In-Veneto: informazione tra il carcere e il territorio Edizione n° 57, del 24 febbraio 2009 Notizie da Padova Notizie da Venezia Notizie da Verona Appuntamenti
Notizie da Padova
I detenuti incontrano a Ponte San Nicolò i giovani atleti e le loro famiglie
C’era molta attesa in Sala Civica "Unione Europea" del Comune di Ponte San Nicolò la sera del 17 febbraio per l’ultimo incontro di un ciclo dedicato al mondo dello sport e intitolato "Educhiamoci? I genitori degli atleti si confrontano". Tre serate a tema indirizzate ai genitori dei 1200 atleti che praticano le più svariate discipline nel Comune padovano. Un progetto realizzato da Roberto Noviello e patrocinato dall’Assessorato allo Sport. Il ciclo di conferenze era stato presentato il 2 febbraio alle 12.00 nella sala consiliare del Comune di Ponte San Nicolò da Enrico Rinuncini, assessore allo sport del comune di Ponte San Nicolò, Roberto Noviello, ideatore del progetto, Francesco Bedin, segretario Libertas, Alessandro Fabian, testimonial dell’iniziativa e della prima serata, Nicola, dell’associazione Ristretti Orizzonti, uno dei protagonisti della serata conclusiva. Lo slogan della terza e ultima serata incuriosiva in modo particolare: "Carcere: un mondo a parte o una parte del mondo? Sul palco i detenuti di Ristretti Orizzonti coordinati da Ornella Favero. In platea c’erano più di trecento persone tra le quali molti atleti della scuola media comunale e alcuni rappresentanti delle istituzioni: il Sindaco Giovanni Gasparin, l’assessore allo Sport Enrico Rinuncini, la Dirigente Scolastica Anna Pizzoccaro. Inoltre era presente Luisa Mazzone, insegnante di lettere che segue il progetto "Il carcere entra a scuola. Le scuole entrano in carcere" con i suoi studenti della terza C della Scuola media statale di Roncaglia. E sono stati proprio i ragazzi ad animare la serata con riflessioni e domande molto semplici e nel contempo molto dirette indirizzate ai detenuti ed ex detenuti intervenuti dal palco, i quali, in maniera altrettanto semplice e trasparente, hanno messo a nudo tutto ciò che succede quando la propria vita, per scelte sbagliate, deraglia e incontra il carcere. E così, in un’atmosfera carica di interesse e partecipazione, Andrea, Ernesto, Nicola, Paola e il papà di Andrea, hanno trascinato i presenti nel loro mondo; un mondo fatto di errori, di rimpianti, di violenze ma anche di emozioni, sentimenti, sogni e speranze e voglia di riscatto. Le testimonianze di queste persone hanno prodotto l’effetto sperato dagli organizzatori: sgretolare il muro di pregiudizi nei confronti di chi soffre dietro le sbarre e avvicinare al carcere i genitori spesso indifferenti alla realtà in cui i loro ragazzi si trovano a vivere. E così Marco, un ragazzo di undici anni ha sentenziato dalla sua poltrona: "ma sono come noi!". Sono come noi… il papà di Andrea con il racconto del dolore di una famiglia "regolare" sulla quale si abbatte la drammatica vicenda di un figlio tossicodipendente che finisce in carcere per un grave reato; Paola che è capace di scavare nella sua storia di madre detenuta e dire che il carcere arrugginisce anche i rapporti con i figli; Nicola che si guarda con gli occhi delle sue vittime; Ernesto che spietatamente analizza ciò che è riuscito a perdersi della vita, ma soprattutto il male fatto a tanti, compresa la sua famiglia, i suoi figli; gli occhi di Andrea che spaziano nella sala mentre le sue parole crude colpiscono i ragazzi come cazzotti.. Sono come noi, hanno pensato in tanti a fine serata e sui banchi di scuola il giorno seguente. Il valore aggiunto alla serata è dato dal fatto che sia stato il mondo dello sport (e del calcio in particolare) a rivolgersi a Ristretti Orizzonti; un mondo, quello dello sport, spesso immaginato come superficiale e privo di interesse per i temi del sociale. "Avvicinare il mondo dello sport a queste tematiche - ha concluso Noviello - contribuisce a creare atleti con valori corretti e gruppi di persone affiatate".
La nuova biblioteca al Due Palazzi si è "presentata" ai suoi utenti, detenuti e operatori
Il 18 febbraio è stata inaugurata presso il Centro di Documentazione Due Palazzi della Casa di Reclusione di Padova la nuova biblioteca "Tommaso Campanella". Presente il Direttore con tutti i dirigenti dell’istituto e gli operatori, molti volontari, la Dirigente scolastica e gli insegnanti dell’Istituto tecnico Antonio Gramsci, ma anche i diretti interessati, una quarantina di detenuti. "Ci è voluto un anno a finire i lavori ma alla fine siamo riusciti a creare un altro spazio di cultura all’interno del carcere", ha detto la responsabile del progetto Rossella Favero, presidente della cooperativa Altracittà, che è riuscita a inserire la biblioteca del Due Palazzi nella rete regionale di biblioteche, permettendo così ai detenuti di avere in prestito anche i volumi presenti nelle altre biblioteche esterne al carcere. "Attualmente abbiamo 8 mila volumi", ci dice Marina Bolletti, la bibliotecaria che ha diretto il lavoro di catalogazione "la maggior parte dei libri ci sono stati donati da cittadini padovani, e ci sono molti volumi che sono meritevoli di attenzione perché sono delle copie di valore". Oltre all’ampia disponibilità di volumi, una particolare caratteristica di questa biblioteca è la sua spaziosità, che unita al profumo di legno proveniente dagli scaffali appena montati e alle piante che decorano gli angoli dell’aula, fanno dimenticare che ci si trova in un carcere. "Prima eravamo in uno stanzino senza finestre", ci dice Bruno, il detenuto bibliotecario, "e il mio lavoro consisteva nel ricevere le richieste dei detenuti, mettere i libri sul carrello e andare a fare le consegne nelle celle. Adesso invece le persone detenute possono uscire dalle celle e venire a piccoli gruppi in biblioteca, guardare i libri, leggere all’interno e scegliere con calma cosa leggere". "Abbiamo dato alla biblioteca il nome del filosofo Tommaso Campanella", ha annunciato infine Rossella Favero, "perché Campanella, arrestato con l’accusa di cospirazione ed eresia, condannato a morte, ha ispirato con la sua vita e le sue opere molti studiosi, ma noi siamo stati affascinati dalla sua forza di volontà attraverso la quale, nonostante le condizioni disumane in cui era detenuto, trascorse i suoi ventisette anni di detenzione scrivendo. Tra le molte opere filosofiche anche il celebre libro La città del Sole (1602), progetto di una società ideale ispirato alla Repubblica di Platone". Sono trascorsi quattro secoli e la società ideale è ancora un sogno, ma è stata corale la soddisfazione dei detenuti per avere a disposizione almeno una biblioteca ideale. La biblioteca è stata rinnovata con il metodo di catalogazione Dewey, i volumi della biblioteca sono stati ricatalogati e ricollocati con l’aiuto fondamentale di detenuti e volontari. Già la scorsa primavera avevamo segnalato il fatto che finalmente la biblioteca era accessibile anche ai ristretti (prima c’erano degli incaricati che raccoglievano le richieste dei detenuti e procuravano loro i libri), ma adesso è stato fatto molto di più: nuova collocazione, nuovi arredi, nuova catalogazione, per facilitare la ricerca secondo gli interessi di ognuno. E proprio per coinvolgere i detenuti che sono meno inseriti nelle attività del carcere e rendere partecipi coloro che quotidianamente vi prestano servizio - i quali spesso non vedono i risultati del proprio lavoro - si è deciso di fare un’inaugurazione "interna". Il 18 marzo invece verrà fatta l’inaugurazione ufficiale alla presenza delle istituzioni "esterne". Hanno contribuito finanziariamente la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e il "Progetto Carcere" della Regione Veneto. Ma anche tanti privati (con la donazione di volumi) e il Gruppo Operatori Volontari Carcerari. La gestione della biblioteca è affidata alla Cooperativa "Altra Città".
"Strage continua", un libro per la prevenzione: incontro in carcere con l’autrice
Nella redazione di Ristretti Orizzonti abbiamo incontrato la giornalista Elena Valdini, autrice del libro "Strage Continua". Gli incidenti stradali sono un problema costante. Causano 6000 morti all’anno coinvolgendo nella maggior parte dei casi giovani o giovanissimi. Ma qual è il dolore che provano e le difficoltà che incontrano le famiglie delle vittime? Chi si occupa di loro? "Strage continua" tenta di dare risposte a queste domande riempiendo, attraverso incontri e interviste, un contenitore ricco di storie e di esperienze, perché l’autrice è andata a visitare centri di recupero, sedi di associazioni di famigliari delle vittime, ha intervistato magistrati, famigliari, medici, insomma chi si è ritrovato direttamente a dover fare i conti con un incidente stradale, restituendo al lettore un quadro completo. Di particolare impatto emotivo sono le drammatiche testimonianze dei famigliari e delle vittime stesse che hanno riportato danni permanenti. Poi c’è un padre che va nelle scuole a raccontare di suo figlio morto, finito con il motorino sotto una macchina. L’autrice racconta come questo signore ha coinvolto negli anni ben 323 insegnanti. C’è un Pubblico Ministero che ha condotto una battaglia personale contro l’assenza di politiche di prevenzione da parte dello Stato. C’è anche un medico, primario nell’Unità Spinale di Villanova, che dice "Conoscere i traumi, vedere i nostri pazienti aiuta, aiuterebbe. Basterebbe visitare ogni tanto un centro come il nostro e tante parole potrebbero essere evitate, mentre potrebbero realizzarsi molti più fatti". Dal libro di Elena Valdini emerge un’altra drammatica verità, e cioè che manca appunto una vera politica di prevenzione. Paesi come Svizzera, Svezia e Francia investono ogni anno 20 euro pro-capite sulla prevenzione, mentre in Italia si sono investiti 90 centesimi procapite nel biennio 2007-9, e l’abolizione dell’ICI ha portato a dimezzare i fondi per la prevenzione nel triennio 2009-11. Dopo aver letto il libro noi che siamo detenuti pensiamo che, se l’obiettivo è la prevenzione per aumentare la sicurezza nelle strade, il carcere non debba essere l’unica soluzione perché la sola pena non raggiunge fino in fondo l’obiettivo, mentre puntare su delle sanzioni alternative, forse anche più "dure" rispetto al carcere, potrebbe migliorare la situazione: pensiamo ad esempio alla messa alla prova, con l’obbligo di lavorare al Pronto Soccorso degli ospedali, oppure nei centri per traumatizzati come quelli che Elena Valdini ci ha raccontato nel suo libro. Questo sarebbe certamente più "punitivo" e rieducativo della galera… Poi abbiamo parlato anche di Associazioni e del loro ruolo nella prevenzione, e secondo noi potrebbero aderire tutti i cittadini che hanno a cuore questo problema, e non solo le vittime. Un altro tema che abbiamo toccato è la mediazione penale, molto importante perché il confronto tra la vittima (o tra i familiari della vittima) e l’autore dell’incidente potrebbe aiutare entrambi a capire l’accaduto. Basandoci sulle nostre esperienze di reato, crediamo che sarebbe importante che l’autore dell’incidente vedesse il dolore che ha causato, e per la vittima sarebbe altrettanto importante vedere che in molti casi anche per l’altra parte è stato un dramma … mentre la vendetta è sempre un sentimento molto rischioso. Strage continua, di Elena Valdini è un libro che dovrebbe essere letto e discusso in tutte le scuole, perché con la sua semplicità e ricchezza di testimonianze può aiutare gli studenti a conoscere i pericoli e ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alla guida.
Dopo 17 anni di carcere si laurea con 110 e lode
Pierluigi Paviola, studente detenuto presso la Casa di Reclusione di Padova, il 18 febbraio si è laureato, dopo aver affrontato all’interno del carcere la Commissione d’esame proveniente dall’Università di Padova. Ci sono voluti trenta minuti di colloquio per convincere i professori a conferire la lode allo "speciale" studente. Aveva poco più di vent’anni quando, nel 1987, Pierluigi entrò in carcere con l’accusa di omicidio, per la quale fu poi condannato a ventiquattro anni di pena. In carcere ha riscoperto una passione per la pittura e più in generale per il mondo artistico, un interesse che ha coltivato disegnando in cella a livello di autodidatta. Grazie alla collaborazione, avviata da qualche anno, tra l’Università di Padova e il Carcere Due Palazzi, nel 2005 Pierluigi si è iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea in Disciplina dell’Arte, della musica e dello Spettacolo (D.A.M.S.). Dopo tre anni di studio, durante i quali ha sostenuto, sempre all’interno del carcere, una trentina di esami, si è dedicato ad una tesi sperimentale su problemi e tecniche della transcodificazione dal letterario al filmico. "Ho fatto un lavoro di studio e ricerca sulla trasposizione sul grande schermo di un’opera letteraria già esistente con tutte le scelte d’adattamento atte allo scopo", ha detto Pierluigi introducendo la sua opera. Praticamente ha preso il racconto "Il cane che ha visto Dio" di Dino Buzzati, e ha scritto la sceneggiatura per farne un film, valorizzandolo ulteriormente con lo story-board completo delle scene principali. Il suo relatore è stato il professor Mario Brenta, docente non solo a Padova ma anche a Cinecittà, alla "Scuola di Cinema Romano Act Multimedia", e a Bologna a "Ipotesi cinema" di cui è co-fondatore con Ermanno Olmi. Faceva parte della commissione anche il professor Mario Melanco, noto regista e documentarista, insieme al professor Giorgio Ronconi, che ha seguito il percorso di Pierluigi sin dalla sua iscrizione, ed è anche responsabile della sezione Polo universitario, il reparto carcerario dove sono collocati detenuti iscritti all’università. "Voglio esprimere la mia profonda gratitudine a quanti hanno creduto in me", ha ringraziato alla fine il neolaureato, "è un passo importante che mi aiuterà ad esprimere meglio le mie idee e la mia creatività artistica. Mi rimangono altri due anni di carcere da fare e mi sono posto come nuovo obiettivo una Laurea specialistica in Scienze dello Spettacolo".
Notizie da Venezia
Bambini in carcere: La Gabbianella li fa uscire
Carla Forcolin, presidente dell’associazione "La Gabbianella e Altri Animali" di Venezia, associazione che si occupa di affidi, ci ha parlato della sua attività e della sua esperienza con i bambini cresciuti in carcere. L’associazione, in intesa con l’assessorato ai Servizi sociali del Comune di Venezia, dapprima con il dottor Iosa ora con la dottoressa Sartori, ha iniziato, quasi per caso, l’attività di accompagnamento al nido comunale dei bambini che vivono con le loro mamme nel carcere della Giudecca. Questo servizio, inizialmente finanziato con fondi europei - nell’ambito del progetto "Urban Italia - Apriamo i Muri" - continua con il sostegno della municipalità. La difficoltà dell’associazione sta nel riuscire a reperire persone che si prendano l’impegno costante - esserci tutti i giorni, la mattina per portare i bimbi al nido, il pomeriggio riportarli in carcere, con un impegno di continuità in orari tanto spezzati - pur sapendo che non può essere il loro un vero lavoro, visto il contributo economico quasi inesistente. Infatti la maggior parte delle accompagnatrici, quelle che hanno "vita" più durevole e che fanno il lavoro migliore, sono quelle che fanno molte ore in più delle ore per cui sono pagate. Queste persone inoltre spesso portano fuori i bambini anche nei fine settimana, ne seguono le madri, li seguono quando escono dal carcere - se e quando questo è possibile - cercano di creare, attraverso questo accompagnamento, gestito in sintonia con l’istituzione, un rapporto di amicizia durevole nel tempo che travalichi la carcerazione. Fondamentalmente un lavoro di volontariato che si configura quasi come un affidamento diurno! Ci sono due caratteristiche che devono avere queste persone: essere comunque economicamente autosufficienti (non si può pensare, appunto, che questo sia un lavoro) e vivere vicino al carcere. Due sono gli scopi, oltre a quello essenziale di dare ai bimbi una ritmo di vita più normale, che vengono perseguiti con questo progetto: da una parte non permettere che la carcerazione della mamma diventi a tutti gli effetti anche una carcerazione totale per il piccolo, con tutte le conseguenze psicologiche che questo avrebbe nel subconscio del bambino, dall’altra entrare in relazione anche con le mamme cercando di far loro capire l’importanza della scuola. Le madri si accorgono che dopo un po’ di frequenza al nido i loro bimbi imparano a parlare - per la maggior parte sono bambini in difficoltà nel parlare la lingua italiana - imparano a giocare, si inseriscono in un contesto di relazioni più ampio, dando modo a esse di trarre un "sollievo" nel loro rapporto con il figlio. Altrimenti il rischio è che ci sia un rapporto sì simbiotico, ma anche "malato". Un rapporto che si deve allentare per permettere la crescita armonica del bambino. La mamma deve essere pronta ad aprire le braccia per accoglierlo, ma deve anche permettere che il bambino se ne allontani. In pratica, il supporto che l’associazione dà non è solo ai figli, ma anche alle madri. Anzi, al rapporto madre-figlio.
