbitraria tra i comportamenti puniti con la detenzione e quelli esclusi. Tutta la produzione legislativa degli ultimi anni, e ancora peggio quella in corso e annunciata, sembra ispirata a due criteri fondamentali. Da un lato l’identificazione di categorie nemiche, alle quali attribuire la responsabilità di ogni nostro malessere. Soprattutto in periodi di crisi e difficoltà economica si ricompatta il consenso "contro" figure simboliche, ma di immediata visibilità, a partire dai lavavetri, i mendicanti, gli albanesi, i rom, i romeni, gli africani degli sbarchi tentati e respinti; e mentre si lasciano le forze dell’ordine istituzionali nell’impotenza di mezzi e risorse, si ricorre a strumenti incongrui ma pubblicitari come i militari, le ronde, la polizia municipale, le ordinanze dei sindaci. Crescono quindi le previsioni di reati e sempre più carcere nei riguardi delle categorie già emarginate (impressionante la percentuale, nella popolazione detenuta, di stranieri, di tossicodipendenti, di disagiati psichici). Dall’altro la difesa a oltranza delle categorie alle quali la casta politica appartiene o rappresenta, quella dei reati economici e finanziari, della corruzione, dei traffici, dei legami con la criminalità organizzata. In questo senso vanno gli attacchi alla magistratura e le innumerevoli novità legislative che ostacolano le indagini e i processi, vanificano le sanzioni, facilitano le prescrizioni, creano aree di sostanziale impunità. Per gli strati del disagio, dunque, non politiche di welfare, di assistenza sociale, di regolarizzazione e integrazione, di prevenzione, e nemmeno quel ventaglio sanzionatorio che aveva suggerito l’ultima commissione per la riscrittura del codice penale, ma solo e sempre più carcere. Tanto la legge non ha più lo scopo di intervenire sui problemi, ma sulla percezione dei problemi. Invece i comportamenti che provocano i veri disastri sociali, le colossali truffe finanziarie, l’evasione fiscale, l’insicurezza sul lavoro, i beni pubblici usati per interessi privati, la rovina ambientale eccetera lasciano da questa parte del muro di cinta. Come si può ripetere ancora che i detenuti "sono quelli che hanno sbagliato" e che noi buoni volontari vogliamo educare e aiutare nel cambiamento? Certo, ci sono anche quelli, come ci sono tra noi e nella nostra parte di società. E ci sono quelli, sempre di più, che subiscono ulteriore violenza in una condizione di povertà e di rischio alla quale volevano sottrarsi. Cosa pretendiamo di educare, che alternative siamo in grado di proporre? Forse allora l’impegno di un volontariato consapevole va rivolto alla diffusione di cultura, di informazioni, va rieducata l’opinione pubblica, va rieducato il legislatore". Nella discussione seguita a queste considerazioni, oltre alla richiesta di notizie sull’attività della Fraternità, si è sottolineata la complessità dell’argomentazione e quindi la difficoltà di proporla in ambienti abituati ormai, dal linguaggio televisivo e politico, alle contrapposizioni e ai giudizi semplici. Ragione in più, si è detto, per un impegno culturale. Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella. Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |