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Interrogazioni e interpellanze al Ministro della Giustizia
Cola - Seduta del 18 aprile 2005
Per sapere - Premesso che: il cittadino italiano Massimiliano Franzoni, nato a Bologna il 21 marzo 1971, è attualmente detenuto a Vienna, in attesa di essere processato, con processo che inizierà il prossimo 19 aprile, con l’imputazione di concorso in omicidio in danno di tale Signor Goluch; il predetto Franzoni, per lo stesso fatto, era stato prima condannato dalla Corte di Assise di Bologna in data 19 dicembre 2000 (Presidente dott. Libero Mancuso) ad anni sedici di reclusione con l’attenuante di cui all’articolo 116 c.p.; successivamente, con sentenza dei 22 marzo 2002, della II Sezione della Corte di Assise d’Appello di Bologna (Presidente dottor Aldo Ranieri) era stato assolto da tutte le imputazioni a lui ascritte per non aver commesso il fatto e infine l’assoluzione in oggetto era stata confermata con sentenza n. 564/03 della I Sezione penale della Corte Suprema di Cassazione (Presidente dottor Piero Mocali), resa all’udienza del 15 maggio 2003 e depositata in data 8 gennaio 2004; il Franzoni era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere per un anno e tre mesi prima di essere assolto dalle imputazioni a lui ascritte; lo Stato austriaco, informato del processo in Italia, ha mostrato di accettare l’esercizio della giurisdizione italiana, senza mai procedere, nel corso delle vicende processuali svoltesi innanzi alla Corte di Assise di Bologna ed innanzi alla Corte di Assise di Appello di Bologna, ad alcuna richiesta di estradizione. Dopo la sentenza di assoluzione, pronunciata dalla Corte di Assise di Appello di Bologna, a pochi giorni di distanza dalla notizia della pronunciata assoluzione, il Governo austriaco emette in data 24 maggio 2002 un mandato di cattura internazionale, ancor prima di conoscere la motivazione della sentenza di assoluzione e senza attendere l’esito del giudizio innanzi la Suprema Corte di Cassazione. Lo Stato austriaco, avviando procedura di estradizione del Franzoni in Italia, mai richiesta prima, avrebbe potuto partecipare al giudizio innanzi alla Suprema Corte con un avvocato di propria fiducia ex articolo 704 c.p.p. e avrebbe anche potuto richiedere, ex articolo 714 c.p.p., misure coercitive, in attesa che si decidesse sulla domanda di estradizione: nulla del genere è stato compiuto dallo Stato austriaco, che ha mostrato di accettare la giurisdizione italiana, salvo poi disinvoltamente esercitare la propria, senza richiedere l’estradizione all’Italia e senza partecipare al giudizio in Italia, dopo aver appreso dell’assoluzione del Franzoni; il Franzoni viene così arrestato in Germania in data 2 novembre 2002, con estradizione in Austria in data 22 gennaio 2003: è del tutto singolare che in violazione espressa dell’articolo 16 comma IV della Convenzione Europea di Estradizione, l’arresto sia durato 83 giorni mentre è espressamente previsto che "la durata dell’arresto non potrà comunque superare i 40 giorni". La Repubblica Federale di Germania ha violato la Convenzione Europea di Estradizione benché i difensori del Franzoni, Avvocati Sergio Tanzillo e Kai Wagler, avessero chiaramente indicato, anche con memorie scritte, che il Franzoni era stato assolto in Italia e si era in attesa del giudizio innanzi alta Suprema Corte di Cassazione; la custodia cautelare in Austria è stata reiterata numerosissime volte e benché la richiesta di proroga del termine di custodia cautelare fosse stata inoltrata, in un caso, oltre il termine prescritto con la motivazione dell’impossibilità di rinvenire a Vienna traduttori di lingua italiana: tale motivazione è stata giudicata "risibile" dall’Ambasciata d’Italia a Vienna e ha mutato la giurisprudenza austriaca in subiecta materia, dal momento che in Austria in ogni analogo caso precedente era stata disposta la scarcerazione degli imputati; quel che appare ancor più grave è che il Franzoni sia sottoposto a nuovo processo in Austria malgrado il passaggio in giudicato della sentenza in Italia, in violazione dell’applicazione dell’accordo di Schengen e in violazione dell’articolo 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E. Sul punto le Autorità giudiziarie austriache si richiamano ad una riserva opposta dal Governo austriaco, secondo la quale il detto principio del ne bis in idem internazionale, fondamentale diritto umano nell’esercizio della giurisdizione penale, non troverebbe applicazione per i reati commessi esclusivamente nel territorio austriaco. A prescindere dal fatto che tale riserva non appare compatibile con l’ordinamento giuridico internazionale, in quanto viene a vulnerare il principio stesso, consentendo all’Austria di applicarlo solo quando siano commessi reati che non abbiano alcuna connessione con il territorio austriaco, nel caso di specie peraltro non poteva ricorrere tale riserva, poiché nel racconto del chiamante in realtà il progetto criminoso sarebbe stato ideato in territorio italiano e le armi impiegate per consumare il delitto sarebbero state trasportate dall’Italia; il Franzoni assolto definitivamente in Italia, con sentenze ampiamente e articolatamente motivate in ordine alle contraddizioni e alle inverosimiglianze del dictum di un chiamante in reità