IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO Edizione n° 47, dell'1 dicembre 2008
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Notizie da Padova
I Magistrati di Sorveglianza ospiti della redazione di Ristretti Orizzonti
I magistrati di sorveglianza, dottor Giovanni Maria Pavarin e dottor Marcello Bortolato, il 24 novembre sono stati ospiti della redazione di Ristretti Orizzonti e hanno risposto alle domande dei detenuti. L’incontro ha avuto al centro il tema dell’informazione sull’esecuzione della pena, che in questo momento, in cui la questione sicurezza suscita l’interesse di tanti cittadini, è particolarmente importante, perché tanta cattiva informazione crea ulteriore allarme sociale proprio sulle misure alternative e sulla certezza della pena. Si è discusso quindi di come spesso giornali e televisioni appiattiscano una realtà, che è invece molto complessa: come nel caso di Pietro Maso, in cui l’idea di fondo è stata che lui è uscito dopo "solo" 17 anni, e praticamente è "già libero", e nessuno ha spiegato davvero che la semilibertà è un modo di scontare la pena, per niente facile, in cui una persona è sottoposta a molti controlli e quando esce dal carcere per andare a lavorare deve attenersi a un programma molto rigido. Ma è importante anche spiegare ai cittadini che nella decisione del magistrato, se concedere o meno una misura alternativa, non c’è nessun automatismo, ma piuttosto una valutazione attenta che si base su tanti elementi, fra cui la relazione dell’equipe del carcere, le informazioni delle forze dell’ordine, le sentenze ma anche la conoscenza diretta del detenuto. L’intervista ai magistrati completa, sia nella parte riguardante l’informazione, sia su questioni tecniche, che riguardano le condizioni della detenzione, le misure alternative, i problemi dei detenuti stranieri, sarà pubblicata nel prossimo numero di Ristretti Orizzonti, e poi nel sito www.ristretti.it.
Anche Ikea a sostegno delle misure alternative e del reinserimento lavorativo?
Lunedì esponenti dell’associazione "Granello di senape" hanno avuto un incontro con Patrizia Farinelli, Responsabile dello Sviluppo in Ikea. Un incontro di conoscenza per gettare le basi di una possibile, futura collaborazione. L’incontro è iniziato con una reciproca presentazione: "Granello di Senape" come organizzazione di volontariato penitenziario con il proprio "Curriculum" professionale, Ikea in quanto azienda leader nel campo e con un innovativo sistema lavorativo. In seguito si è dato un senso all’incontro cercando di trovare un punto di contatto. L’associazione Granello di senape ha esposto il proprio perché: si è presentata presso Ikea per stabilire una collaborazione in funzione dell’inserimento lavorativo di persone in misura alternativa. In questo ultimo periodo, grazie all’attività dello "Sportello giuridico e di segretariato sociale" e la collaborazione col progetto di Italia lavoro, si è potuto agevolare il percorso di reinserimento lavorativo e sociale di detenuti ed ex detenuti, promuovendo percorsi di lavoro presso cooperative in funzione di un periodo di formazione professionale, e nel frattempo ci si è mossi nel territorio profit in cerca di opportunità di lavoro stabile. Gli operatori dello sportello hanno pensato infatti che, facendo un lavoro di sensibilizzazione e interfacciandosi direttamente con gli imprenditori, sarebbe più sicuro il percorso di reinserimento magari con la proposta di contratti più duraturi. La responsabile Ikea, molto sensibile nei confronti dell’impegno civico, ha potuto avere informazioni dettagliate sull’importanza del reinserimento lavorativo per chi esce dal carcere, anche sulla base delle statistiche che parlano chiaro sulla buona riuscita delle misure alternative. E la proposta fatta è che sarebbero disposti a selezionare persone indicate da Granello e inserirle nei diversi ambiti lavorativi utili in Ikea: magazziniere, accoglienza, mensa. Una proposta che partirebbe col nuovo anno, in quanto per ora sono coperti col personale per le festività, e quindi ci si incontrerà nuovamente per stabilire un programma da seguire. L’importante è che un’azienda leader come Ikea possa intraprendere un percorso come questo e che diventi esempio per altri imprenditori (a Padova ci sono casi simili, ma ancora pochi), che magari potremo coinvolgere portando la testimonianza di questa collaborazione.
Notizie da Venezia
Mass media e migranti: l’Ordine dei Giornalisti si interroga sul linguaggio da usare
Seminario interessante quello che il 28 novembre si è tenuto presso la sede dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto a Venezia. Organizzato dallo stesso Ordine, il seminario ha avuto 3 relatori principali: il professor Portera, docente di Pedagogia Interculturale presso l’Università di Verona, il professor Milan, docente della stessa materia ma presso l’Università di Padova e il professor Maurizio Corte, che è anche, da anni, giornalista, docente di Giornalismo Interculturale a Verona. Motivo per parlare di questo è stata la presentazione recente (ma non troppo) della Carta di Roma, che Iacopino, segretario nazionale dell’Ordine, nel suo discorso di introduzione ha, in qualche modo, criticato, non tanto per il contenuto della stessa, quanto per la preoccupazione che il bisogno di fissare su carta delle regole simili sia lo specchio della mancanza di etica da parte di coloro che devono poi queste regole rispettarle. Iacopino sostiene cioè che non dovrebbe esserci bisogno di scriverle, certe cose, il giornalista dovrebbe avere intrinseca la capacità di darsi delle regole di rispetto verso il prossimo e verso il suo mestiere. Il professor Portera invece ha parlato dei mass media come di "strumenti pedagogici e educativi" e, quindi, con una grande responsabilità nell’educazione e nella formazione delle menti, per cui sono importanti l’uso appropriato dei termini, l’evitare di trasmettere stereotipi e pregiudizi, lo stimolare curiosità, incontro, dialogo, confronto, rispetto. Il professor Milan si è concentrato invece sui minorenni stranieri, che in pochi anni sono aumentati in percentuali altissime, e che si suddividono in 3 gruppi: quelli che sono nati in Italia o che l’hanno raggiunta con i genitori a pochi mesi d’età, quelli arrivati in età più grande, quelli "non accompagnati" che, dice Milan, vivono l’essere migranti in modo completamente diverso, con la necessità di essere accolti in modo diverso. Corte ha affrontato invece il problema da un diverso punto di vista: ha infatti soprattutto dimostrato come la stampa sembri quasi in malafede quando titola o scrive in un certo modo. Riproducendo titoli e pagine di quotidiani, ha sottolineato come, quando si tratta di immigrati, i toni degli articoli e dei titoli spostino l’attenzione dal "fatto" (quando si tratta di italiani) alla "persona", quasi personalizzando il reato e creando quel filo mentale che lega nell’immaginario collettivo i reati agli "stranieri". Finalmente la stampa si interroga sul suo ruolo, ma, soprattutto sulle responsabilità che ha nell’aver creato, o accentuato una serie di emergenze che non sono emergenze reali, ma problemi da affrontare appunto in una logica non emergenziale..
Centro Donna e giornate contro la violenza
"Non importa quante partecipanti c’erano, perché anche una cinquantina di persone significano cinquanta firme di sostegno in più; perché la sensibilizzazione parte dai numeri bassi ma poi si allarga". Così parla una delle responsabili del Centro Donna che ha organizzato, per tutto novembre, incontri, spettacoli, serate, per parlare ai cittadini della violenza sulle donne. Sabato 22 novembre ci sono state 2 sessioni di studio e dibattito, la prima dedicata al tema "Resistere all’annientamento: carcere, deportazione, tortura" con la partecipazione di donne detenute durante la dittatura Pinochet in Argentina, la seconda dedicata al tema dello stupro come arma di guerra. Alle 21.00 al Teatro Momo (ex Gil), in via Dante a Mestre, c’è stato lo spettacolo "Donne di sabbia. Testimonianze di donne di Ciudad Juarez" con ingresso libero. Si trattava di uno spettacolo-testimonianza sulle donne di Ciudad Juarez, città del Messico al confine con gli Stati Uniti, nato e realizzato con lo scopo di divulgare a più persone possibili la terribile realtà del femminicidio di questa zona di frontiera. Lo spettacolo ha avuto il patrocinio di Amnesty International, e un’informazione davvero importante da far sapere riguarda la possibilità di aderire all’appello in difesa delle donne messicane attraverso una raccolta di firme. Vi daremo i dettagli tecnici rispetto al come far arrivare le firme ad Amnesty, la settimana prossima. Dal 1993 a Ciudad Juárez, città di frontiera tra Messico e Stati Uniti, oltre 470 donne, adolescenti e bambine, sono state assassinate secondo lo stesso rituale: rapimento tortura, sevizie sessuali, mutilazioni, strangolamento. Inoltre, sono più di 600 i casi di donne scomparse e non ritrovate a Ciudad Juarez e nella regione di Chihuahua. Noto come "femminicidio" questo fenomeno è diventato la più vergognosa violazione dei diritti umani nella storia del Messico degli ultimi anni. Il clima di impunità continua a crescere senza che al momento siano state compiute azioni concrete per mettere fine a questa situazione. Lo spettacolo/testimonianza/denuncia sul femminicidio di Ciudad Juarez, creato e messo in scena con lo scopo di divulgare la terribile realtà che si verifica da 14 anni in questa zona di frontiera, è opera del drammaturgo e regista teatrale Humberto Robles. Il testo nasce da una raccolta di testimonianze dirette dei parenti delle vittime che vengono riprodotte sul palco attraverso un’alternanza di voci, di denunce, di sofferenze. Dal marzo 2006 lo spettacolo viene presentato anche in Italia, ed è diventato un modo concreto per sensibilizzare il pubblico verso un fenomeno poco conosciuto, il cui nemico peggiore è il silenzio. Il gruppo teatrale non percepisce alcun guadagno ma offre il proprio spettacolo con la sola intenzione di diffondere al maggior numero di persone il terribile fenomeno del femminicidio. Ogni eventuale guadagno verrà devoluto organizzazione messicana dei parenti delle vittime che lotta contro l’impunità dei responsabili e dà un sostegno concreto agli orfani del femminicidio.
Notizie da Verona
A Verona meno furti e sempre più donne vittime di violenza
Si chiama Petra il centro comunale di prima assistenza per le donne vittime di violenza, che vivono sul territorio veronese. Nato nel 2004 dalla precedente amministrazione, a detta dell’assessore alle pari opportunità di Verona, Vittorio di Dio, che promuove il servizio, "si tratta dell’unico centro in grado di offrire un aiuto concreto alle donne che vivono nella nostra città". Le violenze denunciate nella città scaligera si aggirano solo sul 10 per cento di quelle effettivamente subite. Un dato emerso durante il convegno che si è tenuto sabato scorso a Verona, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Durante l’incontro, il Sostituto Procuratore della Procura di Verona, Maria Beatrice Zanotti, ha affermato che "di fronte a un calo dei delitti predatori (furti, rapine, truffe) commessi nella nostra città, si registra un costante aumento della violenza domestica. Dalle 145 denunce del 2000 si è passati alle 314 denunce del 2006, e l’anno in corso registra, fino adesso, 258 denunce per violenza domestica. Dati che andrebbero moltiplicati per 9, per avere un reale quadro di quante sono le donne maltrattate all’interno delle mura delle proprie case. I tre quarti delle denunce sfociano in processo e patteggiamento. Spesso la parte lesa ritratta perché impaurita o, come accade soprattutto con le donne straniere, si trova in forte necessità economica". Il centro Petra, da quando è nato a oggi, ha accolto 307 donne, per offrire loro un sostengo psicologico e di consulenza legale di fronte alla violenza subita, sia essa psicologica (40 per cento) fisica (32 per cento), sessuale (8,6 per cento) oppure economica o dovuta a persecuzione e molestie. Secondo i dati forniti dalla responsabile del centro, Tiziana Cargnelutti, di queste soltanto il 28 per cento ha scelto la strada della denuncia. L’età media delle donne che si sono rivolte al centro è di 41 anni e per il 68 per cento si tratta di italiane. Le straniere sono per la maggior parte dell’est Europa (11 per cento) e, a seguire, di nord Africa, Africa e Sud America. Il 55,4 per cento sono donne coniugate che, per il 37 per cento dei casi, hanno un titolo di studio di scuola media superiore. Di solito il soggetto maltrattante è il marito (58,7 per cento) oppure il compagno o convivente. A Verona esiste anche una Consulta delle associazioni femminili della città - in tutto 19 - per monitorare la condizione delle donne e promuovere iniziative e attività utili al loro sostegno. Grazie a tale Consulta è nato il progetto Codice Rosa, che intende creare una rete tra le istituzioni pubbliche e private i cui operatori si occupano di donne maltrattate. Tra queste Ulss, forze dell’ordine, consultori pubblici e privati, Procura, Tribunale civile e Telefono Rosa. La presidente della Consulta, Francesca Briani, ha sottolineato "l’importanza di fare squadra per evitare possibili errori, soprattutto nei primi delicati momenti delle fase della denuncia". Si sta inoltre pensando all’ipotesi di un possibile centro di recupero anche per chi è dalla parte del maltrattante.