Notizie da Verona
Montorio, un contenitore ormai pieno
"Non sappiamo esattamente come agiranno i detenuti di Montorio. A noi non dicono niente. Ma percepiamo a pelle un’irrequietezza di fondo che lascia presagire che qualcosa accadrà. Forse qualcosa d’improvviso, di non organizzato. Il contenitore è ormai pieno fino all’orlo e non c’è nessuno che non si lamenti". A dichiararlo è Roberto Sandrini, il presidente dell’associazione La Fraternità che incontra costantemente a colloquio quegli stessi detenuti di Montorio che nei giorni scorsi hanno inviato alla stampa una lettera che annuncia una loro prossima "pacifica protesta". Prosegue Sandrini: "con noi si lamentano del vitto sempre più scadente e caro, della mancanza di igiene e delle docce fredde. Da due mesi manca la carta igienica e hanno i rotoli razionati. Anche i loro parenti sembrano percepire il sentore di qualcosa durante i colloqui, e si mostrano preoccupati". Che il carcere di Montorio stia scoppiando lo dicono anche i numeri che, alla fine di gennaio, hanno registrato 876 presenze, poco più del numero tollerabile di 850 unità e ben oltre la capienza regolamentare che si aggira sulle 550 persone. Prosegue Sandrini: "continuano a portare dentro persone, ma eliminarle dalla strada ha un costo e le galere ormai sono strapiene. Nel 2008 sono entrate a Montorio 3mila persone, molte delle quali solo per due o tre giorni. È un cane che si morde la coda: dal Ministero non arrivano soldi e si parla di aprire nuove carceri". Centinaia di detenuti rinchiusi a Montorio sono determinati a segnalare le condizioni di detenzione in cui sono costretti a vivere, "per dovere di cronaca e necessità di sopravvivenza". Perché il problema non è soltanto quello del sovraffollamento, ma anche di ritrovarsi a convivere in situazioni di forte disagio, stipati "in quattro persone in una cella di 12 metri quadrati" e tre volte su quattro "in celle sprovviste di doccia e acqua calda", in una "struttura muraria fatiscente" con "perdite idrauliche, crepe, finestre in ferro senza vetrocamera e guarnizioni, luce artificiale carente, porte di lamiera che dividono il WC dalla stanza". E se l’igiene scarseggia, anche per "la progressiva riduzione delle ore di lavoro dei detenuti addetti alle pulizie", non è possibile evitare di vivere in "promiscuità con detenuti malati" per "la carenza di personale medico". Oltre ai medici mancano anche "gli educatori e assistenti sociali, indispensabili per i programmi di recupero e reinserimento". Inoltre c’è una "scarsissima opportunità di esercitare degli sport: campo da calcio e palestra per sole due ore una volta al mese, e attualmente la palestra è chiusa per riparazioni!". E poi c’è il problema dei permessi premio e delle misure alternative, che non vengono applicate. Lo avevano già detto in una precedente lettera destinata ai magistrati di sorveglianza di Verona. Adesso lo ribadiscono: "Anche in presenza dei presupposti di legge, tutte o quasi le richieste di misure alternative, come pure i permessi premio vengono puntualmente rigettati. Il problema, oltre che al funzionamento dei tribunali ci sembra legato a scelte politiche e noi, dietro le sbarre, staremo inermi a guardare… finché il carcere scoppia?". A questo proposito, uno dei due magistrati di Sorveglianza, Lorenza Omarchi, aveva già dichiarato: "Noi diamo la massima garanzia che applichiamo la legge. I permessi premio vengono rilasciati solo in presenza di determinati presupposti. L’articolo 30 è chiaro, e prima di rilasciare un permesso bisogna mettere in atto una vera e propria istruttoria".
Progetto Carcere dà il via a una serie di attività
Dopo il concerto del cantautore veronese Marco Ongaro organizzato a Montorio dall’associazione Progetto Carcere 663, il 2 marzo sarà la voce di Grazia De Marchi a regalare qualche momento di svago ai detenuti rinchiusi nel carcere di Verona. Intanto continuano i tornei di carte per i detenuti del maschile, e sono previste quattro giornate di musica dal vivo con dei musicisti della compagnia artistica "Noize Area". Per le donne progetto Carcere 663 ha dato il via a un corso di yoga e a uno di ballo, con la ballerina e coreografa Martine Susana. Precisa il presidente dell’associazione, Maurizio Ruzzenenti: "Altre attività sono purtroppo impedite dalla chiusura, non più temporanea, della palestra con grave disagio di tutta la popolazione. In una situazione di sovraffollamento manca uno degli spazi "vitali e di distensione" indispensabile nei mesi invernali".
Carcere e società esterna: un cammino in salita
"Dopo "il fatto" cinque famiglie vivono in una tomba" si sfoga piangendo il padre di un ragazzo detenuto, presente domenica scorsa al mensile appuntamento con "La giornata delle famiglie" organizzata dall’associazione La Fraternità. Un’affermazione che ha dato il via a una serie di riflessioni sui risvolti problematici che lo stato di detenzione ripercuote anche fuori dalle mura del carcere. "Il cammino più duro è quello fuori", "il reato è giusto che si paghi, ma ora ricostruire è difficile", intervengono alcuni detenuti. "Mi mancano due mesi ma ho la grande preoccupazione del reinserimento, soprattutto perché la gente ti vede con l’etichetta di delinquente addosso", conclude un altro. Ma anche da detenuto, i problemi con la società esterna non mancano. "Come non passare da delinquenti quando al giorno della cresima di tuo figlio, dopo che non lo vedi da due anni, ti ci portano con un blindato da sette metri e cinque agenti? Quasi come veder passare gli incatenati del Medioevo", dichiara un altro detenuto presente all’incontro. Le giornate tra volontari e familiari organizzate dalla Fraternità, vogliono essere di sprone per mantenere o recuperare fiducia e forza, e trovare il sostegno necessario ad andare avanti, anche per farsi sentire dalla istituzioni. Conclude il detenuto: "È stato il furgone a fare scalpore, gli agenti in borghese sono stati riservati". Un esempio di come si possono "seguire le regole ma con affetto e umanità".
Studenti, detenuti, istituzioni e associazioni in dialogo
"Vedo Sento Parlo: il valore delle regole e l’esercizio della legalità". Questo il nome del progetto di prevenzione alle devianze che apre un dialogo tra studenti, detenuti, istituzioni e associazioni, per conoscere la realtà del carcere e dell’esclusione sociale che deriva dalle scelte devianti. Un’iniziativa che a Verona ha preso il via nell’anno scolastico 2008-2009, con la collaborazione di un gruppo di insegnanti particolarmente motivati dell’Istituto Professionale Giorgi. Gli obiettivi sono di far conoscere le realtà del carcere grazie alle esperienze di persone detenute o ex-detenute, e stimolare la riflessione sui comportamenti devianti per riconoscerne il rischio e prevenirli. Il progetto, al quale partecipa anche il Magistrato di Sorveglianza di Verona Lorenza Omarchi e che si avvale del partenariato con il Ctp "Carducci" e con la Redazione di Ristretti Orizzonti di Padova, è curato dalla Redazione di MicroCosmo del carcere di Montorio e rientra nella programmazione delle attività per il 2009 delle associazioni La Libellula e Picot nel progetto "H-Argo" finanziato dal Co.Ge. Veneto. Sostenuto dai Dirigenti Scolastici Luciana Marconcini del Ctp Carducci e Andrea Sivero dell’Istituto Giorgi, consiste in un lavoro esteso nell’anno scolastico gestito dagli insegnanti in attività di classe e in una programmazione di incontri fra i quali è prevista la partecipazione di alcuni detenuti nella scuola e anche l’ingresso di studenti maggiorenni in carcere. Mediante le narrazioni si descrivono e si approfondiscono il valore delle regole ed il modo in cui da giovani ci si rapporta ad esse. Si parla di legalità, di disagio e di esclusione sociale, del senso della pena e della possibilità di cambiare nel corso della vita. Lunedì 16 febbraio 150 studenti di cinque classi terze dell’Istituto Giorgi, dopo un precedente appuntamento con il Magistrato di Sorveglianza, hanno incontrato l’Assessore Regionale alle Politiche Sociali Stefano Valdegamberi che ha sottolineato l’importanza della scuola nel "formare persone mature, in grado di effettuare delle scelte e di assumersene le responsabilità". Ha parlato di prevenzione, dell’importanza di investire nella cultura e nell’educazione, anziché puntare sulla punizione e sulla militarizzazione che amplificano il senso di insicurezza. "Pensiamo al carcere come a qualcosa di lontano da noi, dalla nostra esperienza quotidiana, ma possono esserci situazioni che, per leggerezza o incoscienza, data l’età," ha detto ai ragazzi, "ci portano a conoscerlo più o meno direttamente". "A una politica del ‘Pronto Soccorso’, che interviene solo a fatti avvenuti, bisogna contrapporre messaggi forti, coinvolgendo famiglia, scuola e società, per evitare situazioni a rischio".
Appuntamenti
Regione Veneto: Concorso "Uno scatto nel sociale"
La Regione Veneto, l’Osservatorio Regionale Devianze Carcere e Marginalità Sociali, in collaborazione con R.C.E. Foto e il Gruppo Fotografico Antenore hanno promosso il concorso di arte visiva e scrittura: "Uno scatto nel sociale" rivolto agli studenti delle scuole medie superiori della regione sul tema della povertà economica, sociale e relazionale. La finalità è di stimolare i giovani alla riflessione rispetto a questa tematica. I ragazzi possono così offrire il loro modo di entrare in contatto con le persone che vivono situazioni di vulnerabilità e marginalità sociali. Info: www.unoscattonelsociale.it. Scade il 31.03.2009
Mestre (Ve): Adolescenze Difficili, Centro Culturale Candiani
Dal 28.01.2009 al 23.04.2009 dalle ore 9 alle 14. Storie, biografie, autobiografie incontri di riflessione e confronto per operatori sociali. Iniziativa con il patrocinio della Regione del Veneto e Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e con il contributo della Fondazione Lions Clubs, Distretto 108 TA3. Mercoledì 11 marzo ore 9.00. "Un’esperienza con adolescenti".
Verona: Quando il "diverso" genera paura e rifiuto
Quando il "diverso" genera paura e rifiuto. Auditorium Comunale di Villafranca (vicino al Castello). Domenica 1 marzo dalle 16 alle 19 il Gruppo per il Pluralismo e il Dialogo invita all’incontro sul tema: "Quando il "diverso" genera paura e rifiuto: lettura politica di questa paura e di questo rifiuto". Relazione introduttiva di Rosy Bindi (deputata). "Oggi il nostro compito diventa sempre più arduo di fronte alla necessità di affermare la convivenza tra culture e lingue diverse, tra differenti confessioni e fedi religiose" (Hans-Georg Gadamer).
Verona: Teoria e pratica della disobbedienza civile
Teoria e pratica della disobbedienza civile. Aula Magna dell’Istituto "Galileo Ferraris" Via del Pontiere, 40. Lunedì 2 marzo alle 20.30 Terzo incontro organizzato dal comitato "Verona città aperta" sul tema: "L’obbedienza non è più una virtù, Teoria e pratica della disobbedienza civile (con filmato su azioni di nonviolenza attiva)". Relatore Massimo Valpiana del Movimento Nonviolento. Modera l’incontro il giornalista Giuseppe Muraro. Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella. Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |
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