italiano - unica prova a carico del Franzoni -, singolarmente trovato in possesso dopo una rapina in Austria che avrebbe prodotto la morte di una precedente rapina del Goluch, è stato trattenuto in arresto in Germania ben oltre i termini consentiti dalla Convenzione Europea di Estradizione, viene tenuto in custodia cautelare in carcere in Austria benché le richiesta di proroga dei termini sia stata inoltrata dopo la scadenza e viene processato in Austria con espressa violazione del principio del ne bis in idem internazionale; in siffatta cornice, contrassegnata da così evidenti violazioni del diritto processuale e dei diritti umani fondamentali, il dato assolutamente più sorprendente è che, mentre le Autorità diplomatiche e consolari italiane tutelano o tentano di tutelare i diritti in Austria del cittadino italiano Massimiliano Franzoni, altre Autorità italiane, che evidentemente hanno la cura e la gestione del collaboratore di giustizia, che in Italia aveva accusato il Franzoni, ma che in Italia era stato giudicato del tutto inattendibile dai competenti giudici, hanno consentito che tale collaboratore fosse tradotto dal carcere di Ferrara al Tribunale di Vienna, per colà essere interrogato, così svilendo la dignità e l’efficacia del giudicato italiano, che ragionevolmente dovrebbe essere considerato meritevole di tutela da qualsivoglia Autorità giudiziaria italiana. E si accingono a spedirlo nuovamente in Austria, perché sia colà interrogato, nel processo che inizierà il 19 aprile; ogni altra considerazione sulle ulteriori contraddizioni introdotte nel nuovo interrogatorio reso in Austria dal collaboratore di giustizia italiano, tenuto in Italia per numerose altre rapine appare superflua. Tanto perché già in Italia erano stati attentamente osservati i motivi di risentimento che, per questioni di prestiti non restituiti tale collaboratore nutriva nei confronti del Franzoni, tanto che il collaboratore aveva dovuto ammettere di avere già minacciato in forma grave il Franzoni; il contenuto dell’articolo 9 della Convenzione Europea dl Estradizione così recita testualmente: "L’estradizione non sarà concessa se l’individuo richiesto è stato definitivamente giudicato da parte dell’autorità dello Stato richiesto per gli stessi fatti in ragione dei quali l’estradizione è domandata". Appare di tutta evidenza l’irrazionalità della cooperazione offerta dalle Autorità italiane, in quanto, se nel caso prima richiamato non si potrebbe mai accedere ad una richiesta di estradizione in danno del Franzoni, non si comprende per quale ragione si debba poi supinamente consentire una richiesta di collaborazione giudiziaria (la messa a disposizione del collaboratore di giustizia all’Autorità giudiziaria austriaca procedente) dal momento che l’articolo 2 della lett. B della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale, è entrata in vigore il 12 giugno 1962 (cfr. Gazzetta Ufficiale del 13 aprile 1962 n. 92) espressamente prevede che l’assistenza giudiziaria possa essere rifiutata se "Lo Stato richiesto ritiene che l’esecuzione della domanda sia di natura tale da ledere la sovranità, la sicurezza, l’ordine pubblico o altri interessi essenziali del suo Paese". Ed è fuori discussione che la fattispecie richiamata ricorra nel caso in oggetto -: quali iniziative di propria competenza ritenga di poter assumere in relazione alla cooperazione - secondo l’interrogante irragionevole - fornita dalle autorità giudiziarie italiane, potendo la stessa portare alla invalidazione di un giudicato frutto della pronuncia di vari organi giurisdizionali italiani; una volta verificata la veridicità di quanto esposto in premessa, quali iniziative o provvedimenti si intenda adottare per rimuovere le gravissime anomalie denunciate in ordine alla palese violazione dei Trattati internazionali e delle convenzioni richiamate.
Carboni - Seduta del 18 aprile 2005
Per sapere - premesso che: note diffuse da agenzie di stampa riferiscono che è stato firmato un accordo fra il ministero della giustizia e quello dell’ambiente e tutela del territorio con l’obiettivo di definire dei progetti di lavoro dei detenuti nei parchi nazionali ivi compresi quelli di Pianosa e dell’Asinara ove già esistevano le strutture penitenziarie dismesse nel 1998; l’accordo riguarderebbe in particolare 22 parchi e 25 aree marine; non risulta che in alcuno dei parchi e delle aree indicate, con esclusione delle isole di Pianosa e de l’Asinara vi siano strutture che consentono l’apertura di istituti penitenziari seppur destinati ad ospitare detenuti a basso tasso di pericolosità o ammessi a misure alternative alla detenzione; il progetto pertanto pare finalizzato solamente alla riattivazione degli istituti penitenziari di Pianosa e de l’Asinara -: se le notizie diffuse dalle agenzie abbiano fondamento di verità; se siano stati coinvolti i comuni e le regioni nel cui ambito ricadono i territori di Pianosa e de l’Asinara; quali benefici il ministro dell’ambiente ritenga possano derivare dalla presenza di strutture penitenziarie nelle isole ormai totalmente destinate a parco ed alla fruizione pubblica; quali siano i costi di riattivazione delle strutture a Pianosa ed a l’Asinara; quali siano i costi per la realizzazione delle strutture da realizzare negli altri parchi ed aree marine.
Buemi - Seduta del 18 aprile 2005
Per sapere - premesso che: Giuseppe Misso è un cittadino italiano attualmente sottoposto a misura di detenzione intramuraria cautelare presso il carcere di Palermo; il predetto è imputato di omicidio (risalente agli inizi degli anni ‘80), procedimento instaurato a seguito di chiamata in reità da parte di alcuni collaboratori di giustizia (appartenenti alla famiglia Giuliano); il citato, nel periodo di detenzione, è stato sottoposto a una serie di trasferimenti di carcere; nelle more del processo, il Misso è stato, di fatto, sottoposto alla giostra dei trasferimenti da carcere a carcere (l’ultima destinazione è stata il carcere di Palermo) il processo si dovrà invece tenere a Napoli), privato della possibilità di avere una continuativa dialettica con i propri legali impedendo, così, la pianificazione di una strategia difensiva, e disperdendo il patrimonio di notizie utili che da questo rapporto sarebbe potuto derivare ai fini del riconoscimento della eventuale (e sempre presunta) innocenza; allo stato, appare lesiva del diritto di difesa l’adozione di provvedimenti di trasferimento (che lo stesso ordinamento penitenziario autorizza solo in casi di particolare gravità stigmatizzandone l’uso abnorme e improprio) adottati nei confronti del Misso -: come intende intervenire su una consolidata e visibile situazione di uso indiscriminato del cosiddetto trasferimento che, di fatto, da provvedimento strumentale costituito al fine di contenere il sovraffollamento carcerario e scongiurare problemi di ordine pubblico sta divenendo un arbitrario mezzo di vessazione nei confronti di chi si trova, come il Misso, detenuto in attesa di giudizio; come intende intervenire sul caso specifico Giuseppe Misso per indagare sulle ragioni formali e sostanziali dei provvedimenti di trasferimento intrapresi nei suoi riguardi che, di fatto, hanno leso il suo più ampio diritto di difesa.
Carboni - Seduta del 13 aprile 2005
Per sapere - premesso che: nella giornata di ieri un pericoloso detenuto straniero è evaso dal carcere di Milano San Vittore, praticando un foro nel bagno della cella, calandosi dal IV piano dell’Istituto con una corda ricavata da lenzuola annodate e scavalcando il muro di cinta durante il cambio della guardia; da notizie di stampa risulterebbe che nel carcere di San Vittore non siano funzionanti l’impianto di video controllo e quello di radiocollegamento fra il perimetro esterno e la centrale interna di sorveglianza; la sezione dove era detenuto l’evaso sarebbe stata controllata durante la notte da un solo agente di polizia penitenziaria -: se rispondano al vero le notizie riportate dalla stampa; per quali ragioni gli impianti tecnici di sorveglianza del carcere di Milano San Vittore non siano funzionanti; per quali ragioni nel piano ordinario di investimenti in materia di edilizia penitenziaria per l’anno 2004 non è stata prevista alcuna risorsa finanziaria per il ripristino degli impianti cli sicurezza dell’istituto di Milano San Vittore; quale sia lo stato degli impianti di sicurezza degli istituti penitenziari italiani esposti a maggior rischio come quello di Milano.
Russo Spena - Seduta del 12 aprile 2005
Per sapere - premesso che: gli operatori sociali della cooperativa "Il quadrifoglio", che lavorano presso la comunità "Il ponte" di Nisida (Napoli), sono in agitazione e in una nota segnalano "la grave situazione che si è venuta a creare in seguito al mancato invio da parte del ministero della giustizia dei finanziamenti necessari alla gestione della comunità e all’attuazione dei programmi a favore dei minori ospiti"; secondo la cooperativa "l’inadempienza del ministero dura da mesi ed ha costretto la cooperativa ad impegnare tutte le proprie risorse economiche per far fronte alla grave emergenza; e nel contempo agli operatori sociali non è consentito far valere i propri diritti di lavoratori, poiché la sospensione del servizio, anche parziale - secondo una nota del ministero della giustizia - è passibile di denuncia". "È paradossale - conclude la nota - che una comunità di accoglienza per minori, dopo ben 15 anni, rischi la chiusura proprio a Nisida, che è stata sempre al centro dei progetti sperimentali a favore dei minori e dove, dal 2003, addirittura è nato il Centro studi europeo per la devianza minorile" -: per quali motivi il ministero della giustizia non abbia inviato i finanziamenti dovuti, mettendo a rischio la chiusura di progetti particolarmente importanti anche sul piano sperimentale.
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