Una Casa di accoglienza a porte aperte
È da due anni che "Il Samaritano" offre un posto in cui dormire a chi vive per strada. Fin dall’inizio ha voluto rappresentare però qualcosa di più di un semplice dormitorio, piuttosto una "Casa accoglienza", nata nell’ottobre del 2006 da un progetto della Caritas veronese. Di recente la struttura - ubicata in via Silvestrini, nella zona fiera della città - ha letteralmente aperto le porte a un progetto più ampio: l’apertura dei cancelli per una parte del pomeriggio, con la gestione del luogo affidata agli stessi ospiti. Spiega il direttore, Michele Righetti: "In questa Casa accoglienza c’è chi controlla l’ingresso alla struttura, chi si occupa di verificare l’ordine delle stanze, chi pulisce, chi si prende cura delle piante, chi dei bagni, come in una grande famiglia. Già nel novembre del 2007 avevamo tentato di lasciare la casa aperta il pomeriggio, ma poi ci siamo resi conto che la realtà era troppo strutturata e rigida, a scapito dell’affluenza. Adesso i cancelli sono aperti dalle 14 alle 17 e fino alle 16 gli ospiti possono fare ciò che vogliono, senza la presenza degli operatori. Dalle 16 alle 17 iniziano i vari laboratori (di alfabetizzazione, informatica, cucina, autonomia nella vita quotidiana, lavoro, etc.) e gli ospiti possono scegliere se parteciparvi, uscire oppure stare in uno spazio ricreativo non strutturato. In media ogni giorno entrano 25 persone, pari a circa il 50% del totale degli ospiti, che in questo momento sono 55, per la maggior parte italiani tra i 30 e i 50 anni. Si tratta di un’ottima occasione per creare delle relazioni. Io spero che nel futuro siano sempre di più le ore affidate in totale autogestione agli ospiti". Nel frattempo all’interno del Samaritano si sta strutturando anche un centro di valutazione, che attiverà dei laboratori specifici per comprendere con maggiore profondità le persone, e portarle a uscire da questa cronicizzazione del disagio. Prosegue Righetti: "Arrivare a essere dei senza fissa dimora significa avere un percorso lungo alle spalle che ha portato a una totale prostrazione della persona. Il nostro compito non è di cercare una casa o un lavoro a queste persone, ma di comprendere questi "buchi" che si sono formati". La strada che sta percorrendo il Samaritano lo porta a essere sempre più un luogo in cui attuare dei percorsi di recupero sociale con le persone. Come quello inaugurato la scorsa estate, con due appartamenti destinati a 8 persone impegnate in percorsi con micro e macro obiettivi da raggiungere, in sinergia con specifiche equipe di accompagnamento. Per 4 persone l’obiettivo finale è stato raggiunto ed è stata possibile l’uscita graduale dalla struttura. Altra novità significativa è quella dello Sportello Unico Accoglienza, coordinato dalla Caritas su richiesta del Comune, in collaborazione con gli operatori della Comunità dei Giovani e della Comunità il Corallo. Lo Sportello è ubicato nella stessa via del Samaritano e unifica i due precedenti sportelli, che fino a un paio di settimane fa erano destinati in forma distinta a italiani e stranieri. "L’idea dell’amministrazione comunale di Verona - spiega ancora Righetti - è stata quella di realizzare un unico punto dove far confluire queste persone, che fosse anche regolamentato e specializzato nell’accoglienza e nella valutazione dei percorsi per ogni singolo individuo. Un esempio di rete che mette insieme privato sociale ed ente pubblico che collaborano in un clima costruttivo e di serenità".
Il "Centro per l’aiuto psicologico ai bambini e agli adolescenti migranti"
Gabriel è un bambino di 8 anni, figlio di genitori ghanesi. Pur essendo nato in Italia, i primi anni di vita li ha vissuti nel paese d’origine dei genitori. Al rientro in Italia ha iniziato a frequentare la scuola materna di un paesino della vallata. Nel novembre del 2006 si sono manifestate le prime difficoltà di adattamento, che hanno spinto la sua insegnante a rivolgersi al "Centro per l’aiuto psicologico ai bambini e agli adolescenti migranti" nato nel marzo del 2005 all’interno del Dipartimento di Neuropsichiatria infantile della Ulss 20 di Verona. Da quando è attivo, il Centro ha accolto 134 bambini residenti nei distretti 1, 2 e 3 del territorio, prevalentemente di nazionalità africane (Marocco, Nigeria e Ghana) e srilankese. Il 50 per cento di loro è stato segnalato alla struttura dalle scuole materne e, a seguire, da servizi sociali, strutture ospedaliere, famiglie o loro amici. Il motivo è lo stesso per tutti: un trauma legato al non superamento del fenomeno migratorio che, nella maggior parte dei casi, si manifesta con problemi legati al comportamento (26%) o all’apprendimento (il 21%). I problemi comportamentali di Gabriel sono subito stati segnalati dai suoi insegnanti, quando ha iniziato a frequentare la scuola elementare. La dottoressa Manzini, responsabile dell’area clinica del Centro, ha raccontato la storia di Gabriel durante il convegno "Dall’incontro tra culture: quale clinica?" organizzato a Verona la scorsa settimana dal dipartimento di Neuropsichiatria infantile. Ma cosa può compiere di tanto strano un bambino di 6 anni che non riesce a inserirsi in una realtà culturale diversa dalla propria? Le segnalazioni degli insegnanti, che la psicologa ha riportato durante il convegno, hanno fatto emergere il profilo di un bambino che "mangia carta e gessetti, non segue le lezioni, taglia i capelli ai compagni e abbraccia goffamente le compagne, fa la pipì in giro ma allo stesso tempo ha molta cura dei vestiti e sta tranquillo se lo si minaccia, ad esempio, di non restituirgli una scarpa". Gabriel è stato dapprima inserito in laboratori organizzati dall’associazione Metis Africa con cui il Centro collabora, poi ha iniziato una terapia individuale. Ma i problemi sono continuati fino a che, lo scorso aprile, il bambino è stato espulso dal doposcuola per aver dato un calcio a una volontaria e i genitori degli altri bambini si sono schierati contro la sua presenza a scuola, che rendeva difficoltoso il sereno andamento scolastico dei loro figli. Grazie agli operatori del Centro e ai due particolari incontri fuori sede nella scuola e nella famiglia di Gabriel, il centro è riuscito ad aprire un dialogo tra culture, nell’ottica che, ha concluso la Manzini, "mondi diversi non sono inconciliabili". La dottoressa Borgongnoni, responsabile dell’area sociale del Centro, ha spiegato che "il bambino straniero cresce tra due culture. Per molti l’Italia è vista come la patria, ma il fatto che le loro famiglie abbiano altre culture, insieme a quello di non sentirsi trattati come italiani dal contesto in cui vivono, li porta a sentirsi diversi dagli altri bambini. Sono degli stranieri in casa loro, perché - di fatto - non hanno un’altra casa". Spesso sono i loro genitori per primi a dover affrontare difficoltà e umiliazioni. Secondo dati presentati al convegno dal responsabile assistente sociale del Comune di Verona, in sette anni le famiglie che si rivolgono ai servizi sociali del Comune sono aumentate del 70 per cento e nel 2007 oltre il 50 per cento di loro era composto da stranieri.
Notizie da Vicenza
Quando le diversità si incontrano
Se fosse un libro sarebbe "La solitudine dei numeri primi"; se fosse una canzone "Le traiettorie delle mongolfiere"; se fosse un calciatore sarebbe Gigi Meroni… ed invece è Amedeo e questo ci basta. Al Progetto Jonathan 4 anni fa ci viene "segnalata la situazione" di una persona in netta difficoltà: ci chiedono se per favore possiamo dargli "qualcosa da fare". È un uomo autistico, vive con parenti, ha lavorato 30 anni, ora licenziato, casa sua gli sta stretta. Ma noi che possiamo fare? Abbiamo già i nostri "casini" con le accoglienze, con carte, permessi etc… "e poi lui cosa sa di galera?". Questi sono stati i pensieri per quest’uomo che si è affacciato al Jonathan silenzioso, quasi apatico, con la paura di tutto e di tutti. Poi invece piano piano le diversità si sono incontrate e stiamo imparando a mettere in discussione il fatto che spesso, quando siamo degli "adeguati", non riusciamo ad accettare ciò che ci si presenta, ma vorremmo trasformarlo. Amedeo è limpido: da uomo silenzioso e apatico si è trasformato in icona di allegria, salute (qualcuno lo accusa di non meritare la pensione di invalidità!!!) e portatore sano di gioia. Questo è stato l’incontro tra persone senza ruoli o regole, che di solito ci nascondono l’uno all’altro, in uno spazio dove tutti ci si è messi in gioco c dove stiamo imparando che percorsi di pace nascono dal saper essere equi-prossimi (rubando la parola). Questo può succedere anche al Progetto Jonathan
Appuntamenti
Padova: Una giornata particolare (del volontariato)
Padova nelle scuole. Eventi per la promozione del volontariato. Anche quest’anno il Centro di servizio per il Volontariato della provincia di Padova, in occasione della "Giornata Internazionale del Volontario" del 5 dicembre, organizza la manifestazione "Una giornata particolare", una giornata durante la quale i giovani delle scuole secondarie di Padova e provincia possano incontrare le associazioni di volontariato e sperimentare cosa siano l’impegno civile, la cittadinanza attiva e la solidarietà. Il programma prevede: la proiezione del video vincitore del concorso "Cortinvolo"; testimonianze e attività varie proposte dalle associazioni agli studenti; presentazione del concorso "Volontariato di classe 2008-2009"; un’esperienza unica e stimolante, gadget e tanto altro!
Mestre: i vecchi ombrelli aiutano il volontariato
Mestre (VE): Casa del Volontariato, via Brenta Vecchia, 41. Il gruppo "Il Filò" e Spazio Mestre Solidale, la rete delle associazioni che fanno capo all’Osservatorio politiche di welfare dell’assessorato alle Politiche sociali del comune di Venezia invitano a portare gli ombrelli rotti presso la Casa del Volontariato (10-12 / 15-17) affinchè possano essere "riciclati" in altri oggetti che potranno essere acquistati direttamente allo sportello di "Spazio Mestre Solidale" oppure in piazza Ferretto il 7 e l’8 dicembre o ancora ai Mercatini della Solidarietà, organizzati in collaborazione con la Municipalità di Mestre Carpenedo, che si terranno nella Casa del Volontariato(in via Brenta Vecchia, 41) dal 15 al 21 dicembre).
Verona: Un futuro possibile. Immigrazione, dialogo e integrazione
Verona - Rettoria di San Giovanni in Foro, Corso Portoni Borsari. Martedì 2 dicembre alle 20.15 seminario "Un futuro possibile - Immigrazione: Dialogo e Inte(G)razione". Organizzano l’appuntamento la Caritas Diocesana Veronese e il Citt.Imm con gli interventi di Oliviero Forti, responsabile Ufficio Immigrazione Caritas Italiana (Il dialogo interculturale e le politiche per l’integrazione di Caritas: la pubblicazione "Un futuro possibile"); Paolo Attanasio, referente Dossier Statistico Immigrazione (L’immigrazione in Italia e nel Veneto attraverso la lettura del Dossier statistico immigrazione 2008); Mons. Giuliano Ceschi, direttore della Caritas Diocesana Veronese e Presidente Citt.Imm (Il Servizio Citt.Imm ed il fondamentale ruolo dell’informazione accessibile come politica dell’accoglienza). Il Seminario darà il via a una serie di eventi che la Caritas Diocesana di Verona proporrà durante l’anno per approfondire il fenomeno migratorio e le difficoltà dell’integrazione. All’incontro di San Giovanni in Foro seguirà il Seminario di Legnago su "Un futuro possibile - Immigrazione: territorio e integrazione". L’incontro si terrà il 17 dicembre alle 20.30 nella Sala Civica. Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella. Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |